Breve incontro con il compositore britannico, la cui rilettura o “ricomposizione” delle Quattro stagioni ha costituito un piccolo caso musicale
di Michele Manzotti foto © Yulia Mahr
SARANNO Le quattro stagioni ad aprire il Chigiana International Festival di Siena il 10 luglio. Ma non i quattro concerti di Antonio Vivaldi divisi in tre movimenti ciascuno ascoltati almeno una volta da milioni di persone. Il compositore tedesco Max Richter infatti nel 2012 decise di ricomporli secondo il suo stile legato all’esperienza della musica colta contemporanea. Vivaldi, The Four Seasons è il titolo del lavoro di Richter proposto dallo stesso autore e dall’Orchestra della Toscana al Teatro dei Rinnovati.
Come le è venuto in mente di rielaborare un pezzo che è tra i più conosciuti dell’intero repertorio classico?
«Si tratta di una composizione che mi ha sempre affascinato sin da quando ero ragazzo. Per la sua concezione, la melodia e la dinamica. Un capolavoro che con il passare del tempo ha perso la sacralità della esecuzione musicale per essere utilizzato sempre di più per sigle tv e spot pubblicitari. Per questo motivo ho voluto affrontarlo personalmente in una lettura attuale. Un’esperienza che permettesse di dargli nuova luce».
Nella sua rivisitazione qual è il ruolo dell’orchestra, che Vivaldi pone come protagonista?
«Se si legge la partitura, questa non coincide con quella di Antonio Vivaldi. All’orchestra però affido varie sezioni dell’originale eseguite in modo diverso: non sono Le quattro stagioni come sono conosciute da tutti ma ho fatto in modo che fossero ben riconoscibili. In pratica che restasse intatto il Dna del pezzo. Alla scrittura orchestrale ho poi aggiunto l’elettronica controllata dal computer e il moog».
Lei ha presentato il lavoro per la prima volta al Barbican di Londra e poi è arrivata l’incisione. Qual è stata la reazione del pubblico?
«Il pubblico ha accolto bene il lavoro, e questo di conseguenza ha portato alla registrazione del disco. Io penso che chi ha ascoltato il brano abbia capito la mia intenzione di rispettare la composizione originale».
C’è anche un altro pezzo da lei composto inserito nel programma di Siena, ce lo può introdurre?
«Si tratta della musica nata per un balletto commissionato dal Royal Ballet di Londra. Infra è una parola latina che significa sotto ed è ispirata agli attacchi terroristici che colpirono la metropolitana di Londra nel 2005. Una composizione dall’atmosfera cupa che contrasta con quella più luminosa delle Quattro stagioni».
Nel suo catalogo di compositore ci sono molti legami con altre arti e con le immagini. I suoi incontri professionali sono casuali o cerca appositamente una persona in base al tipo di progetto che ha in mente?
«Le mie collaborazioni nascono da un interesse principale, quello per persone che raccontano storie. Un regista lo fa, così come chi si occupa di arti figurative. Per questo mi occuperò nuovamente di musica da film, non prima di aver curato una nuova incisione e un’altra composizione per balletto».