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« Uccidiamo il chiaro di luna », il Futurismo in scena a Torino

di Luciana Galliano
15 Ottobre 2015
in RECENSIONI
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Home RECENSIONI
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Il movimento d’inizio secolo scorso reinsediato nel suo ruolo di unica vera avanguardia italiana di rilievo internazionale. Lo spettacolo di Silvana Barbarini ripercorre i testi fonetici di Balla, i suoni degli intonarumori, il poema concreto di Marinetti, Zang zang tumb tumb, le danze euritmiche di Censi


di Luciana Galliano


UN VASTO COMPLESSO OTTOCENTESCO, un parco meraviglioso: era il manicomio di Collegno in provincia di Torino, ma negli anni Ottanta è stato chiuso, abbattuto il muro di cinta, e restituiti i grandi spazi all’uso civile – concerti, teatro, feste. Nel 2004 sono iniziati i lavori di restauro del grande padiglione costruito nel 1870-75 ad uso di lavanderia a vapore per il complesso psichiatrico. Una volta terminati i lavori, il padiglione è stato attrezzato e destinato al Centro Coreutico, ed ospita in questi giorni il Festival di Torino Danza del Teatro Stabile.

In questa bella cornice è stato presentato il riuscitissimo spettacolo futurista Uccidiamo il chiaro di luna, dovuto alla cooperazione con molti teatri e fondazioni guidata dalla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi di Milano. Questo implica che sul palcoscenico c’erano tredici ragazzi entusiasti, atleticissimi e bravissimi che, con guide autorevoli, hanno messo in scena uno degli spettacoli più sorridenti e colti della stagione. Il Futurismo, appunto, recuperato contro i vituperi antifascisti soprattutto dalla critica anglosassone, e reinsediato nel suo ruolo di unica vera avanguardia italiana di rilievo internazionale.

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Nel 1997 Silvana Barbarini, coreografa dello spettacolo, insegnante della Scuola Paolo Grassi, per iniziativa di Marinella Guatterini inizia a ripensare e riprendere il lavoro della sua insegnante, Giannina Censi, unica danzatrice futurista, interprete dell’aerodanza di Filippo Tommaso Marinetti – che dedicò un Manifesto anche alla danza futurista in cui prescrive ai danzatori di «preparare la fusione dell’uomo con la macchina». Durante lo spettacolo una ballerina ripropone le Danze Euritmiche (1930) della Censi indossando il “costume di alluminio” metà marino metà marziano che Prampolini e Marinetti avevano disegnato per lei. Naturalmente e fortunatamente c’è molta libertà nella ricostruzione dei gesti e dei movimenti, accanto ad una buona precisione nella riproduzione dei suoni, sotto la supervisione di un massimo esperto della musica futurista come Daniele Lombardi: le registrazioni delle voci di Marinetti e di altri futuristi, di orchestre futuriste, i testi fonetici di Balla, i suoni degli intonarumori e, creativo e stupendo, il coro (diretto da Emanuele De Cecchi) del poema concreto di Marinetti, Zang zang tumb tumb, con le parole roboanti cantate recitate e urlate dai tredici appassionati ragazzi.

Su tutto questo e nei tanti passi dei piedi nudi, i suoni delle mitragliatrici, delle bombe, degli spari e dei motori d’aereo, in una parola della guerra, oggetto della celebrazione estetica futurista. Attorno alla bomba Shrapnel, alla Mitragliatrice, all’Aeroplano (segnalati da bellicosi cartelli), si intrecciano tante scene a costruire una danza; inizialmente minimalista, di doppiopetti neri, gesti geometrici e mitragliare di talloni sul palco di legno, la scena si fa progressivamente più colorata,  sempre molto rigorosa, esigua e lineare ma resa viva da un ottimo gioco di luci e da alcuni divertenti costumi (il tutù rosso siamese, il cappello aeroplano) e oggetti (i panchetti sghembi, le cornici come getto di colore).

La venerazione delle macchine e la glorificazione di un presente tecnologico e bellicoso, l’immaginazione libera e l’amore per la polemica, la simultaneità sensoriale e la leggera e divertita ironia per ogni paludamento accademico o tradizionale, le donne disprezzate come angeli romantici ma protagoniste nello slancio verso un futuro nuovo e inedito. Tutti i temi del rivoluzionario pensiero futurista si sono dispiegati in scena davanti agli occhi degli spettatori attraverso la ricchezza inventiva dei gesti e la freschezza degli interpreti. Un successo e un vivo sentimento di divertita leggerezza che hanno largamente compensato, per tutti, della piovigginosa e autunnale serata nella cintura metropolitana.


Uccidiamo il chiaro di luna – Danze, voci e suoni del Futurismo italiano | 13 ottobre 2015 – Luciana Galliano


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Tags: Civica Scuola di Teatro Paolo GrassiDaniele LombardiEmanuele De CecchiFestival di Torino DanzaMarinella GuatteriniSilvana Barbarini
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Luciana Galliano

Luciana Galliano

Musicologa e studiosa di estetica musicale, ha coniugato un approfondito interesse per la musica contemporanea con una speciale attenzione alla musica contemporanea giapponese. Ha a lungo insegnato Antropologia Musicale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Ha collaborato con Luciano Berio per le ricerche musicologiche delle sue Norton Lectures (1993); collabora con le maggiori riviste musicologiche e con diverse istituzioni musicali tra cui CHIME (European Foundation for Chinese Music), i Festival MilanoMusica e MiTo, TextMusik. Responsabile della sezione musicale per il CESMEO (Istituto Internazionale di Studi Asiatici Avanzati), è corrispondente dall’Italia per alcune riviste musicologiche giapponesi. Ha partecipato ad innumerevoli convegni internazionali e tenuto conferenze in molte università italiane, giapponesi e americane. Ha pubblicato articoli su riviste scientifiche, contributi a volumi con Olschki, EdT, Guerini, Bärenreiter; i libri Yōgaku. Percorsi della musica giapponese nel Novecento (Cafoscarina 1998; ed. inglese: Yōgaku. Japanese Music in Twentieth Century, Scarecrow 2002); Musiche dell’Asia Orientale (Carocci 2004), The music of Jōji Yuasa (Cambridge Scholars Publ. 2011).

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