Cronaca della rassegna musicale organizzata dal capoluogo piemontese, seguitissima anche quest’anno. Propone molta varietà e coinvolge un largo pubblico
di Attilio Piovano foto © PiùLuce
SEI GIORNI DI GRANDE MUSICA, nel salotto buono di Torino, l’aristocratica e capiente piazza San Carlo, da martedì 23 a domenica 28 giugno 2015: per il Torino Classical Music Festival. Ed è stato un vero trionfo di pubblico. Grazie a programmi accattivanti e di grande impatto, grazie alla totale gratuità della manifestazione aperta a tutta la cittadinanza. E la cittadinanza ancora una volta ha risposto, eccome: sicché anche quest’anno i numeri sono stati elevatissimi, con oltre centoventimila presenze. E fa piacere che così grandi numeri siano riferiti a musica d’arte, ovvero colta o classica che dir si voglia. Vedere la grande piazza che ha ospitato il Jazz Festival, che aveva richiamato grandi folle per la partita Juventus-Barcellona ora assiepata per Bizet e Stravinskij, Mendelssohn e Musorgskij e via elencando. Ecco: fa un bell’effetto e allarga il cuore a quanti amano la musica.
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Nelle passate stagioni c’era stata l’integrale delle sinfonie e dei concerti beethoveniani, poi una full immersion mozartiana, grandi nomi, solisti di vaglia. Risultato a dir poco strepitoso e allora ecco che l’amministrazione comunale, per questa edizione che viene a coincidere con gli eventi legati a Expo 2015, ha pensato a un cartellone non più monografico, bensì variegato, nel tentativo di catturare ancor più fasce dissimili di pubblico. «Sono a Torino per gli esami al Politecnoico in questi giorni, abito a Biella – ci dice Francesca, assiepata tra i molti giovani che affollano tutte le sere piazza San Carlo – sono appassionata di classica e dunque mi fermo volentieri a sentire i concerti, una bella opportunità. E poi non costano nulla!» aggiunge con viva soddisfazione. Un pubblico variegato, giovani e meno giovani, famigliole con bambini e passeggini e persone anziane che non avendo trovato posto nel parterre con le sedie in plastica si sono portate da casa lo sgabello e prendono posto ai lati della piazza, pur di non rinunciare. «Non mi perderei per nulla questo appuntamento – dice Giovanni, impiegato di banca – sono qui tutte le sere, e così già gli scorsi anni». Habituées e neofiti, molti gli abbonati alle consuete stagioni invernali che non si lasciano sfuggire l’occasione di prolungare a fine giugno la consuetudine con la classica, in attesa di MiTo, il grande festival settembrino diffuso sull’intero territorio cittadino.
Qualcuno (pochi per la verità) con un filo di snobismo tutto subalpino non manca di rimarcare che «certo al Regio o al Lingotto l’acustica è un’altra cosa». Innegabile, ma non è certo questo il punto: Orchestra del Teatro Regio e Orchestra Sinfonica Nazionale Rai e così pure Orchestra Filarmonica di Torino sono ben note e apprezzate da migliaia di affezionati. Che le seguono e le applaudono da sempre in sala da concerto. Presentarsi in piazza a un pubblico assai più vasto non può che far bene alla cultura, non può che ampliare il potenziale bacino d’utenza. E gli organizzatori lo sanno bene, non a caso l’amministrazione comunale – lo avevano fatto notare in conferenza stampa il sindaco Fassino e l’assessore alla cultura Braccialarghe – punta da tempo a far di Torino una città dalla vasta offerta culturale. Una città dove la musica non è mai abbastanza e dove è un piacere ascoltarla, tutti insieme. In piazza.
L’esordio il 23 a partire dalle 22.15, addirittura con Carmen in una versione nell’adattamento di Marco Ravasini e in forma semi-scenica, protagonisti l’Orchestra e il Coro del Regio, e il Coro di Voci bianche di Regio e Conservatorio, sul podio Ryan Mac Adams, Ekaterina Semenchuk nei panni della bella e sensuale gitana e Andrea Carè nel ruolo del focoso Don José. Erika Grimaldi è la mite Micaela mentre Elia Fabbian veste i panni di Escamillo, il torero, oggetto di fantasie collettive, seduttore spregiudicato quanto aitante. «Quante emozioni!», confida Gabriella, taxista appassionata di opera, «sì, appassionata, ma Carmen, per quanto strano, dal vivo non l’avevo mai vista, e al Regio… costa non poco». «Anni fa con un’amica dovevamo andare all’Arena ma all’ultimo rinunciai, ora non potevo mancare!». E allora per una volta anziché recensire le serate con i consueti criteri è bello lasciar parlare la piazza, il pubblico. Un bambino di circa 10 anni segue affascinato col nasino all’insù e gli si legge negli occhi la gioia e l’emozione. E la sera del 24, questa volta alle 21, le emozioni si rinnovano. Dopo l’ideale gemellaggio di Francia e Spagna (con Carmen), ora è la volta della Germania (del resto Torino incontra Berlino è stato uno dei denominatori, tra i leitmotive di questo 2015), e si tratta dell’Orchestra Filarmonica di Torino che, diretta da Daniele Rustioni propone un aperitivo a base di Beethoven (Ouverture Coriolan op. 62), poi il mendelssohniano Concerto in re minore op. 64, violinista di lusso Francesca Dego e quindi l’amatissimo Concerto in la minore op. 54 di Schumann, pianista impeccabile Benedetto Lupo, poi a notte fonda tutti sulle rive del Po per gli immancabili e spettacolari fuochi che siglano la festa del patrono, San Giovanni Battista.
La Russia protagonista ideale del concerto di giovedì 25, con l’OSNRai diretta dal suo attuale direttore stabile Juraj Valcuha, l’Ouverture festiva op. 96 di Schostakovich, poi il monumentum dello stravinskijano Sacre («fa quasi spavento questa musica, che suoni terrificanti, incredibili e magnifici», dice Claudio, commerciante e di certo è la prima volta che l’ascolta in vita sua), per finire i Quadri da una esposizione di Musorgskij orchestrati dal geniale Ravel. Ed è una gioia, anche se l’effetto è un po’ straniante, percepire lo scampanio della Grande porta di Kiev con la quinta scenografica delle due chiese gemelle di Santa Cristina e San Carlo. «Chiudo gli occhi – dice una signora che non vuole rivelare il nome «non lo scriva, è un nome brutto, di altri tempi, non ha alcuna importanza» tra i più anziani abbonati Rai, ci tiene però a sottolineare – mi sembra di essere a San Pietroburgo e vedo le cupole a rapa degli ortodossi». Anche questo può fare la musica. Italia protagonista al sera del 26 con una antologica rossiniana (direttore Giampaolo Bisanti e Orchestra del Regio) ed è un trionfo di ritmi scoppiettanti e di trascinanti crescendo con le Sinfonie dal Turco in Italia, dall’inossidabile Barbiere di Siviglia, dalla Scala di seta, dalla Semiramide, dalla Gazza ladra, da Cenerentola e poi l’irresistibile galoppo del Guglielmo Tell, preceduto dai ranzes de vaches evocatori di una Svizzera alpina e immaginaria e – nuovamente – fa un certo effetto sentire tali pagine in una piazza barocca.
Il grande botto sabato 27, e ci si è portati sul versante USA, con pagine di Gershwin (An American in Paris, «ci sono i clakson come nei film di Stanlio e Ollio», sbotta un ragazzino, bonariamente zittito dai genitori), poi il serioso Adagio di Barber col suo immane crescendo come proteso sul vuoto, sull’abisso, e infine via con le policrome screziature ritmiche di West Side Story dell’indimenticabile Lennie: Bernstein, ça va sans dire. Non basta, il finale è nel segno della musica da film con Guerre stellari e la piazza si incendia letteralmente con Valcuha che brandisce una spada luminosa mentre dirige. Ancora Rustioni sul podio dell’OFT la sera del 28 per l’hommage all’Austria e la violoncellista Silvia Chiesa sul fronte di Haydn, poi il pianista Emanuele Arciuli sul versante del garbato ed elegantissimo K 271 (Jeunehomme) di Mozart. Ancora un trionfo di pubblico e un clima di festa generale che contagia tutti.
«Ma perché non farle anche in altre stagioni cose del genere»? si domanda Annamaria, infermiera. Perché a Torino solitamente fa freddo, proviamo ad obiettare, e perché comunque sia il tutto ha un costo non indifferente, obietterebbe la dirigenza dell’Assessorato alla cultura. «Ma sono soldi spesi bene» dice Giancarlo, bibliotecario «spesi molto, molto bene» gli fa eco Marco, operaio Telecom. «Non c’è YouTube che regga il confronto, sentire la musica dal vivo fa un sacco più effetto che sul cd o da internet! Mi creda. Scusi ma lei non ha detto che è un critico? E non le sa queste cose?» Come dargli torto. La chiamano classica, ma è sempre contemporanea: il motto del nostro corriere musicale. E il pubblico contemporaneo ama dunque ascoltare musica dal vivo. In piazza. Quantomeno a Torino. E non basta. Sulle rive del Po la sera del 30 giugno De Sono e Fondazione Giubergia propongono la doppia suite della händeliana Water Music, nata come si sa per un settecentesco corteo sul Tamigi. Torino come Londra. Due secoli dopo. E il Castello del Valentino progettato da Amedeo di Castellamonte a far da coreografica quinta, sull’altra riva.
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