Pubblico delle grandi occasioni, formazione in gran spolvero e un vero e proprio trionfo, la sera di sabato 31 agosto 2024, a Stresa per il concerto della Royal Concertgebouw Orchestra diretta dal fuoriclasse Myung-Whun Chung, reduce dai fasti di Lucerna la sera prima: non tornava a Stresa da trentasei anni.
Che si sarebbe trattato di una serata memorabile losi è compreso fin dalle prima battute della weberiana Ouverture dal Franco cacciatore, affrontata con un’intensità e soprattutto con un’appropriatezza di stile davvero affascinanti. E allora ecco il clima misterioso dell’esordio, messo perfettamente a fuoco: il mistero della notte e del soprannaturale, l’evocazione delle sinistre, inquietanti presenze demoniache e altro ancora, poi le accensioni, i barbagli e l’incandescente epilogo in cui la blasonata e ultra centenaria formazione ha subito messo in mostra le proprie peculiarità, facendosi apprezzare in tutte le sue sezioni. Chung dirige con una souplesse e, al tempo stesso, una precisione davvero incredibili, del resto il pubblico questo lo sa e lo apprezza da decenni. La musica sotto la sua bacchetta fluisce con una naturalezza che ha dello straordinario. Si aggiunga il dato (non secondario) di un’acustica sensibilmente migliorata, quella dello Stresa Festival Hall, con aggiunta di specchi acustici, legno alle pareti, una nuova pavimentazione e altro ancora, ed è facile comprendere il delirio di applausi già in apertura di serata.
Trionfo poi confermato dall’esecuzione della monumentale Quarta di Brahms alla quale Chung ha conferito il colore appropriato, staccando tempi ‘giusti’ e curando ogni minimo dettaglio, senza mai perdere, peraltro, la visione d’insieme. E allora, quanta struggente malinconia nell’emblematico attacco di tale capolavoro, quanta cura nel cesellare le singole frasi e nel porre in luce anche minimi dettagli dell’orchestrazione. Poi il miracolo dell’Andante dal colore a tratti modale. Chung ne ha distillato l’essenza come pochi altri sanno fare, potendo contare, pare quasi superfluo rimarcarlo, su una compagine di straordinaria bravura. Che gioia poi le esuberanti atmosfere del terzo tempo e da ultimo il monumentum della conclusiva Ciaccona, in cui austerità e maestria compositiva si fanno ammirare ad ogni istante, beninteso se a dirigere ed a dipanare con abilità c’è un direttore del calibro di Chung e se ci si trova al cospetto di una formazione con archi dalla pasta fluida e morbida, capaci di vigorose impennate ed anche di delicati pianissimi, con fiati dalla precisione quasi assoluta (appena qua e là qualche impercettibile sbavatura degli ottoni) e via elencando. Applausi vivissimi, una vera e propria standing ovation alla quale Chung e orchestra volentieri hanno risposto con una esecuzione al fulmicotone della più nota delle brahmsiane Danze ungheresi: esecuzione eccitata e sobria, nel contempo, lontana da certe esibizionistiche dimostrazioni di virtuosismo, senza forzature né dinamiche né agogiche, eppure con una trascinante verve che raramente è dato incontrare, insomma un’esecuzione di gran classe, estremamente equilibrata e convincente appieno. Un vero trionfo, una lezione di stile.
A centro serata il Quarto Concerto pianistico di Beethoven. A interpretarlo avrebbe dovuto esserci il sommo András Schiff che, purtroppo, ha dovuto dare forfait per ragioni di salute. A sostituirlo il giovane e ormai affermato pianista sud coreano Seong-Jin Cho: trentenne, già ospite in un paio di passate edizioni dello StresaFestival, quando era una promessa in piena ascesa; ora rivela una maturità interpretativa ed una sensibilità davvero rare. Già l’esordio del Concerto con quel suo specifico colore ambrato ha conquistato per la delicatezza e morbidezza del tocco; poi quanta scioltezza nei passi di bravura, mai esibita, senza quella fastidiosa ostentazione che caratterizza spesso non pochi altri giovani, quanta levigata bellezza di suono nei passi iridescenti, e quanta introspezione quante sfumature, e pazienza se le gluckiane Furie sono apparse un poco annacquate e prive di reale vigore. Per non dire poi del finale Rondò affrontato con arguzia e verve. Indimenticabile. Applausi scroscianti e un meritatissimo successo al quale il pianista ha risposto con uno schubertiano Momento musicale, quello in fa minore (per la precisione l’op. 94 n. 3 ovvero D 780), completamente ‘re-iventato’: una leggerezza di tocco incredibile, un’eleganza sopraffina, una capacità di ‘pesare’ ogni singola nota e altro ancora. Ammirevole.
Dei restanti concerti di questa edizione 2024 dello Stresa Festival, dopo la serata inaugurale con un programma haydnian-vivaldiano a cura del Giardino Armonico, merita segnala il grande successo della performance della Compagnie La Tempête sul versante monteverdiano; e si trattava del Vespro della Beata Vergine, sublime capolavoro, ammirato non solamente dai barocchisti doc e dai fan dell’antico, ma altresì dal pubblico più eterogeneo.
Di spicco poi anche la serata che ha visto protagonisti il violoncellista Mario Brunello – direttore artistico dello StresaFestival – e il coreografo Virgilio Sieni, proiettati verso un omaggio al compianto Ezio Bosso. Musiche di Cage e Bach, Pärt, Messiaen e dello stesso Bosso, grazie ad un pool di artisti ad affiancare Brunello. Un cenno merita il concerto del Norrlands Nations Kammarkör, la sera del 30 agosto presso la Chiesa di Sant’Ambrogio, musiche di Bruckner, Bach, Brahms, Wagner, Mahler ed una smazzata di autori specie nordici. Infine successo per il giovane e già affermato Trio Chagall il 1° settembre (Haydn, Weinberg e Mendelssohn).