Il mondo materico e stratificato del compositore spagnolo e la sua moderna visione dell’orchestra in una recente uscita Naxos. Protagonista José Serebrier alla guida dell’Orchestra Filarmonica di Málaga
di Gianluigi Mattietti
Q uesto cd, registrato a Malaga nell’ottobre del 2009, offre un interessante panorama del percorso sinfonico di Tomás Marco, prolifico compositore madrileno, allievo di Maderna, Ligeti, Boulez e Stockhausen, che ha affrontato tutti i generi ma ha posto sempre al centro della sua attenzione l’orchestra, e ha sempre guardato alla sinfonia come ad «un mondo di idee che contiene grandi concetti umani, filosofici, cosmologici [come nella Quinta, intitolata «Modelos de universo»] e di altra natura». Un mondo che prende forma attraverso un uso virtuosistico dell’orchestra, strumento estremamente duttile nelle mani di Marco, ricco di colori, capace di mimare fenomeni fisici, suoni della natura, e anche sonorità elettroniche. Nella Sinfonia n. 2 del 1985, partitura compatta, in un solo movimento (della durata di circa 15 minuti) che ha come sottotitolo «Espacio cerrado» (spazio chiuso), il compositore usa l’orchestra per masse, con una serie di textures dense, giustapposte, in contrasto l’una con l’altra, creando una forma senza evoluzione ma carica di tensione, una specie di «spirale che si chiude su se stessa», immersa un’atmosfera sonora cupa, claustrofobica, che ricorda un po’ le sinfonie di Allan Pettersson.
José Serebrier, il grande direttore uruguayano sul podio dell’Orchestra Filarmonica di Málaga, dipana molto bene la matassa sonora di questa partitura e ne coglie a fondo la dimensione tragica, così come offre una lettura intensa e piena di energia delle altre due sinfonie registrate in questo cd, in prima incisione mondiale. Il carattere materico, quasi “geologico” della musica orchestrale di Marco si fonde con un serie di elementi di danza, provenienti da diverse culture del mondo, nella trascinante, ritmica Sinfonia n. 8 «Gaia’s Dance», composta nel 2008 e articolata in tre movimenti: il primo, Gondwana (è il nome del super-continente che duecento milioni di anni fa inglobava Africa, Sudamerica, India, Antartide e Australia), è dominato da una figura ritmica affidata al djembe, tipico tamburo africano, mescolata con rapidi glissati, altri effetti strumentali, pattern ritmici di danze africane e latinoamericane, echi di Villa-Lobos; il secondo, Laurasia (il super-continente che comprendeva Europa e Asia), evolve da una dimensione atmosferica e statica verso un contesto ancora ritmico, dal carattere esotico e sensuale; il terzo, Pangea (il super-continente che nel Paleozoico conteneva tutte le terre emerse) prende avvio da un fitto intreccio di percussioni, nel quale si innesta un tema danzante del fagotto, e poi si sviluppa come una pagina molto eclettica, movimentata, piena di elementi musicali di provenienze disparate, anche di danze moderne, e con ostinati ritmici che ricordano un po’ il Sacre o la Suite Scita di Prokof’ev. È invece il mare la fonte di ispirazione della Sinfonia n. 9 «Thalassa» che combina studi sulle sonorità orchestrali con elementi medievali, citazioni di cantigas di Martín Codáx. Il risultato è un lavoro fatto di textures isolate, che scorrono le une sulle altre, in due movimenti distinti: Nun (che nella mitologia egizia era la parte maschile dell’oceano primordiale), dal carattere cupo che evoca le profondità degli abissi, e Okéanos, pagina più luminosa, quasi debussyana, ma con un ordito ancora densissimo e dissonante, pieno di glissati e di linee ascendenti, che creano un effetto fluido e avvolgente.
Tomás Marco – Sinfonie nn. 2, 8 e 9 | Orchestra Filarmonica di Malaga, direttore José Serebrier | Cd Naxos Spanish Classics 8.572684
© Riproduzione riservata