IL PIZZICO
di Luca Pavanel
Vi è mai capitato di trovare in metropolitana un musicista e di fermarvi ad ascoltarlo veramente? Alzi la mano quanti sono disposti a dire di no, “non ho mai sentito, non me ne importa niente, che diamine”. Tutti, o quasi, forse saremmo pronti a giurare di essere stati attenti almeno una volta. Ma a proposito, certi test dal sapore sociologico, danno impressioni diverse e portano a spiacevoli conclusioni: la capacità di ascolto in genere è bassa; e per dirla in maniera colorita: non sono pochi quelli che nelle orecchie ospitano dei bei tranci di prosciutto. Ma a proposito una raccomandazione può bastare: che almeno sia buono!!!
A dar manforte alla tesi dell’indifferenza o semi tale, anche un esperimento chiamiamolo di psicologia dell’ascolto, compiuto in accordo con la redazione del Washington Post dalla star internazionale del violino Joshua Bell, che qualche anno fa – senza farsi riconoscere – si è messo a suonare in una stazione di Washington alle 7 e 51 del mattino, dunque in orario di punta. Un programmino di tutto rispetto eseguito con massima maestria, musiche di Schubert, Bach e Massenet, tutta roba buona. Ciliegina sulla torta, lo strumento impugnato era uno Stradivari datato 1713 e con un valore in denaro stratosferico. Dopo una quarantina di minuti e il passaggio di circa duemila persone, nel cappellino del virtuoso era piovuti solo quaranta dollari. Visto il livello del recital, una miseria. La notizia in circolazione dal 2007, di tanto in tanto ricompare, come in questi giorni sui giornali e sui siti Internet. Ora non stiamo qui a dire che negli Usa il meglio del meglio racimola comunque qualcosa e che in Italy il grande talento sarebbe stato asfaltato come un piccione che zampetta ignaro sull’autostrada. Si sa. E neanche che non sono pochi quelli con una capacità di ascolto, diciamo un po’ limitata; colpa della poca educazione musicale eccetera eccetera…
Quel che qui interessa è vedere l’altra faccia della medaglia. A partire da un quesito di base: ma perché diavolo un lavoratore, pendolare o no, al mattino presto deve avere per la forza, l’attenzione, la voglia e l’energia per riconoscere al volo uno dei migliori strumentisti del pianeta all’opera? Non si sa se chi ha messo in piedi l’iniziativa, diventata ovviamente un video che fa esclamare “pazzesco, che ignoranti!”, ha tenuto conto del “fattore Vdc”, che sta per “Vita da cani”, giusto per esagerare un po’. Il film è arcinoto.
Il pendolare si alza all’alba, con gli occhi chiusi dal gonfiore si lava, si veste e trangugia il caffè rovente come può, magari c’ha i figli da accompagnare al pre-scuola, o il cane da portar giù o il nonno a cui dar le medicine. Lungo questo percorso di guerra gli imprevisti non sono rari, tipo una macchia sulla camicia per un schizzo di marmellata, l’improvvisa chiusura dell’acqua nel condominio “perché si è rotta una tubatura” o uno scivolone in una pozzanghera. Poi si arriva in metropolitana ancora assonati, imbufaliti, magari col freddo addosso, con la paura di perdere il mezzo o di essere borseggiati. Già, qualcuno sta suonando, un’eco lontana, praticamente non si sente, si passa via veloci, potrebbe essere Gesù Cristo in persona, ma si rischia di arrivare tardi… Questa è una delle realtà della vita. Poi ci sono le altre, individuali: chi in quel momento ha tempo di fermarsi, chi ha gli strumenti culturali per riconoscere, chi non sa niente ma lascia il soldino perché apprezza lo stesso o pensa che quell’uomo lì per vivere fa quel che può. Ma la maggior parte arranca nel caos. La morale? Non c’è, ma si può fare ancora una considerazione: la musica, anche la più bella del mondo, per essere apprezzata deve avere i “suoi” luoghi, i momenti adatti, deve poter contare sulla giusta disposizione di chi ascolta.
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Grande Luca, come sempre. Bello il pezzo che hai scritto. Condivido le conclusioni, però……Così come non è consentito dimenticarsi di respirare per vivere, non è consentito trascinarsi come zombi e dimenticarsi di vivere. Se non troviamo il tempo per ascoltare chi vive significa che siamo già morti.
Ciao,
Sergio