
Il capolavoro di Henry Purcell eseguito in forma di concerto dall’Accademia degli Astrusi diretta da Federico Ferri con l’Ars Cantica Choir. Tra i solisti spiccano Anna Caterina Antonacci e Yetzabel Arias Fernandez
di Attilio Piovano
GRANDI EMOZIONI, A TORINO, con Dido and Aeneas, il capolavoro assoluto di Purcell nell’ambito del cartellone di MiTo. A proporla, la sera di martedì 9 settembre, entro la cornice preziosa del Teatro Carignano dalle fascinose dorature, l’Accademia degli Astrusi affiancata da Ars Cantica Choir. Sul podio l’esperto e colto Federico Ferri che dell’Accademia stessa è il fondatore, maestro del coro Marco Berrini. Ed è stata un’interpretazione davvero di lusso, grazie alla qualità rara del tessuto orchestrale, grazie alla superba interpretazione del coro e grazie altresì all’apporto determinante delle voci soliste: il soprano Anna Caterina Antonacci, innanzitutto, che ha dato voce ad una Didone partecipe, ricca di screziature psicologiche, con tratti di toccante tenerezza, bei fraseggi, vocalità possente dove occorre, ma anche delicata e rarefatta. La Antonacci disbrigava inoltre anche la prima strega ed un marinaio. Ad affiancarla il mezzo soprano di origine cubana Yetzabel Arias Fernandez, nei panni di Belinda alla quale ha conferito uno spessore ed una rilevanza notevoli, come è raro incontrare anche nelle esecuzioni più attente e scrupolose, gran tecnica, sicurezza di emissione a dir poco strepitosa e grande efficacia (interpretava poi anche la seconda strega e la voce dello spirito). Per il ruolo di Enea è stata chiamata la pur esperta e navigata Laura Polverelli che tuttavia (complici forse l’umidità e gli sbalzi di temperatura, deleteri per la voce, di giornate dal tempo altalenante) non è parsa nella sua forma migliore, risultando nel complesso un poco – a onore del vero solamente un poco, dacché è pur sempre un’artista di prima classe – al di sotto rispetto alla performance d’eccellenza delle sue due ‘colleghe’. Interpretava anche il ruolo della maga (ed in tal veste ha suscitato, occorre ammetterlo, alcune indubbie emozioni).
L’Accademia degli Astrusi, sotto la direzione di Federico Ferri, sfodera un suono ricco di sfumature e di gradazioni dinamiche, con bei colori sempre appropriati (appena qualche asprezza in apertura di serata), garbo, eleganza, gustosi e suggestivi giochi d’eco, perfetto aplomb ritmico nelle varie Dancese molto equilibrio, avvalendosi delle più moderne e corrette tecniche volte a riprodurre il suono caratteristico dell’universo barocco, senza però (per fortuna) gli eccessi per così dire di filologismo che portano vari altri ensembles a sortire suoni esangui e francamente monocromi (spesso ingenerando la noia). Alta filologìa, dunque, e un sorvegliatissimo controllo del suono, ma se Dio vuole, filologìa mai sterile e fine a se stessa, bensì al servizio della resa sonora. Ne è risultata un’esecuzione di gran pregio dove non c’era spazio per il venire meno della tensione (bene aver evitato inutili intervalli ed aver eseguito tutto di fila), ritmi per lo più sciolti e pimpanti (a sottolinearli gli interventi assai apprezzati delle percussioni) e giusti indugi, ma solo dove occorre davvero, ad esempio nelle lunghe e gravi note tenute laddove fa la sua fantomatica comparsa lo Spirito («Stay, prince, and hear great Joves command»). Davvero superbi gli interventi corali per efficacia e incisività (esemplare per pregnanza il coro del second’atto «Ho, Ho Ho» nella… location della grotta). Il culmine, ovviamente, nella superba e commovente ‘scena’ del commiato a Didone dove la Antonacci, quanto ad espressività, ha superato se stessa nella celeberrima, toccante Ciaccona. Sicché, trascorsi ormai alcuni giorni da tale esecuzione torinese, risuonano ancora nelle orecchie e nella mente i versi sublimi («Remember me, but ah! forget my fate») che la Antonacci pareva accarezzare entrando nella pelle della sfortunata regina cartaginese con una capacità di introspezione psicologica di elevato livello. Pubblico folto e protratti, convinti applausi.