Trentasette appuntamenti fino a settembre per il festival milanese (ma non solo) ideato dal Divertimento Ensemble di Sandro Gorli. Compositore in residence Daniele Ghisi
di Livio Giuliano
NUMEROSISSIMI GLI APPUNTAMENTI di Rondò 2015, la stagione di musica contemporanea a cura del Divertimento Ensemble, diretto da Sandro Gorli. Oltre all’ascolto di buona musica – ampia attenzione è rivolta ai giovani compositori – la proposta comprende anche appuntamenti di tipo formativo e didattico (approfondimenti, concorsi, workshop, tavole rotonde, laboratori per bambini) che insieme ai concerti (trentasette in cartellone fino al 17 settembre) costituiscono una delle programmazioni più ricche e interessanti di Milano e non solo: sette concerti in Monferrato ed altri appuntamenti a Bobbio. Inoltre il rilievo europeo di Rondò è amplificato dalla partnership di Divertimento Ensemble con Ulisses, network di realtà internazionali coordinate dall’Ircam.
Mercoledì 21 febbraio, all’auditorium San Fedele si è tenuta l’inaugurazione della stagione. Apprezzato il livello esecutivo dell’ensemble: una scaletta che ha privilegiato le opere di due giovani compositori, affiancate da due pezzi di Salvatore Sciarrino e Beat Furrer.
Due giovani nomi, dunque: Matteo Franceschini e Daniele Ghisi (compositore in residenza presso l’istituzione), l’uno di formazione milanese, l’altro bergamasca, hanno proposto al pubblico di Rondò due opere in cui la voce e – soprattutto – la parola, con il peso del significato che porta con sé, facevano da padrone. E da padrona ha fatto anche Laura Catrani, soprano interprete di entrambi i pezzi.
Le Bechete (2009), per voce sola, di Franceschini, sono un divertente omaggio alla vitalità e all’esuberanza dell’arte combinatoria, orgoglio italiano, della cucina: la voce della Catrani si riversa agilmente tra una parola e l’altra di un testo cinquecentesco di cucina trentina e, interpretando il ruolo della cuoca, mescola, impasta ed inforna il materiale sonoro che riproduce insieme l’atto e gli ingredienti del piatto in preparazione. Un pezzo rapido e coinvolgente, adatto alla duttilità della voce del soprano, in cui emerge, soddisfando tutti, l’ironia, carattere che la composizione degli ultimi decenni sembra aver dimenticato.
È stato questo uno dei temi affrontati, prima del concerto, durante l’intervista del maestro Alessandro Solbiati ai due giovani compositori: Franceschini e Ghisi hanno esibito al pubblico, prima dei contenuti, certe sfumature di carattere delle quali i pezzi eseguiti sono apparsi validi campioni. Abito casual (giacca e jeans), capello curato con un tocco pesante di gel, modi spigliati e loquacità espressiva si traducono nel pezzo per voce sola di Franceschini in ammiccante umorismo e studiato allontanamento da qualsivoglia tema universale, metafisico o morale, per cedere il primato in maniera irriverente – à la Pretronius – a dettagli molto più terreni: il mondano piacere della tavola, la cura teatrale nella prescrizione dei gesti del cuoco, il vezzo nell’uso del grembiule e del mestolo durante la performance.
Le apparenze molto più inquadrate di Daniele Ghisi – giusto un pantalone e una maglia nelle tonalità del marrone – tradiscono nella voce pacata, talvolta interrotta, una vibrante sensibilità: ama i lieder di Schubert, non dimentica la musica pop e rock – è ancora calda l’influenza di Romitelli – ed è attento alle forme espressive della contemporaneità, nutrendo ammirazione, ma cercando di instaurare una distanza, nei confronti dei padri del Novecento. Nel suo Abroad (2011), per voce, ensemble ed elettronica, emerge la doppia influenza, classica e contemporanea, nella resa sonora delle liriche inglesi di Fernando Pessoa: se è sembrata troppo didascalica la preferenza per l’acustico dove la poesia si attiene a una metrica più tradizionale, e quella per l’elettronica, dove invece il testo è una semplice disordinata “iscrizione”, sicuramente è stato d’impatto il costante contrasto che Ghisi ha mantenuto tra la musica dell’ensemble, voce compresa, e l’apparato elettronico gestito in live dal banco di regia e coadiuvato dall’acusmonium dell’auditorium: tutto ciò ha costruito in modo soprendente un ambiente scomodo e in perpetua tensione per la performance e per un testo poetico sommesso e malinconico ma icastico ed incisivo. Nei versi di I conquered. Far barbarians hear my name, nelle parole che recitano la sconfitta di un vincitore – «I threw dice, Fate the sum» – si compie il miracolo dell’incontro tra i due elementi e la voce elettronica e riverberata di un pianoforte proveniente dagli altoparlanti allude a una melodia di Schubert riecheggiata dallo strumento reale sul palcoscenico.
Hanno chiuso la serata dopo un intervallo Fauno che fischia a un merlo (1980), un tenue dialogo tra flauto e arpa, un piccolo quadretto allegorico di Salvatore Sciarrino, e Linea dell’orizzonte (2012), per ensemble, di Beat Furrer, in cui i gesti interrotti, i glissandi spezzati, gli accordi sincopati sembrano riprodurre i contorni distorti dell’oggetto al titolo. Attenuano l’attenzione del pubblico questi ultimi due pezzi che, pur essendo belle pagine di firme importanti, sospendono il discorso avviato in precedenza dai due giovani compositori.
L’esecuzione del Divertimento Ensemble, diretto da Sandro Gorli, pulita, sanguigna e versatile ai vari stili dei pezzi in programma inaugura così Rondò 2015 con l’intento – sempre più difficile, quanto necessario da perseguire – di mantenere sveglia l’attenzione della cittadinanza nei confronti delle nuove tendenze della musica colta.