Tra le recite d’opera hanno avuto luogo serate con rarità verdiane e grandi interpreti, dalle voci sovrane di Kunde, Pertusi e Pratt alla favolosa bacchetta di Bignamini
di Francesco Lora
UN MESE FITTO DI SPETTACOLI ed esiti posti agli estremi: al Festival Verdi del Teatro Regio di Parma, appena concluso, tutti e tre gli allestimenti operistici hanno lasciato un segno flebile, da un Otello inaugurale nato sotto maligna stella a un Rigoletto fatto con i giovani e rimasto senza alcuna pretesa, passando per un Corsaro dove il migliore era un tenore sostituto, Bruno Ribeiro, catapultato in scena all’ultimo momento. Nondimeno, in ottobre il festival parmigiano ha dettato legge in fatto di musica, soprattutto attraverso un ricco novero di concerti, sorta di summa della lettura verdiana dove manchi Riccardo Muti. Si è già riferito, in queste pagine, della memorabile serata beethoveniana e verdiana con Antonio Pappano alla testa dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Ma le vie della grande interpretazione, al Regio, si sono moltiplicate nei giorni circostanti.
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