Con il violoncellista Truls Mørk e la direzione di Vladimir Jurowski per il concerto di Dvořák e la Quarta sinfonia di Brahms
di Attilio Piovano
SUCCESSO A DIR POCO STREPITOSO per il concerto conclusivo dello Stresa Festival edizione 2014, sabato 6 settembre, al Palazzo dei Congressi: dinanzi ad un pubblico foltissimo, protagonista la blasonata London Philharmonic Orchestra – in assoluto una tra le maggiori compagini del mondo – diretta dal fuoriclasse Vladimir Jurowski, solista di lusso il violoncellista Truls Mørk. E proprio il norvegese Mørk ha inaugurato la serata nel segno del sublime Concerto op. 104 di Dvořák composto al rientro dall’entusiasmante ‘trasferta’ negli States: pagina traboccante di charme che raramente ci è capitato di ascoltare con sì grande emozione. Tecnica solidissima, un suono pastoso e caldo, avvolgente, fraseggi sopraffini, un’intesa perfetta con direttore ed orchestra, Mørk ha posto in evidenza al meglio l’esuberanza dell’Allegro d’esordio, poi la grazia seducente del sospiroso Adagio, tutto reticenze e languori, centellinato con una poesia davvero rara (Mørk riesce a sfoderare cantabili di indicibile nitore), infine l’esuberanza del Finale di incandescente bellezza che ha trascinato l’intera platea con gli effluvi delle sue armonie e lo sfavillante scintillio degli impasti strumentali. Successo personale del solista (che ha regalato un sublime Bach quale bis) e vera e propria vetrina per l’orchestra che ha poi affrontato, nella seconda parte della serata, l’ampia architettura formale della Quarta di Brahms.

Una lettura fascinosa, quella di Jurowski, coerente ed altamente espressiva, a partire da quell’indimenticabile attacco, dove a prevalere è un tono melanconico, autunnale ed elegiaco che Jurowski – gesto incisivo e preciso – ha ben colto, sbrigliando peraltro l’orchestra intera nei passi marziali ed in quelli altisonanti. Poi la tenerezza affettuosa dell’Andante moderato affrontato con soave delicatezza, la giubilante e vitalistica allure dell’Allegro giocoso e da ultimo il serioso aplomb della Passacaglia (o Ciaccona che dir si voglia) che si espande a lungo nel mirifico Finale; ogni variazione, comme il faut, un colore, ogni frase perfettamente messa a punto e una vera gioia per le orecchie al contatto con un’orchestra perfetta in tutte le sue sezioni: archi corposi e pur dolci, ottoni luminescenti, legni dal timbro nitido e si potrebbe proseguire a lungo a tesserne l’elogio.
Archiviata dunque con piena soddisfazione questa edizione del celebre festival lacustre che, giunto alla sua 53° edizione, s’era aperto con il direttore artistico Noseda sul podio lo scorso 22 agosto e un’apprezzata serata rossiniana: solisti Angela Meade, John Osborne e Fabio Capitanucci, Orchestra e Coro del Regio in gran spolvero. Bene poi anche il concerto del 2 settembre (l’Orchestra dello StresaFestival e ancora Noseda sul podio) e la rarità dello stravinskijano Orpheus, neoclassico balletto presentato in versione semi-scenica e il teatro di figura a cura di Stefano Monti e Monique Arnaud. Molti come sempre i solisti di vaglia (il violino di Suyoen Kim cui è stata affidata l’ormai consueta full immersion bachiana con Sonate e Partite), Eschenbach alla guida della Gustav Mahler Jugendorchester sul fronte di Messiaen e della Quinta di Čajkovskij nonché il pianistico Concerto di Rihm affrontato da Tzimon Barto. E poi, per la gioia dell’affezionato, competente e internazionale pubblico (come sempre moltissimi gli stranieri) la consueta ricca messe di pagine sul versante antico e barocco (tra gli altri assai apprezzati gli ‘specialisti’ dell’Odhecaton diretti da Paolo Da Col e un programma tutto orientato sul versante fiammingo). Appuntamento al 2015, sulle rive amene del Lago Maggiore dove la grande musica da mezzo secolo è di casa.