Tra Milano e Torino numerosissimi gli appuntamenti musicali fino al 24 settembre. Grandiosa apertura con Bruckner e Mendelssohn
di Attilio Piovano foto © Mattia Boero
FESTOSA E AFFOLLATA APERTURA sul fronte torinese, per la nona edizione di MiTo Settembre Musica: al Lingotto, con Yuri Temirkanov – beniamino del pubblico – alla guida della sua orchestra, la blasonata Filarmonica di San Pietroburgo. Che a dire il vero, la sera di domenica 6 settembre 2015 ci è parsa non già appannata, però forse appena un poco meno smagliante del solito: verosimilmente giacché impegnata in parte su un territorio che non sembra esserle del tutto consono, al contrario degli autori russi in cui incondizionatamente eccelle. In programma Mendelssohn e Bruckner, il medesimo eseguito la sera innanzi alla Scala.
Della Quarta Sinfonia dell’organista di Linz (detta Romantica) Temirkanov ha fatto tutto il possibile per attenuare l’irrimediabile verbosità e certe palesi manchevolezze strutturali (c’è poco da fare, niente a che vedere con Settima e Ottava, non me ne vogliano i bruckneriani DOC). Sicché Temirkanov, fin dall’esordio, ha posto bene in luce quella continua alternanza di epos e toni da leggenda, con tanto di possenti appelli degli ottoni (dal sound invero molto wagneriano, con buona pace del mite Anton che narrandone evocò una città medievale all’alba), e passaggi invece alquanto più diafani e rarefatti con zone di delicato intenerimento: alternanza continua, oltremodo insistita e in questo, occorre ammetterlo, sta il fascino (ma anche il limite) della Romantica, che spesso rischia di risultare dispersiva per non dire francamente debordante. Se nel commovente Andante è possibile riconoscere forse la parte più toccante e sincera dell’intero edificio – e Temirkanov ha ben colto il carattere elegiaco, più ancora il tono struggente e malinconico di questo movimento (che pure non disdegna luminescenti accensioni) – nel celebre Scherzo dagli aitanti profili boscherecci, tutto fanfare di caccia e scalpiccio di cavalli, a conti fatti la pagina più riuscita, la Filarmonica di San Pietroburgo ha potuto brillare al meglio, in tutte le sue valide sezioni.

Da ultimo il vasto Finale dalle grandiose sì, ma anche un po’ pletoriche perorazioni in cui, ogni volta che la si riascolta, si ammira la lussureggiante strumentazione, restando però perplessi dinanzi ad alcune incoerenze formali e alla carente elaborazione tematica (in confronto ad un Brahms). Certo lo sfolgorio dei molti passaggi altisonanti e la scintillante allure di svariati fortissimi a piena orchestra impressionano, è innegabile, e alla fine gli applausi fioccano copiosi con effetto catartico. E Temirkanov, sornione e dinoccolato come sempre, gesto smagato, comunicativa e cordialità da vendere, alla fine concede il bis: dopo anni di Nimrod a dare la buonanotte, ora per congedarsi predilige, di Schubert, un’efficace trascrizione orchestrale del pianistico (e assai noto) Moment musical op. 94 n. 3 dai delicati pizzicati.
In prima parte di serata c’erano state le emozioni più intense con una davvero bella interpretazione dell’Italiana di Mendelssohn: capolavoro assoluto di genuina ispirazione, coi suoi pittoreschi profili. E allora: molta misura ed equilibrio nel disinvolto primo tempo, sciorinato senza eccessi dinamici, lungi dal piglio nevrotico di altri direttori; bene l’Andante con moto dai bei colori, come di presepe napoletano, con quel “passeggiato” barocco dei bassi, affrontato senza eccessiva lentezza. Molta fluidità e trasparenza poi nel terzo tempo (fiati non sempre impeccabili e immacolati), ma molo bene gli archi, e infine – unica ragionevole concessione a un che di plateale – il Saltarello staccato a velocità elevata sì da evidenziare l’effetto di tellurica danza mediterranea che ha reso celebre tale pagina. In sintesi: davvero una bella interpretazione, coerente e in crescendo, giustamente, col finale a strappare l’applauso anche ai più refrattari.