di Luca Chierici
L’understatement sembra essere il filo conduttore che lega la presenza di alcuni direttori che si ascoltano alla Scala in questo periodo, alla testa delle formazioni orchestrali da loro plasmate nel corso di lunghi anni di lavoro comune. È accaduto giorni fa con Fischer e l’Orchestra di Budapest ed è stata la volta ieri sera di Mariss Jansons e dei musicisti dell’orchestra della Radio bavarese, che hanno offerto una esecuzione di straordinario livello della settima sinfonia di Šostakovič, molto lontana dalle asperità e crudezze di toni cui siamo abituati attraverso l’ascolto di interpretazioni molto note.
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Grandi musicisti sovietici, da Prokof’ev a Šostakovič, accolsero con sentimenti discordanti le esecuzioni e le incisioni discografiche provenienti dagli Stati Uniti e diffuse come si poteva nei difficilissimi anni della seconda guerra mondiale. Il primo salutò con entusiasmo la registrazione della propria settima sonata per pianoforte da parte di Vladimir Horowitz; il secondo non gradì affatto la lettura della settima sinfonia da parte di Toscanini, accolta propagandisticamente come inno alla liberazione della Russia dall’invasione nazista ed eseguita puntando sull’inflessibilità ritmica e sui toni accesi della famosa “marcia variata” presente nel primo movimento. Jansons e il suono bellissimo della sua orchestra ci hanno fatto dimenticare quella impostazione barricadiera restituendo alla Sinfonia il lirismo di una vena creativa che sottintende significati mai troppo esplorati nel caso di un musicista che visse un rapporto così conflittuale con il regime staliniano.
Jansons non ha un gesto memorabile per efficacia e appeal visivo ma riesce evidentemente, attraverso un meticoloso lavoro di concertazione, a cavare dal suo strumento qualsiasi preziosa sfumatura e allo stesso tempo a garantire una continuità di pensiero, una integrità di lettura davvero ammirevoli. Aiutato da un suono intenso e di qualità eccezionale (gli unisoni rapidi degli archi !) e dalla bravura delle singole parti principali. Grande successo, quasi inaspettato da parte del direttore, che nonostante le numerose chiamate non ha voluto concedere un bis, forse nella più che saggia convinzione di non potere aggiungere nulla dopo avere tradotto in suoni l’impressionante partitura in programma.
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