Il festival Milano Musica dedica l’attuale edizione al compositore Fausto Romitelli nel decimo anniversario della scomparsa. L’inaugurazione ieri all’Alcaltraz con la video-opera alla quale venne assegnato il XXIV Premio Abbiati della Critica Musicale come novità assoluta per l’Italia
di Livio Giuliano
L’ICTUS ENSEMBLE E DONATIENNE MICHEL-DANSAC oramai da tanto tempo scavalcano insieme le staccionate delle definizioni di genere musicale: sono più di dieci anni che il loro An Index of Metals fa il giro del mondo, e nel 2004 all’Opéra di Lille avevano sorpeso con la prima di Avis de tempête, performance multimediale di George Aperghis e Peter Szendy. Tuttavia, la storia non premia più i compositori colti come in passato e certe opere, pur volendo trasformare gli ambienti in cui crescono e il loro pubblico, rimangono appannaggio di una ristretta cerchia di appassionati. Proprio per questa ragione Milano Musica ha inaugurato ieri all’Alcatraz, inducendo i dotti contemporaneisti ad entrare nel tempio del pop e rock internazionale a Milano e richiamando i giovani frequentatori del locale all’ascolto di un’opera colta sorprendente. Si pensava fosse un’utopica speranza e, invece, centinaia di studenti giovanissimi sedevano accanto ai più âgée, che di Milano Musica se ne sono già fatti tanti. Quasi comica l’incredibile presenza di bagarini all’ingresso. D’altronde, questa era la promessa di eterogeneità implicita nell’essenza della grande opera in programma per la serata, An Index of Metals di Fausto Romitelli.
La maggior parte di coloro che il Novecento l’ha visto solo al suo tramontare (i giovani di cui sopra) è cresciuta con le chitarre distorte e i beat elettronici all’interno di un magma sonoro tanto ricco da consumare il significato stesso di imprevedibilità, di novità: gridare al miracolo è diventato così frequente che ai miracoli non ci crediamo più. Romitelli sapeva bene quanto fosse arduo sentire esclamare ancora il monito di Bataille «Impossibile, eppure reale!», a tal punto che gli unici sipari della meraviglia sembravano aprirsi negli show psichedelici degli anni Sessanta, nei rave party degli anni Novanta, lì dove la chiara percezione degli oggetti esterni aveva ceduto il primato al trauma interiore di un corpo sovraesposto all’incandescenza, al disordine, all’anamorfismo: bisogna cambiare la prospettiva sulle cose, mettersi in discussione e accettare l’idea che le rigide definizioni sono il frutto di uno sforzo linguistico e sociale che oggi dimostra tutta la sua fragilità, crollando irremediabilmente.
Sul palco dell’Alcatraz video (di Paolo Pachini) e musica partecipano ad un processo in cui una regia sapientemente studiata costruisce con cura una lunga catabasi, dalla citazione in incipit di Shine on You Crazy Diamond dei Pink Floyd– sul cui campione in loop entrano progressivamente tutti i musicisti – sino all’esaltato rapimento della Cadenza finale sulla quale chitarra e basso, come in un acid test, scaricano l’adrenalina accumulata durante l’esecuzione. L’Ictus Ensemble, diretto da Georges-Elie Octors, bravissimi nell’interpretazione dell’opera, sorprende un pubblico che, nel costante affastellarsi di glissandi, perde la percezione precisa dei timbri che si accavallano e trascolorano l’uno nell’altro. Sui versi di Kenka Lekovich, Donatienne Michel-Dansac alterna voce impostata ed emissioni libere e distorte, come se fosse una maudit del rock. Sul finale, le luci si spengono progressivamente e tutti gli applausi di un pubblico entusiasta trattengono ancora a lungo i musicisti sul palcoscenico.
La seconda parte della serata è dominata da Mika Vainio, membro dei Pan Sonic, duo noise elettronico citato da Romitelli negli intermezzi tra una sezione e l’altra della sua video-opera. Vainio ha acquisito uno stile che, oramai lontano dai rumori acidi e dai ritmi nervosi del duo che l’ha reso famoso, obbedisce a un principio di ordine e pulizia del suono più vicino al sound design che alla composizione. In Cluster (per Demetrio Stratos), Massimiliano Viel rende degno omaggio in forma elettronica alle abilità vocali del rimpianto leader degli Area, campionato e processato in un’opera che coinvolge occhi e orecchie.
La performance audiovisiva degli Otolab, più adatta ad un pubblico di programmatori e appassionati di interaction design, avrebbe trovato migliore collocazione in uno spazio più ristretto in cui i contributi visivi e sonori avrebbero dominato interamente lo spazio percettivo del pubblico. Eclettica e sorprendente, l’inaugurazione di Milano Musica 2014: ottime premesse per questa stagione dedicata a Fausto Romitelli. Scriveva il compositore, riferendosi a se stesso: «il virus se ne sta quieto e sognante nel corpo che vorrebbe distruggere, aspettando tempi migliori». L’augurio è che, a dieci anni dalla sua scomparsa, i tempi migliori siano, infine, giunti.