Per l’Associazione Siciliana Amici della Musica di Palermo, due concerti sono stati dedicati a Beethoven, con un inaspettato omaggio a George Crumb
di Monika Prusak
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C on due concerti dedicati ai quartetti per archi di Ludwig van Beethoven si avvia verso la fine l’80esima Stagione Concertistica dell’Associazione Siciliana Amici della Musica di Palermo. Il protagonista dei due incontri, il Quartetto di Cremona – formato nel 2000 in seno all’Accademia “Walter Stauffer” – è composto dai musicisti Cristiano Gualco e Paolo Andreoli (violini), Simone Gramaglia (viola) e Giovanni Scaglione (violoncello), ed è stato vincitore di numerosi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Le performance sono state precedute da una breve introduzione del direttore artistico dell’Associazione Dario Oliveri, che ha parlato delle composizioni in programma, accennando anche, in anteprima, a qualche nome che gli Amici della Musica avranno il piacere di ospitare nella stagione 2012/2013, tra cui Rudolf Buchbinder, Stefano Bollani, il Trio di Parma, Andrea Lucchesini, Barry Douglas, Louis Lortie e Li Yundi.
Il primo concerto, martedì 17 aprile, è iniziato in modo piuttosto bizzarro con la prima esecuzione in Sicilia del quartetto Black Angels. Thirteen Images from the Dark Land (1970) del compositore statunitense George Crumb. La composizione riprende i drammatici temi degli anni Sessanta: la Guerra fredda, la crisi di Cuba, il razzismo, ma anche l’incubo della “bomba”, gli omicidi dei Kennedy e di Martin Luther King, e infine gli orrori della guerra in Vietnam, offrendo all’ascoltatore poco meno di venti minuti di alta tensione. Si parte, alla lettera, con Departure del suono stridulo e agitato degli strumenti, rafforzato dall’amplificazione prevista in questo brano per aumentarne il carattere surreale. Non vi è un momento di luce in tutto il primo movimento, che oscilla tra il suono notturno degli “insetti elettrici” e una danza macabra dai toni diabolici. Il Quartetto di Cremona si lancia in questo sabba infernale con sicurezza, usando non solo gli strumenti, ma anche la voce parlata, sussurrata, persino gridata, e le percussioni con gong e maracas. Le note lunghe e gravi accentuano il carattere abissale della composizione, contrapponendosi all’effetto ronzio che imita gli insetti: gli archi cremonesi tendono a un suono corposo anche nei trilli realizzati in maniera anomala, aumentando in questo modo l’effetto terrificante. Crumb usa diverse citazioni più o meno dirette tra cui la sequenza medievale del Dies Irae, qualche eco del Seicento di Dowland e un’estesa citazione dal Quartetto “La morte e la fanciulla” di Schubert, che, molto rallentata rispetto all’originale, apre il secondo movimento Absence, disturbata dalle brevi e acutissime entrate del violino di Gualco. La capacità dei musicisti di controllare tutte le funzioni richieste nell’esecuzione è eccezionale: l’archetto suona anche il gong, la voce grida o sussurra diabolicamente. Dopo la notevole tensione di Absence si arriva al terzo movimento Return dal carattere paradisiaco, tra i timbri cristallini dei bicchieri riempiti d’acqua suonati con l’archetto e quelli nostalgici e intensi del violoncello di Scaglione. Si passa temporaneamente a un clima più vivace, per concludere con il ronzio iniziale degli “insetti elettrici”: cade la notte e il cerchio si chiude. Il Quartetto di Crumb sconvolge, spaventa, non lascia indifferenti, per via dell’andamento agitato e degli effetti sonori. Il Quartetto di Cremona si sente a suo agio: il gioco curioso e vivido trascina l’ascoltatore.
Dopo l’intervallo si passa all’ultimo Quartetto di Beethoven, in Fa maggiore op. 135 (1826), pacato e riflessivo, certamente dissonante rispetto a Crumb. L’impatto è in effetti doloroso, non solo per il cambiamento delle sonorità, ma anche, e forse soprattutto, per la cessazione improvvisa dell’amplificazione che ha reso meno percepibile la bellezza della composizione beethoveniana. È piacevole la sensazione di tranquillità, frutto della serenità intrinseca del Quartetto, che non presenta forti contrasti tematici né dinamici. Il Quartetto di Cremona ci trasmette la musica di Beethoven con tanta precisione nei passi più agili di Allegretto e Vivace, la dolcezza del Lento assai, cantabile e tranquillo, e lo strazio dell’ultimo movimento Grave ma non tratto. Allegro. Da notare l’affiatamento dell’ensemble cremonese che respira insieme, specialmente nei momenti di dialogo tra il primo violino e il violoncello. L’ultimo movimento fa apprezzare l’impeccabile intonazione dei quattro musicisti, nonché la capacità di contrastare le dinamiche e i timbri nei diversi registri degli strumenti.
Con il secondo concerto, mercoledì 18 aprile, si è ritornati indietro agli opp. 127 e 130 di Beethoven, quest’ultimo concluso con la Grande Fuga op. 133, come fu inizialmente pensato dallo stesso compositore. Sono ammirevoli i tempi che il Quartetto di Cremona sceglie per i Quartetti, tempi che danno l’impressione di naturalezza, “giusti” e comodi, che “respirano” e fanno respirare. Il primo movimento del Quartetto per archi in Mi bemolle maggiore op. 127 (1823-24), Maestoso. Allegro, inizia con accordi decisi per poi calarsi nel suono caldo e avvolgente del primo violino e nei timbri più bruschi della parte più concitata. I quattro strumenti conversano contrastando le dinamiche in modo eccellente, per poi scomparire in un meraviglioso piano iniziale dell’Andante ma non troppo e molto cantabile. L’atmosfera si ravviva nello Scherzando vivace dal carattere bizzarro e leggero, eseguito dal Quartetto con maestria e sinergia. L’ultimo movimento Finale. Allegro si sposta sul versante folcloristico rendendo più popolare il modo di suonare dei musicisti, senza perdere con questo la compattezza e l’attenzione al dettaglio.
Il secondo Quartetto per archi in Si bemolle maggiore op. 130 (1825) è iniziato con un intimo Adagio ma non troppo per poi passare a un più movimentato e tecnicamente complesso Allegro, all’interno del primo movimento. Si nota una pregevole intesa tra l’intero ensemble, che espone un ampio ventaglio di dinamiche e timbri, più rauchi nel registro grave e più limpidi e squillanti in quello acuto. Il secondo movimento Presto si è precipitato in un galoppo in crescendo per riposarsi nel successivo Andante con moto ma non troppo, di cui hanno colpito la meravigliosa cantabilità del violino di Gualco e una sapiente combinazione dei momenti riflessivi e sereni. Alla danza tedesca. Allegro assai ha portato l’atmosfera amorosa del clima viennese, civettuola e piena di charme, che ha lasciato spazio alla Cavatina. Adagio molto espressivo dai toni cupi e pesanti, ma non privi di cantabilità e nostalgia grazie agli assolo del violoncello. Il Quartetto di Cremona è passato direttamente alla Grande Fuga op. 133, iniziando con monumentale densità e profondità di suono e mantenendo la tensione alta fino alla fine. Nelle fughe si sono apprezzate la concentrazione e la resistenza emotiva, appoggiate dall’intensità del suono nelle frequenti dissonanze. È probabile che proprio queste asprezze furono il motivo principale per cui la Grande Fuga fu accolta in modo negativo dalla critica ottocentesca, ma oggi la fanno apparire particolarmente attuale.
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[tab title=”Gli interpreti”]
Il Quartetto di Cremona (Cristiano Gualco violino, Paolo Andreoli violino, Simone Gramaglia viola, Giovanni Scaglione violoncello) nasce nel 2000, durante un periodo di studio all’Accademia Stauffer di Cremona con Salvatore Accardo, Bruno Giuranna e Rocco Filippini.
L’ensemble – nell’attuale formazione dal 2002 – si perfeziona con Piero Farulli del Quartetto Italiano presso la Scuola di Musica di Fiesole e con Hatto Beyerle dell’Alban Berg Quartett e in breve si afferma come una delle realtà cameristiche più interessanti sulla scena internazionale
Viene invitato ad esibirsi regolarmente nei principali festival e rassegne di tutto il mondo, in Europa, in Sudamerica, Australia e Stati Uniti: Barge Music di New York, la Beethovenhaus e il Beethovenfest di Bonn, il Bozar di Bruxelles, il Festival di Turku, la Kammermusik Gemeinde di Hannover e la Konzerthaus di Berlino, la Wigmore Hall di Londra, il Perth Festival in Australia
Dal 2011 è “artist in residence” presso la Società del Quartetto di Milano per un progetto di concerti e di collaborazione che culminerà nel 2014 – in occasione dei 150 anni della storica istituzione – con l’esecuzione integrale dei quartetti di Beethoven.
Dal 2012 l’ensemble sarà in residence anche presso l’Accademia di Santa Cecilia in Roma.
La stampa specializzata internazionale sottolinea le qualità artistiche ed interpretative del Quartetto di Cremona: la rivista inglese The Strad, in seguito a un concerto alla Wigmore Hall, ne descrive “il fraseggio classico che cuce Mozart alla perfezione, come fosse un abito di Armani”; in Australia è acclamato come la “gloria del Perth Festival” e il quotidiano Sueddeutsche Zeitung lo definisce uno dei quartetti più interessanti delle ultime generazioni.
Emittenti radiotelevisive di tutto il mondo (quali RAI, WDR, BBC, VRT, SDR, ABC) trasmettono regolarmente i concerti del QdC in un repertorio che spazia dalle prime opere di Haydn fino alla musica contemporanea: ricordiamo in particolare la collaborazione con Fabio Vacchi, Helmuth Lachenmann, Silvia Colasanti.
Il Quartetto di Cremona collabora stabilmente con colleghi di fama internazionale quali Bruno Giuranna, Massimo Quarta, Enrico Dindo, Alessandro Carbonare, Andrea Lucchesini, Pietro de Maria, Angela Hewitt, Ivo Pogorelich, Lilya Zilberstein, Cédric Tiberghien, e Pieter Wispelwey.
Rilevante è l’attività didattica svolta dal QdC in tutta Europa, dall’autunno 2011 sono titolari della cattedra di Quartetto presso l’Accademia Walter Stauffer di Cremona.
In campo discografico, nel 2011 è uscito per la Decca l’integrale dei Quartetti di Fabio Vacchi ed è prevista nei prossimi anni l’incisione dell’integrale dei Quartetti di Beethoven per la casa discografica tedesca Audite. Inoltre il quartetto inciderà i quartetti di Thomas Agerfeldt Olesen, ultimo vincitore del Premio Nielsen, che ha dedicato al gruppo già due lavori.
Importanti appuntamenti sono previsti per le prossime stagioni, in particolare ricordiamo i debutti in Scandinavia, negli USA, in Giappone e in Cina.
Il Quartetto di Cremona è stato scelto come testimonial per il progetto “Friends of Stradivari” che li porterà anche negli USA. Al secondo violino, Paolo Andreoli, attraverso Friends of Stradivari, è stato affidato uno splendido Giovanni Battista Guadagnini del 1757, di proprietà della Collezione Sau-Wing Lam.
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Il Quartetto per archi n. 16 in Fa maggiore op. 135 fu composto da Ludwig van Beethoven nel 1826 e costituisce il suo ultimo importante lavoro. Dopo questo, solo l’ultimo movimento del Quartetto op. 130, scritto per sostituire la Grande fuga, fu creato dal compositore prima della sua morte. La prima esecuzione fu data dallo Schuppanzigh Quartet nel marzo 1828. È il più breve dei quartetti di Beethoven.Per il terzo movimento Beethoven ha scelto la tecnica della variazione; questa scelta fu adottata dal compositore anche nel secondo movimento del Quartetto op. 127. Sotto i lenti accordi introduttivi dell’ultimo movimento Beethoven arrecò nel manoscritto la dicitura “Muß es sein?” (Deve essere?), a cui risponde col più rapido e allegro tema principale del movimento, “Es muß sein!” (Deve essere!). Il quartetto si conclude bruscamente con un pizzicato simile ad una canzoncina per bambini, quasi a ricondurre il senso di tutta la musica ad una primigenia, infantile semplicità. L’intestazione dell’intero movimento è “Der schwer gefaßte Entschluß” (La decisione difficile).Il quartetto è composto da quattro movimenti: Allegretto-Vivace-Lento assai, cantante e tranquillo-«Der schwer gefaßte Entschluß»: Grave—Allegro—Grave ma non troppo tratto—Allegro. Il quartetto è citato nel romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera ai capitoli 15, 16 e 17.
da Wikipedia
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