Doppia Recensione • Per l’Unione Musicale di Torino si è esibita l’orchestra fondata nel 1969 dal pedagogo Peter Koch e che si dedica alla formazione dei giovani. Al pianoforte Markus Schirmer con il concerto di Britten
di Attilio Piovano
O ltre un centinaio di giovani tra i 14 ed i 20 anni: disciplinatissimi e impeccabili (fa tenerezza la mascotte, un orsacchiotto in frac, che per l’intera serata sta a guardia i piedi del primo violino), e lo capisci già da come si posizionano sul palco e poi da come accordano gli strumenti, una vera e propria orchestra di professionisti, solamente in verde, verdissima età: questa è la Bundesjugendorchester, la più nota tra le orchestre giovanili, che si è presentata alla ribalta l’altra sera, mercoledì 16, a Torino (presso l’Auditorium ‘G. Agnelli’ del Lingotto) per per il cartellone dell’Unione Musicale. Fondata nel lontano 1969 dal pedagogo Peter Koch (oltre 2000 i giovani passati per tale formazione nel corso di oltre 40 anni, molti poi trasmigrati in orchestre professionali), è oggi complesso di fama internazionale, ha goduto dell’attenzione di nomi quali Rattle e Masur, e raduna il meglio delle giovanissime generazioni di musicisti tedeschi, insomma le future leve. Ragazzi che vivono e crescono insieme in una sorta di ideale comunità artistica e la loro compattezza ha davvero qualcosa di unico, incredibile. Sicché appena iniziano a suonare ti coglie un’emozione indicibile. E, sotto la bacchetta esperta del quarantacinquenne Michael Sanderling, affrontano innanzitutto la beethoveniana ouverture Egmont con un entusiasmo ed una precisione ammirevoli. In genere quando si ascolta un’orchestra di giovani si è propensi ‘a priori’ a far sconti sulla precisione tecnica, così pure si è predisposti ad adottare più indulgenti parametri nel recensire, rispetto ad una compagine di attempati e navigati professionisti (che confidano nel mestiere e senza accorgersi scivolano pericolosamente nella routine). Ebbene in questo caso non solo non occorre, ma chiudendo gli occhi la si potrebbe benissimo ‘immaginare’ fitta di presenze dalla ultra decennale esperienza. E così l’Egmont fila via liscia con sonorità corpose, timbri appropriati, appena un po’ ingessata ritmicamente e con qualche asprezza qua e là ma… ce ne fossero di orchestre stabili di questo livello. Sanderling e i suoi giovani colgono perfettamente lo spirito della pagina beethoveniana, strappando applausi entusiasti dopo l’ultima sezione affrontata a velocità stratosferica e con un magnetismo trascinante.
Grandi emozioni nella seconda parte della serata con Petruška, e si sa che è pagina capace di mettere in difficoltà ben più esperti complessi. Qui Sanderling si conferma concertatore attentissimo e scrupoloso, conducendo con mano salda i giovanissimi attraverso le poliritmie della celeberrima partitura, sfoderando sonorità ora possenti, ora rarefatte, potendo contare su prime parti di eccezionale bravura. Cura estrema dei dettagli, ma senza mai perdere di vista la visione d’insieme. Fraseggi nitidi, timbri ora acuminati come stalattiti, ora morbidi, insomma una vera festa e alla fine un bis pirotecnico al fulmicotone (Khachaturian, Galop da Masquerade Suite) che innesca un ultimo mare di applausi.
A centro serata la piacevole sorpresa del poco eseguito (e bellissimo) Concerto per pianoforte e orchestra op. 13 di Britten, solista di lusso Markus Schirmer, raffinato interprete dalla tecnica impeccabile e dal bel tocco, originario di Graz. Se fosse appena un poco più conciso tale Concerto sarebbe un capolavoro assoluto. Ben assecondato da Sanderling e dall’orchestra, Schirmer ha affrontato con baldanza il toccatistico primo movimento (in assoluto il migliore) dalle accensioni motoristiche, in bilico tra Prokof’ev e Ravel. Ironia e vitalismo si sprigionano dilagando a lungo con felice inventiva, poi la lussureggiante cadenza. Sfuggente e grottesco il Waltz, seguito da una austera Passacaglia che in apertura pare Satie, con zone fiabesche a carillon, ma in chiusura è nuovamente cupo e misterioso. Da ultimo una Marcia estroversa e giubilante, quasi ‘incidental music’ con ironici tocchi circensi. E dire che Britten nel 1938 quando lo compose aveva appena 25 anni. Tre i bis, due graditi e inconsueti brani schubertiani, Melodia ungherese D 817 e Grazer Galopp D 925 e la mozartiana Tartina di burro dai lepidi, scivolosi glissandi (introdotti a voce con garbate parole e un pizzico di lezioso narcisismo).
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