
Le città nel boom economico: I due Timidi (Roma?) e La notte di un nevrastenico (Milano?) in scena domani e domenica con una regia ispirata a Magritte
di Elena Filini
Sul limitare dell’anno rotiano, e a riprova del fatto che (fatta salva la retorica) certi anniversari sono anche utili per riascoltare opere minori, l’Ente Marialisa De Carolis mette in scena l’esilarante dittico radiofonico composto da I due timidi e La notte di un nevrastenico. Per organico, facilità di approccio e tema, le due operine hanno conosciuto quest’anno un certo giro. A Sassari debutta domani (ore 20,30 in replica domenica alle 16,30), l’elegante regia formato Magritte di Marco Spada, ispirata alle opere ed al mondo del celebre pittore belga. Del saboteur tranquille è copia il Narratore dei due timidi, mentre il celebre occhio del Falso specchio vigila sull’agitatissima notte di un nevrastenico. «Ho inteso con questa scelta visuale- precisa Spada, che cura anche le scene del nuovo allestimento ( mentre i costumi sono di Luisella Pintus)- rendere più manifesto il felice equivoco della musica di Rota: ogni facilità, ogni soluzione scontata e riposante è del tutto illusoria. Sul fondo di una musica tonale, brillante, giace un’inquietudine, e quel bisogno in apparenza candido di Rota e Magritte di mettere in discussione l’equilibrio delle cose è la nota che mi ha suggerito la chiave della messinscena».
Cultura umanistica e nuove tecnologie: su richiesta della Rai i due soggetti vennero messi in musica per partecipare al Prix Italia
Ambientazioni tipicamente urbane, caseggiati, condomini, hotel stipati durante la fiera campionaria: la grande protagonista di queste storie è dunque la città nella fase del boom. Inevitabile pensare a Roma per i Timidi e Milano per il Nevrastenico. Cambiano e di molto anche le storie. Tolta di mezzo la vecchia attrezzeria del melodramma si fa strada un’umanità minuta, popolata di parenti serpenti e vicini invadenti, che vive in un apparente quotidiano grigiore dove accadimenti minimali, piccoli incidenti ( il malfunzionamente di un’avvolgibile) e nevrosi personali ( l’ansia del nevrastenico) diventano eventi cardine della drammaturgia. Quello che invece è destinato a rimanere immutabile è il ricorso agli strumenti della tradizione. «Perchè poi melodramma tradizionale?- afferma Rota in una preventiva difesa della sua musica- Perchè, quando si tratta di un’opera musicale col canto, io non riesco a sottovalutare un ingrediente, che è gran parte del melodramma: il canto nel senso più ovvio della parola. E ciò non perchè io voglia affermare particolari principi estetici, ma semplicemente perchè mi sentirei molto mortificato di incomodare dei buoni cantanti ( e buoni devono essere…) per non farli cantare».
I due soggetti vengono messi in musica nel 1950 e nel 1959 per partecipare, su richiesta della Rai, al Prix Italia uno dei più interessanti esperimenti di dignificazione compiuti dal servizio pubblico per rendere compatibile cultura umanistica e nuove tecnologie. Il premio, nato a Capri nel 1948 originariamente per soli lavori radiofonici ed esteso nel 1957 alla televisione, vede così invitato Rota a partecipare, in coppia con Suso Cecchi d’Amico, tra le più geniali sceneggiatrici italiane, artefice del definitivo passaggio del cinema italiano da Neorealismo a Commedia all’Italiana. Dopo questo esordio Rota vincerà definitivamente il Prix Italia nel 1959 con La notte di un nevrastenico su testo di Riccardo Bacchelli; nel 1958 aveva intanto musicato La contadina furba di Cesare Vico Lodovici. I due timidi viene iscritta come lavoro di rappresentanza RAI alla II edizione del Prix Italia insieme ad un’opera di Ildebrando Pizzetti, Ifigenia in Aulide, che risulterà vincitrice, e ad una di Franco Alfano, Vesuvius. L’esito non sarà brillantissimo. Nonostante l’originalità del soggetto è Pizzetti a vincere il premio. In una nota del 19 settembre 1950, così la madre di Rota Ernesta Rinaldi, commenta che non era ipotizzabile che «Pizzetti, settantenne, fosse battuto dal suo ex allievo Nino Rota. Tuttavia, una porcheria solenne (…). Ieri sera, alla Radio, è stata trasmessa la cerimonia del premio Italia e Nino con i suoi due timidi è stato menzionato con belle parole».
Mi aveva attratto sopra tutti- scrive Rota- il personaggio del Nevrastenico; per la sua comica, per la sua pur patetica originalità
Questa borsa di studio è stata ottenuta grazie all’aiuto di Arturo Toscanini. Durante un soggiorno estivo in Italia presenta una suite strumentale, Balli (derivata da un lavoro che aveva iniziato negli Usa,il ballo della villanotta), che viene segnalata al II concorso per musica radiogenica organizzato a Venezia dal II festival internazionale di musica. Un anno dopo, nel 1933 inizierà a lavorare per il cinema e il suo esordio avverrà con le musiche per Treno popolare di Raffaello Matarazzo. Al cinema però tornerà solo 9 anni dopo, spinto probabilmente dalle necessità dettate dal periodo bellico.Un fatto importante, e decisivo per il trasferimento dei Due timidi dalla radio alla scena avviene nel 1948. Nino Rota è invitato a Londra per comporre colonne sonore. Il suo primo film inglese, The Glass mountain, è destinato a fare fiasco come pellicola ma successo straordinario come colonna sonora. Sulla scia del successo inglese a Rota viene proposto nel 1951 un’uscita radiofonica dei Due timidi nella versione del Prix Italia, quella diretta da Franco Ferrara con l’orchestra sinfonica della Rai di Roma. L’anno dopo, ne viene messa in onda una versione in inglese, registrata tra il 5 ed il 7 marzo 1952. E dieci giorni più tardi, il 17 marzo, si ha il debutto della versione scenica, che viene data allo Scala Theatre, un teatro di prosa e pantomima per compagnie amatoriali che aveva nell’annuale Peter Pan l’unica rappresentazione di vaglia della stagione. La serata era organizzata dalla London Opera Club e prevedeva anche La serva padrona di G.B.Pergolesi.
Diversa e per certi aspetti meno complessa la vicenda del Nevrastenico. Dici anni più tardi, cioè nel 1959, Nino Rota è un musicista internazionalmente acclamato. Dal 1952 ha avviato la collaborazione con Federico Fellini, producendo già successi come I vitelloni e La strada. Nel 1955 ha ufficialmente debuttato al Massimo di Palermo quella che senza tema può essere considerata la sua più importante opera, il Cappello di Paglia di Firenze. Tratta da una commedia di Eugène Labiche e scritta nel 1945, diventerà una delle opere italiane più rappresentate del dopoguerra. Come ricorderà in un’intervista negli anni Settanta, pur conoscendo Bacchelli da anni, quando venne a sapere di quella sfortunata commedia giovanile ( 1925) che l’autore del Mulino del Po’ aveva composto per il teatro degli Indipendenti di Roma, gli parve un’idea felicissima e, sedotto dalla stralunata figura del Nevrastenico, volle metterla in musica. “Mi aveva attratto sopra tutti- scrive Rota- il personaggio del Nevrastenico; per la sua comica, per la sua pur patetica originalità.” Il radiodramma, meglio calibrato e più equilibrato dei Due timidi, fu registrato il 19 novembre 1959 all’auditorium della Rai di Torino diretto da Bruno Maderna. Pochi mesi dopo, l’8 febbraio 1960, venne proposto in forma scenica alla Piccola Scala di Milano insieme a Mavra di Stravinskij e alle Sette canzoni di Malipiero.
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