Al Teatro Olimpico, per le Settimane Musicali, un Don Giovanni programmaticamente costruito per demolire il mito “incarnato” in una certa tradizione esecutiva. La regìa è di Lorenzo Regazzo, la direzione musicale di Giovanni Battista Rigon | Clip video
di Cesare Galla
«TUTTI CONOSCONO QUELLA CATTIVA RAPPRESENTAZIONE spagnuola, dagli italiani chiamata Il Convitato di Pietra e dai francesi Le Festin de Pierre. Io l’ho sempre riguardata con orrore, né ho mai potuto intendere come questa farsa si sia sostenuta per sì lungo tempo, abbia richiamato in folla gli spettatori e fatto la delizia di un paese colto». Così nei Mémoirs Carlo Goldoni, riandando al momento in cui anch’egli non aveva potuto esimersi dall’affrontare il “soggetto” che andava per la maggiore nel XVIII secolo: la terribile storia di uno spregiatore di Dio e degli uomini di nome Don Giovanni, cavaliere “estremamente licenzioso”, portatore di una forsennata hybris, la tracotanza dentro alla quale andava germogliando il seme di uno dei grandi miti della modernità: quello dell’uomo che sfida il Cielo e ne viene punito ma non piegato, per quanto trascinato vivo all’Inferno dalla statua dell’uomo che ha assassinato.
Don Giovanni è un giovane coatto e discotecaro, dedito alla cocaina e ai programmi spazzatura in Tv, compiaciuto dal suo gesticolare inconsulto un po’ alla Tony Manero (e qui siamo agli albori del postmoderno), soprattutto dominato da un narcisismo grottesco
Mentre Goldoni provava senza successo a ricondurre la favola a una dimensione razionale (Don Giovanni Tenorio, 1735), il soggetto impazzava nella sua versione paranormale sulle scene di tutta Europa da un secolo almeno. Di lì ad altri cinquant’anni, Mozart e Da Ponte avrebbero definitivamente sancito il suo ingresso nel mito, stabilendo nella loro opera perfetta (nella quale, perciò, è arduo se non impossibile tracciare confini di genere) l’impossibilità di un giudizio etico definitivo. Don Giovanni assurge quindi, nella sua negatività, a una dimensione grandiosa, assoluta nel senso etimologico del termine, ovvero slegata dal senso esteriore della storia, solo apparentemente chiarito, ma in realtà sospeso e misterioso.
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