E la sorpresa da parte di alcuni neofiti che si davano di gomito durante il celeberrimo (e sublime) Allegretto, affrontato senza indugi e con tempo scorrevole, verosimilmente dacché vi riconoscevano la colonna sonora (a dir poco perfetta) della scena madre nel recente fil di successo «Il discorso del re» di Tom Hooper.
Dell’«Eroica», la terza, ci sono piaciuti particolarmente i tempi estremi. Qualche eccessiva dilatazione nella Marcia funebre e, qua e là, qualche défaillance degli ottoni, ma la sera della replica pare che tutto sia andato a posto. Ed ora la «Quarta». Noseda ne coglie meravigliosamente lo spirito bonario e gioioso (quel soave e arguto tema trattato a canone…) dopo l’inizio arcano e denso di mistero. Molto brio, ma senza mai andare sopra le righe. Le insidie della scrittura scoperta hanno teso qualche tranello (ancora agli ottoni); ottimi i legni, ammirata la carica dello Scherzo e irresistibile il finale, con quel gioco quasi da automa di un tema indimenticabile che si avvolge su se stesso come un meccanismo ben oliato, ma senza gigionismi. E la Pastorale? Da gran volpone Noseda ha tenuto inizialmente il piede sul freno, per poi scatenarsi nella scena topica del temporale e nel rustico Scherzo, ma cesellando la partitura, grazie all’ottima prova dei legni (e degli archi, e del timpanista) quindi da ultimo la ritrovata e dolce quiete. Lettura sensata con colori caldi e luci soffuse.
Restano «Ottava» e «Nona» per la prossima (ben più breve) puntata. Premeva, tuttavia, mettere in luce fin d’ora la rilevanza dell’operazione posta in atto dal Regio, l’ottima resa dell’Orchestra – a maggior ragione se si pone mente alla sua specificità lirica e non sinfonica – e la tipicità dell’interpretazione di Noseda, colta e misurata, senza facili concessioni, personale e pur rispettosa del testo, senza scimmiottare questo o quel grande del passato, e senza le stravaganze di alcuni.
Da ultimo alcune curiosità. Per la prima volta nel corso dell’integrale è possibile connettersi gratuitamente nel foyer del Regio attraverso un collegamento Wi-Fi al sito www.regiolive.it e scaricare sia il ricco e corposo programma di sala, sia la partitura direttamente sullo smartphone, come pure un’ampia video-intervista con Noseda stesso: un tipo di servizio al quale molti giovani (soprattutto, come era prevedibile) hanno aderito con apprezzabile entusiasmo. Così pure fa piacere vedere non pochi musicofili seguire in sala sulle tradizionali partiturine tascabili (un plauso per aver tenuto le mezze luci accese, sempre: dovrebbe essere imposto…), segno che le «Nove Sinfonie» se affrontate comme il faut sono tuttora vive e stimolanti.
Non solo: per chi non è impegnato come gli addetti ai lavori, a delibare i dettagli interpretativi direttamente sulla partitura, in sovrimpressione sul boccascena scorrono – in luogo degli ormai imprescindibili sopra titoli in occasione delle opere – utili e suggestivi commenti, in tempo reale, volti ad accompagnare e indirizzare l’ascolto, rendendolo assai più consapevole specie per gli eventuali ascoltatori alle prime armi. Moderna guida all’ascolto formato tweet («la partitura si apre con un’enigmatica introduzione lenta», «qui un anticipo della Nona», «ecco che il tutto si stempera in una coda» e via elencando). Apprezzabile davvero, da incoraggiare: parola di musicologo, da una vita avvezzo a porsi il problema di come realizzare una divulgazione seria, in grado cioè di ‘veicolare’ concetti anche ostici (sviluppo, tema fugato ecc. ecc.), ma senza scadere nel tecnicismo di formule gergali (che in realtà scoraggiano anziché avvicinare).
Da rilevare poi anche il vivo successo della diretta radiofonica condotta dall’esperta e spigliata Susanna Franchi. E si sa. Beethoven è pur sempre Beethoven.
Un suggerimento. E se in futuro provassimo ad osare ancora di più? Non dico l’integrale delle opere di Elgar o Vaughan-Williams, ma qualcosa di non difficile – che so – come il solare Mendelssohn… Chissà che il pubblico prima o poi si scrolli di dosso un po’ della atavica pigrizia di ascoltare solo quanto già crede di conoscere benissimo (come la Pastorale), e allora un giorno ci sarà spazio anche per chicche e rarità.
Attilio Piovano
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