Il concerto si è tenuto per il 500° della Riforma luterana e non poteva che aprirsi nel segno del sommo Bach
di Attilio Piovano foto © Werner Kmetitsch
Un concerto volto a celebrare il cinquecentesimo della Confessione Augustana, o più propriamente della Riforma protestante, non poteva che aprirsi nel segno del sommo Bach, il Kantor lipsiense, il luterano per antonomasia: il musicista la cui produzione sarebbe del tutto incomprensibile se per assurdo si prescindesse, ovvero si astraesse capziosamente dalla sua fede, anche laddove non si tratti di lavori sacri in senso stretto. Ecco dunque che ad inaugurare la serata, lunedì 6 febbraio 2017, al Regio di Torino – protagonisti la Filarmonica del Regio e la bacchetta di lusso di Yutaka Sado per la stagione dei Concerti della Fondazione lirica (in collaborazione con la Comunità Evangelica Luterana di Torino) – non c’era modo migliore che offrire all’ascolto il Ricercare a sei voci dalla bachiana Offerta Musicale BWV 1079, nella magistrale orchestrazione del novecentesco Anton Webern. Una raffinata lezione di stile, quella condotta dal più lirico tra i padri della dodecafonia, un’apodittica ‘lettura’ analitica mediante la messa in gioco di timbri puri che evidenziano al meglio la struttura contrappuntistica di questa pagina: informata ad una rigorosa saldezza formale, seduce per la bellezza siderale non meno che per il vertiginoso impianto architettonico.
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Yutaka Sado ne ha ben colto l’esprit, affrontando con la giusta concentrazione l’austera e pur fascinosa partitura, evitando peraltro l’eccessiva lentezza di altri direttori, puntando al contrario su una certa qual scioltezza che l’ha resa scorrevole e vivida, con tanto di solenne apoteosi: potendo contare sulla compagine della Filarmonica in ottima forma e, soprattutto, sulle sue prime parti che qui – ça va sans dire – giocano un ruolo di assoluto rilievo.
E ancora, in un concerto espressamente concepito per celebrare (in musica) la figura di Lutero e il suo ruolo storico, non poteva mancare la mendelssohniana Quinta Sinfonia, l’op. 107 in re minore detta ‘La Riforma’ in quanto concepita nel 1830 dal giovanissimo autore del Sogno di una notte di mezza estate per l’allora 300° della Riforma. Yutaka Sado è direttore colto e cordiale, dal gesto singolarmente preciso, nitido, esuberante e comunicativo, e pur tuttavia sempre misurato, mai fine a se stesso, del tutto lontano da compiacimenti edonistici, costantemente finalizzato al risultato sonoro. E si sente. Non a caso la sua lettura della Riforma ha convinto appieno fin dai primi istanti, vale a dire fin dall’iniziale Andante che si apre salmodiando con la citazione del toccante Amen di Dresda. Poi via con l’aitante Allegro, dalle infuocate atmosfere e dalle vulcaniche accensioni, striato di passaggi fugati che la Filarmonica ha disimpegnato con disciplinata precisione. Quindi lo Scherzo, mercuriale e fantasmagorico, l’oasi del dolce Andante centrale, quasi Romanza senza parole trasposta in orchestra. Da ultimo il flauto solista (il sempre ottimo Federico Giarbella) che ha dato il la al corale Ein’ feste Burg destinato a trionfare in tutto il suo giubilante ed assertivo nitore. Ovazioni e applausi scanditi hanno salutato questa limpida interpretazione, apprezzata da un pubblico folto quanto compunto.
A centro serata campeggiava piacevolmente la haydniana Sinfonia n° 93 del 1791: ed è stata una vera gioia ascoltarla, soprattutto dacché il musicista di Rohrau, purtroppo, lo si constata con disappunto, è sempre meno presente nella programmazione sinfonica delle principali istituzioni. E qui Sado ha superato se stesso nel cogliere con mano lieve e bonaria ironia tutte le arguzie di cui è costellata la scintillante Sinfonia, dall’Allegro iniziale al brillante Presto conclusivo; passando per un amabile Largo tutto arcadiche atmosfere che pare la prova generale della beethoveniana ‘Pastorale’ ed un grazioso Minuetto, improntato a saporosa bonomia ed intercalato di sonori rintocchi dei timpani (l’applaudito Ranieri Paluselli) e sfavillanti, quasi militareschi appelli degli ottoni.
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