
Un libro fotografico, ricco di testimonianze di autorevoli voci della musica, rende omaggio al baritono italiano nel suo 50° anno di attività artistica.
di Laura Bigi
Compie cinquant’anni la ricca carriera artistica di Renato Bruson e Tita Tegano (pittrice grafica e ritrattista, scenografa costumista, saggista specializzata in problemi inerenti la scenografia e il costume nell’opera lirica) dedica al Maestro un bel volume fotografico e monografico, che raccoglie testimonianze e note critiche di un cinquantennio di successi, nazionali e internazionali. Renato Bruson: il volto, il gesto, il passo (editore Grafiche Step Parma) è un lungo percorso ritrattistico attraverso i disegni dell’Autrice e le immagini di scena (e dei fuori scena) che racconta, dandole concretezza visibile, la nobiltà e la regalità del gesto di Bruson, la sua sensibilità profonda di immedesimazione come peculiare caratteristica della personalità artistica e umana. Una storia professionale, dunque, di istantanee sceniche che si arricchiscono per mezzo delle testimonianze di critici, colleghi musicisti, giornalisti o amici, nelle quali il giudizio è straordinariamente unanime. Il nome di Renato Bruson rimarrà nella storia del canto per l’impulso di rinnovamento, l’inaugurazione, anzi, di un modo canoro affatto diverso rispetto al Verismo stentoreo imperante fino ai ’60.
A partire dal suo debutto a Spoleto nel 1961, la parabola tracciata da Bruson come interprete e cantante ha coinciso con un processo di storicizzazione del suo approccio alla pagina musicale quale approdo ad una interpretazione autenticamente umana del personaggio, e, di più, di fusione del personaggio e della persona (cioè la dramatis personae, come ben spiega Sylvano Bussotti), possibile soltanto attraverso una comprensione perfetta della drammaturgia musicale, che si avvale di un bagaglio esperienziale ricco. L’ umano, oltre al puramente artistico. Tutto ciò non sarebbe stato raggiunto senza la necessità di un costante scavo di penetrazione nei personaggi. Necessità intimamente sentita e sempre assecondata, da Donizetti a Verdi a Mozart.
Contribuendo significativamente alla Donizetti Renaissance, Bruson ha saputo restituire al ruolo fondamentale del baritono certe sfumature di colore, finezze timbriche sapientemente modulate, chiaroscuri e mezzetinte, morbidezza di emissione, che favoriscono l’eleganza del portamento e la finezza del gusto. Caratteristiche innate, ma naturalmente potenziate in quel “misterioso fenomeno di osmosi” (Gualerzi) con il personaggio.
La storicizzazione di Bruson come baritono verdiano, e prima ancora donizettiano, è ormai oggi tradotta definitivamente in storicità, per aver saputo mirabilmente unire quella restaurazione filologica alla intensità dell’interprete: « […] Intendo la capacità di leggere un testo di frequente ascolto e consolidata esecuzione, con a freschezza e la genuinità di una prima esecuzione. Con l’assimilazione delle migliori tradizioni, ma contemporaneamente con la lucidità e la pertinenza di un istintivo richiamo alle origini del testo». Così Gianluigi Gelmetti ricordando la bella esperienza di reciproca complicità artistica. La sua è stata ed è tutt’oggi una “lezione di canto teatrale”, come afferma Marcello Conati. E ribadisce Piero Rattalino: « Ho constatato più volte che la voce di Bruson è teatrale. Egli è, del resto, un cantante teatrale in ogni aspetto della sua professionalità».
Belle le testimonianze di amicizia personale nata da collaborazioni professionali. Ricorda, per esempio, Roman Vlad, fautore della riscoperta della Fausta donizettina: « Ricordo ancora come dopo una recita de I due Foscari, invitai Bruson e la sua gentile consorte a casa mia e, incurante della sua stanchezza e dell’ora tarda, gli suonai da capo a fondo la Fausta. E non dimenticherò mai la gioia che provai quando avvertii che Bruson sentiva la parte, tant’è vero che accettò di studiarla e interpretarla». Renato Bruson ha rappresentato “l’ideale realizzazione di sensibilità, intelligenza musicale e altissime qualità belcantistiche” come scrive Giuseppe Sinopoli. Una eredità doverosamente degna di essere raccolta e consegnata ai cantanti di oggi e di domani. I testi all’interno del volume sono, tra gli altri non citati, di Angelo Foletto, Rodolfo Celletti, Giorgio Gualerzi, Giuseppe Pugliese, Michelangelo Zurletti, Enzo Restagno, Daniel Oren, Carlo Fontana, Salvatore Aiello, John Higgins, Mario Fedrigo.