di Simeone Pozzini foto © Brescia&Amisano
Wozzeck di Alban Berg torna alla Scala con la regìa di Jürgen Flimm. Con questo allestimento (produzione del Teatro stesso, in scena nel 1997, nel 2000 e nel 2008) si sono alternati tre direttori del calibro di Giuseppe Sinopoli, James Conlon, Daniele Gatti. Nel segno di Flimm la carrellata di bacchette che con questo massimo capolavoro si sono cimentate prosegue ora con Ingo Metzmacher, la cui direzione è stata accolta dal pubblico della Scala con dieci minuti di ovazioni.
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Il clima che domina questo Wozzeck, sulla cui regìa e allestimento molto è stato detto, sembra continuare a mantenere negli anni un appeal che conquista il pubblico. L’impostazione prevede una scena ad impianto fisso con tre a pannelli a vela, scenario per tutti i luoghi del dramma di Büchner (dal quale Berg rimase conquistato), ad esempio l’osteria, la scena del lago, la strada davanti alla porta di casa di Marie, i giardini e così via: niente di tutto questo. Un clima metafisico unito ad un sapore vagamente austro-ungarico, la staticità dei luoghi che sembra evocare la poetica di De Chirico, diventano lo sfondo per un’azione che è riproposta come flusso unico.
Jürgen Flimm è un profondo conoscitore dell’opera di Büchner, con la quale dichiara di avere un «rapporto privilegiato, di amore e di frequentazione approfondita». Viene da chiedersi tuttavia (questione delle questioni) se la scelta di Flimm si discosti troppo da alcuni parametri che Berg nella sua Conferenza su Wozzeck e nelle Istruzioni pratiche per lo studio di Wozzeck aveva indicato, da realizzare, è vero, seppur con tanti margini di libertà, «con tutta la chiarezza possibile». Ad esempio la rappresentazione scenica di alcuni fenomeni naturali (il sole, l’acqua dello stagno). Wozzeck, il cui scopo formale era dimostrare che il nuovo linguaggio ideato da Schönberg potesse adeguarsi anche alle grandi forme, mirava a quella necessità di coerenza totale di cui la rappresentazione scenica avrebbe dovuto far parte.
Esibizione eccellente per l’Orchestra della Scala magistralmente diretta da Ingo Metzmacher. Particolarmente efficaci le prove di Michael Volle (Wozzeck) e di Ricarda Merbeth (Marie). Magnifica la prova di Wolfgang Ablinger-Sperrhacke come Hauptmann, all’interno di un cast complessivo di rilievo.
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