All’Opera di Francoforte viene presentata la nuova messa in scena del dramma lirico Das kleine Mädchen mit den Schwefelhölzern del compositore tedesco. Qui la fiaba della piccola fiammiferaia di Andersen si incrocia con il destino della terrorista della Rote Armee Fraktion Gudrun Ensslin
di Maria Severini foto © Monika Rittershaus
VENERDÌ SERA ALL’OPERA DI FRANCOFORTE è stata ospitata per la prima volta la nuova messa in scena dell’opera di Helmut Lachenmann Das kleine Mädchen mit den Schwefelhölzern, la cui prima assoluta fu eseguita ad Amburgo nel gennaio del 1997. Il lavoro del compositore tedesco, definito da lui stesso “musica con immagini”, trova la sua ispirazione principale nella fiaba del 1845 di Hans Christian Andersen La piccola fiammiferaia.
Lachenmann reinterpreta la tragica storia della bambina che, non riuscendo a vendere fiammiferi, muore congelata dopo aver cercato di scaldarsi accendendone uno ad uno, e la intreccia con la storia della terrorista Gudrun Ensslin. La donna apparteneva alla Rote Armee Fraktion, uno dei gruppi terroristici tedeschi più noti di estrema sinistra degli anni Settanta, e morì in circostanze tuttora poco chiare nel 1997, presso il carcere di Stammheim, Stoccarda.
Lachenmann scompone la fiaba di Andersen in suoni e rumori: il fischio del vento, il crepitare del fuoco, lo sfregare dei fiammiferi. Lo stesso testo viene declamato, urlato, sussurato, “respirato”. A interpretare queste parole, tra le quali si trovano anche frammenti di riflessioni di Leonardo da Vinci e della stessa Gudrun Ensslin, sono voci conosciute: l’attore Michael Mendl e lo stesso Lachenmann. I musicisti invece sono disseminati nella sala e, circondando il pubblico, lo immergono nei loro suoni.
Il regista Benedikt von Peter ha voluto sul palco una piccola pedana sulla quale, per quasi tutto il tempo dell’opera, Michael Mendl accarezza e dà da mangiare a un porcellino d’india, come a visualizzare la solitudine e il “freddo” di cui soffre l’umanità, che può solo resistere al mondo, ma dal quale non vi può scappare – come d’altronde non potrebbe neanche un porcellino d’india.