di Michele Manzotti
AL SUO NOME VIENE ASSOCIATO quello di Federico Fellini: le musiche di Nino Rota per i film del regista infatti sono ricordate da tanti appassionati di cinema. Si pensi solo a Roma, Amarcord, Prova d’orchestra. Oppure il tema de Il padrino per Francis Ford Coppola. Eppure Rota (nato nel 1911 e scomparso nel 1979) ha lasciato molte composizioni strumentali e teatrali. Tra queste Il cappello di paglia di Firenze, composta a quattro mani con la madre Ernesta Rinaldi, e che venne rappresentata nel 1955. Più che un’opera, una “farsa musicale” proposta nella messa in scena che il Maggio Musicale aveva già allestito due anni fa. Le sei rappresentazioni, che avranno inizio il 3 dicembre al Teatro Comunale (informazioni www.maggiofiorentino.com) sono affidate alla bacchetta di una giovane realtà della musica italiana come Andrea Battistoni con la regia di Andrea Cigni. Due i cast che si alterneranno sul palco.
«Quello che mi ha colpito della partitura dell’opera — spiega Battistoni che debutta in un titolo operistico a Firenze — è il grande mestiere di Nino Rota. Un compositore che sa scrivere per l’orchestra e le voci tenendo sempre presente la tradizione. Poi c’è la magia tutta sua che va a colorare le situazioni interessanti, come gli elementi della commedia e della farsa tipiche di questo lavoro. Ci sono dei punti che rappresentano un omaggio sincero al mondo della canzone e dell’avanspettacolo oltre a quelli dedicati all’opera classica e verista».
Ma il cinema a suo modo compare. «C’è sempre quel tocco di malinconia tipico delle colonne sonore conosciute dal grande pubblico. In quei momenti, nelle maschere che si agitano sul palcoscenico compare la lacrima tipica del Pierrot con quella punta di malinconia che fa grande la musica di questo autore. E’ un repertorio che merita di essere riscoperta e spero che sia il primo di una serie di miei impegni con le opere di Rota, e che a volte non sono state riprese dopo il debutto. Critica e pubblico dovrebbero ormai superare eventuali preconcetti legati alle sue composizioni più famose legate al cinema».
«Abbiamo seguito la poetica di Rota — aggiunge Cigni — seguendo in parte anche quella felliniana a cavallo tra un gusto francese (tipico del soggetto) e quello italiano in un’opera-non opera tra canto e recitazione».
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