
In uno dei suoi ultimi appunti di lavoro il musicologo recentemente scomparso (avrebbe compiuto oggi 70anni) rifletteva sulle Nanosonatas di Rzewski. Stasera il pianista-compositore americano gli rende omaggio con un concerto a Venezia
di Anna Barina

La scomparsa di Giovanni Morelli, avvenuta improvvisamente lo scorso luglio, ci ha lasciati senza parole: disorientati per la perdita di una mente acuta e insostituibile della musicologia internazionale ma soprattutto orfani di un uomo speciale il cui sguardo, libero e senza pregiudizi, non badava a gerarchie o titoli nella sua generosità. Ricordarlo nel giorno del suo settantesimo compleanno, che avrebbe festeggiato il 14 maggio, riapre una ferita difficilmente richiudibile. Farlo tuttavia partendo dagli appunti abbandonati sulla sua scrivania prima di entrare in ospedale, quelli sulla prima delle Nanosonatas di Fredric Rzewski, ci porta a ricucire un filo diretto con la sua memoria, un collegamento sottile che, se possibile, allevia il dolore indotto dalla perdita. Le avanguardie della musica sperimentale americana, tra teorie politiche, sintetizzatori e misticismo di cui Rzewski con il gruppo MEV (musica elettronica viva) fu una delle anime, avevano fatto da sfondo alle esperienze giovanili di Giovanni Morelli, diventando anche oggetto del suo ultimo corso di Filologia Musicale all’Università di Venezia e di un incontro organizzato un anno fa alla Fondazione Cini, dove era direttore dell’Istituto per la musica. Ed è proprio lo stesso Rzewski, invitato dall’Università Ca’ Foscari stasera alle 20.oo all’Auditorium Santa Margherita a Venezia, a suonare per Giovanni Morelli in un concerto che, prima di tutto, vuole essere un omaggio sollecitato dalle sue passioni e dalla sua storia.
Il pianista americano presenta due suoi lavori – oltre alle Nanosonatas anche le 36 Variations on «The People United Will Never Be Defeated!» di Sergio Ortega e Quilapayun per pianoforte (1975-76) – a cui affianca il ciclo delle Variazioni Thälmann per pianoforte del 1974 di Cornelius Cardew, altro autore che Giovanni Morelli conosceva bene, e che, a loro volta, sono legate alla genesi delle Variazioni rzewskiane. Nel programma troviamo poi la prima esecuzione di 6 Haiku per violoncello, carezza, elettronica e voce di bambina, un’affettuosa e sentita dedica musicale di Andrea Liberovici, figlio del primo matrimonio dell’amata compagna di Giovanni Morelli, Margot Galante Garrone. «Questi 6 haiku sono il primo tentativo di isolare e segnare i grumi sonori e musicali che precedono un’unica parola possibile di sei lettere: grazie», così Liberovici spiega il suo omaggio sonoro costruito rifacendosi alla forma poetica nipponica che in tre versi e diciassette sillabe evoca un distillato di significati e ispirandosi alle parole di una celebre miniatura filosofica di Aleksandr Puškin. «Vive di futuro il cuore; il presente è desolato: tutto è istante, tutto passa; ciò che passa sarà amato»: proprio con i versi del poeta e scrittore russo vogliamo pensare a Giovanni Morelli, consapevoli che se ne è andato troppo presto ma ci ha donato una chiara indicazione della direzione verso cui andare.
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