Slowind Quintet e Klangforum Wien per l’inaugurazione del Festival Internazionale di Musica Contemporanea di Venezia, da domani all’undici ottobre. Apertura con Ligeti e la prima esecuzione italiana dell’opera del compositore italo-spagnolo su versi di Edoardo Sanguineti, ispirati a Mantegna. Leone d’oro a Georges Aperghis
di Simeone Pozzini
IL SUONO DELLA MEMORIA è il titolo della 59a edizione del Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia, che propone da domani fino all’undici ottobre diciotto concerti con prime mondiali e sedici prime italiane con la direzione artistica di Ivan Fedele. Il Leone d’oro alla carriera sarà assegnato quest’anno al compositore franco-greco Georges Aperghis. Gli omaggi a Helmut Lachenmann, Giuseppe Sinopoli ed ai novant’anni di Pierre Boulez rappresentano un’altro dei filoni di spicco del Festival. Concerto pomeridiano d’apertura con Slowind Quintet, ensemble di fiati proveniente dalla Filarmonica Slovena. Eseguiranno i 10 pezzi per quintetto di fiati di Ligeti (1968).
Concerto serale con Klangforum Wien, diretto da Johannes Kalitzke, e la prima italiana di Parole di settembre del compositore italo-spagnolo Aureliano Cattaneo. L’opera ha avuto la sua prima esecuzione alla Konzerthaus di Vienna riscuotendo un grande successo di pubblico e di critica. Interpreti di quella prima esecuzione furono sempre i Klangforum (che tra l’altro potremo anche ascoltare a Parma il 4 ottobre al Festival Traittorie con un programma totalmente diverso). Un’analisi dettagliata di quest’opera è stata data la scorsa primavera in un seminario di composizione tenutosi presso il Conservatorio di Piacenza, organizzato dal compositore Carlo Alessandro Landini, che figura tra i docenti di Cattaneo. Prospettiva e colore sonoro, immagini e parole, filtri di linguaggi il cui inizio e fine è Mantegna sono le coordinate espressive di questa composizione, della quale abbiamo parlato con Aureliano Cattaneo.
Parole di settembre è un’opera complessa e dalla struttura estremamente articolata. I testi sono di Edoardo Sanguineti e in omaggio a Mantegna. Può raccontarci come si è sviluppata, nell’insieme, questa idea?
«Nel 2006 c’è stato il cinquecentenario della morte di Mantegna, celebrato con una grande mostra a Mantova. Per l’occasione Sanguineti aveva scritto un ciclo di poesie dedicate a Mantegna, cinque Haiku di quindici versi, con una poesia di introduzione ed un epilogo composto da due soli Haiku. Per questa mostra è stato fatto uno spettacolo, non saprei come chiamarlo diversamente, all’aria aperta, in Piazza delle Erbe, nel quale Sanguineti recitava le poesie ed io avevo fatto una installazione sonora con delle improvvisazioni al pianoforte. Dopo questa esperienza ho deciso di utilizzare le poesie in modo più articolato, e da lì è nata l’idea di fare un ciclo vocale. Ho utilizzato tutte le poesie, alcune in modo integrale, altre in modo parziale o addirittura utilizzando un montaggio dei versi di Sanguineti. Era una cosa che lasciava fare ai compositori che usavano i sui testi. Diceva: “Potete fare quello che volete, ma non cambiate una parola”. Ogni poesia è formata da cinque haiku. In realtà questo ciclo è molto vario nel testo, che tocca registri molto diversi, però a livello formale è molto uniforme, perché ogni poesia ha la stessa struttura».
Che tipo di contenuto testuale è stato quindi ricreato?
«Le poesie sono ispirate ai quadri di Mantegna, in alcuni momenti è quindi una descrizione ed una ricreazione dei quadri, una riscrittura. Infatti quello che mi interessava era questo passaggio dal linguaggio visivo alle parole alla musica. Quindi la mia relazione con il quadro di Mantegna passa attraverso il filtro di Sanguineti, per poi tornare all’installazione video, che è come tornare all’inizio; sono dei filtri successivi di linguaggi diversi nel legame dato dall’installazione video».
Quali sono le relazioni tra suoni e visioni?
«L’installazione video è fatta da due artisti, Arotin&Serghei. La base dell’installazione, la tematica, è la prospettiva. Quindi vedremo un grande quadrato bianco (alla prima rappresentazione nella Konzerthaus di Vienna era di dodici per dodici metri), su cui vengono proiettati live dei materiali che rispondono in tempo reale con il testo musicale. Non è un video “fisso”. È l’illusione di un cubo verso l’infinito. Su questo cubo, pensato forse come uno spazio teatrale, girano queste immagini che sono o ricreate o riprese da Mantegna e messe in relazione con il linguaggio visivo».
Una aderenza quindi al testo?
«A volte sì, ma non è sempre immediata. I testi di Sanguineti sono come sempre molto ironici, molto eccessivi».
Colori e forme. Come è organizzato il materiale compositivo?
«A livello formale è diviso in tre libri, eseguibili anche separatamente; il ciclo completo comprende anche tre parti vocali: ogni libro ha una propria voce, un organico ed una idea sonora diversa. Tendenzialmente si va verso il chiaro e lo scuro, ma non è un percorso così lineare. Due madrigali, all’inizio ed alla fine, ed una frottola in mezzo».