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RECENSIONE
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Al Teatro Massimo di Palermo la regia anticonvenzionale di Bieto: sfrenata carnalità (e Bizet fa il resto)
di Monika Prusak
È una Carmen carnale quella di Calixto Bieito, regista spagnolo che ritorna alla partitura di Geores Bizet dopo tanti anni per «riscoprire il proprio modo di lavorare negli anni passati e fare una sorta di bilancio». È una Carmen cosciente del proprio sex appeal, che lotta fino in fondo per la sua libertà, ma che rivela dei lati sentimentali e talvolta drammatici. Bieito sceglie di operare un collage delle due versioni esistenti dell’opera, tralasciando i dialoghi parlati della versione originale e i recitativi musicati da Ernest Guiraud, concentrandosi allo stesso tempo sulla chiarezza e sull’incisività della scrittura musicale di Bizet. Come racconta egli stesso, Bieito ha cercato a lungo la giusta ispirazione attraverso immagini, fotografie, paesaggi, sguardi di persone e soggiorni in Andalusia, che non lo hanno portato a un risultato soddisfacente. È stata, invece, la frontiera tra Ceuta e il Marocco a offrire l’idea chiave alla sua regia, «un’enorme piazza dove le macchine dei contrabbandieri, tutte Mercedes–Benz anni Settanta, si fermavano aspettando di concludere i loro affari».
Bieito propone una regia anticonvenzionale, che tuttavia non altera l’idea di Bizet. Cambia l’ambientazione dell’opera, offrendo una lettura personale in chiave moderna, ma rimane coerente nelle idee, nelle scene e nei costumi. Le scene di Alfons Flores e le luci di Alberto Rodriguez Vega rendono insieme l’idea di un team estremamente affiatato, di cui fa parte anche la costumista Mercè Paloma. L’idea chiave di Bieito apre la strada a tante associazioni che emergono pian piano da questa produzione particolarmente originale e atipica. A dirigere l’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo è Renato Palumbo, che dopo l’Ouverture piuttosto accelerata, conduce l’interpretazione in un costante crescendo di drammaticità.
Bieito crea l’artificio del “teatro nel teatro” coinvolgendo anche il pubblico, che improvvisamente si trova al centro dell’azione o addirittura dell’arena
Atto I
L’intenzione di Bieito si comprende sin dal I atto. La sua Carmen è un dramma violento sia per quel che riguarda i rapporti tra uomini e donne, sia per il lato sentimentale della vicenda. Il mondo dei soldati-uomini in divisa è qui contrapposto al mondo femminile delle tabaccaie, anche loro in uniformi di simile colore, in modo da creare un gioco cromatico con lo sfondo grigio-nero della scena. Si scontrano tra di loro, uomini con donne e donne con donne: la confusione nel segno di una carnalità sfrenata fa in modo che il limite tra violenza e piacere sia difficile da definire. Vi è un’asta con la bandiera spagnola al centro del palcoscenico, dove alla fine dell’atto verrà appesa una delle tabaccaie inseguita dalla folla ubriaca, e una cabina telefonica sul lato sinistro, dentro la quale appare per la prima volta la protagonista. Una trovata eccezionale, quella della cabina, che permette di mostrare il lato più istintivo dell’universo maschile. La folla di soldati ubriachi si arrampica e vi salta sopra, ma Maria José Montiel, nei panni di Carmen, rimane immobile, inarrivabile, come se non la riguardasse tutto questo spettacolo di virilità. La calda e piuttosto chiara voce della Montiel si adatta bene al personaggio, ma risulta un po’ fuori contesto rispetto all’atmosfera generale. Non è da escludere che sia un’interpretazione voluta da Bieito, che, come egli stesso spiega, considera affascinanti le novità che diverse cantanti apportano al ruolo della “sua” Carmen. La Montiel inizia delicatamente, esibendo morbidezza di timbro e una notevole sicurezza tecnica, nonché una dizione perfetta sia nel canto che nella voce parlata.
Quello che non convince è la gestualità, che sembra aspirare a un atteggiamento da femme fatale, ma che mancando di sensualità si rivela mera finzione. Il Don José di Jorge De León è giovane e atletico, dotato di una voce drammatica e di una recitazione impeccabile. Mentre il personaggio di Carmen si evolve nel corso dell’opera, quello di Don José rimane omogeneo, dall’inizio alla fine violento e orgoglioso, pronto a combattere per saziare il suo desiderio e a uccidere, anche se la vittima è l’oggetto del suo stesso desiderio. De León riesce a dare il giusto peso drammatico al protagonista, senza trascurarne le debolezze. Una Micaёla insolita, la bionda Silvia Dalla Benetta, con capelli a caschetto e abbigliamento al limite con il kitsch, non incanta a causa dell’eccessivo vibrato, ma diverte con la gestualità, a tratti volgare, che svela la rivalità nei confronti di Carmen. Colpisce, invece, la presenza scenica del brigadiere Moralès, impersonato da Giovanni Guagliardo, dotato di una voce baritonale di timbro prezioso e notevole dizione.
Atto II
Ma la Carmen di Bieito è anche segnata dalla nostalgia e così all’inizio del II atto una fanciulla danza, mentre il suono del clacson annuncia l’arrivo di una Mercedes anni ’70. Carmen dialoga con le ragazze, Frasquita e Mercédès, mentre la piccola ballerina veste di bandierine spagnole un albero di Natale, la cui immagine calda sembra rievocare un’infanzia lontana. In questo atto si possono ammirare appieno i costumi di Mercè Paloma, un mix di colori associati in modo casuale, caratteristico del movimento hippie-figli dei fiori degli anni ’60-‘70. La popolarità della Carmen di Bieito sembra stare in questi aspetti, non più contadina, ma ispirata a una società borghese decadente e ribelle, alla ricerca di una libertà assoluta, anche sessuale. La stessa protagonista con la sua disinvoltura e il forte senso di indipendenza si inserisce bene in questo contesto. Ma ecco che giunge Don José vestito come James Dean negli anni ‘50, con l’immancabile T-shirt bianca, i jeans e il giubbotto in pelle color marrone. Il torero Escamillo, preannunciato dalla sagoma del toro di Osborne, si presenta in giacca e con una bottiglia di champagne in mano. Tuttavia, la voce di Davide Damiani, poco udibile nel registro grave, non si adatta alla buona presenza scenica, togliendo carattere al personaggio. L’incontro di Don José e Carmen riporta alla violenza del primo atto, i due combattono verbalmente e fisicamente per lasciarsi finalmente al piacere carnale, rappresentato da Bieito in modo diretto.
Atto III
Accentuando il tema della virilità, il III atto si apre con il nudo integrale di un ballerino vestito da Don José, che imita i gesti della corrida. Sarà un segno della messa “a nudo” dei sentimenti del protagonista o forse della imminente sfida con Escamillo? Stavolta quattro Mercedes-Benz a luci accese entrano nel palcoscenico buio, come in un rifugio di contrabbandieri, che ricorda il clima della versione cinematografica di West Side Story di Bernstein. In effetti, lo scontro tra Don José e il torero (non appena il protagonista verrà a sapere della sua presunta relazione con Carmen) e il loro inseguirsi sopra i tetti delle auto, hanno tanto in comune con le risse tra gang degli anni ’50-’60. Riesce molto bene il Terzetto delle carte, tra Carmen, Frasquita e Mercédès, nel quale spicca la voce del mezzosoprano Maria Motta (Mercédès). Tuttavia, non si avverte il dramma di Carmen dopo aver scelto la carta della Morte, che le predice una sicura e imminente fine. Il toro si tinge di luce color rosso sangue e cade fragorosamente; lo sfondo del palcoscenico non è altro che un’arena.
Non si comprende immediatamente il ruolo della donna bionda in bikini attorniata dal coro e sdraiata al centro del palcoscenico all’apertura del IV atto. Non appena si alza e scopre la bandiera della Spagna il riferimento è chiaro: il simbolo nazionale ha perso il suo significato patriottico. La folla in attesa della corrida si avvicina al bordo del palcoscenico, definito da una corda bianca tesa a entrambi i lati delle quinte. E’ una scena magnifica nella sua semplicità e allo stesso tempo nella forza comunicativa, supportata dalla disinvolta e naturale esecuzione del Coro del Teatro Massimo di Palermo. Bieito crea l’artificio del “teatro nel teatro” coinvolgendo anche il pubblico, che improvvisamente si trova al centro dell’azione o addirittura dell’arena. Ma presto il coro si disperde, la scena rimane buia e un raggio di luce innesca un gioco di colori tra la divisa del Toréador e il tubino rosa scintillante di Carmen. Nell’ultimo quadro Don José implora Carmen per l’ultima volta di tornare con lui. Maria José Montiel rappresenta con forza e chiarezza una Carmen che non ha dubbi di voler rimanere libera. Don José, debole e provato dalla gelosia, estrae il navaja per tagliarle la gola e la trascina, insanguinata, fuori scena.
Il pubblico del Teatro Massimo, abituato a regie più tradizionali, si è diviso in due “schieramenti”: quello dei frequentatori più anziani, sconvolto dal coraggio e dalla fisicità della rappresentazione, e quello dei giovani, che ne è invece rimasto entusiasta.
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