PERLE DI VETRO
di Giovanni Albini
OSLO. Sto assistendo a Bach for Barn, ‘Bach per bambini’, evento dell’Oslo International Church Music Festival, e inizio a scrivere queste righe. Non capisco una sola parola – la recitazione è tutta in norvegese – tuttavia la colorata mimica di Liv Marie Skaare Baden, l’attrice che con la sua fantasiosa comicità occupa la scena, riesce subito a coinvolgermi. E i bambini, numerosi e di ogni età, ora ridono divertiti, ora ammutoliscono estasiati al monumentale suono dell’organo ed ai pizzicati del clavicembalo (suonato da Kåre Nordstoga). Sono molte le famiglie che hanno partecipato con entusiasmo a questo spettacolo e una domanda mi sorge allora spontanea: perché insegnare Bach ai nostri figli?
Vorrei provare ad azzardare qualche possibile risposta.
La mia prima risposta è questa: 1) perché la musica di Bach è di immediata comunicazione eppure di profondi contenuti. Per dirla con Calvino, ogni pagina di Bach è un classico perché «d’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima». E nel bombardamento quotidiano di informazioni effimere, vuote e gridate a cui siamo costantemente sottoposti, la musica di Bach può educare a vedere oltre la superficie delle cose, ad approfondirle, a conoscerle.
Credo inoltre che sia importante insegnare Bach ai nostri figli 2) perché la musica di Bach è una perfetta sintesi tra innovazione e tradizione. E in quanto tale il suo studio aiuta a comprendere come forse dovremmo intendere la tradizione: una radice che è parte dell’albero e nell’albero continua sostenendolo, accompagnandolo. Così che loro, i nostri figli, possano guardare al passato non come ad una catena da cui liberarsi, ma piuttosto come ad una costante occasione da cui attingere sempre nuova energia per le loro idee e per il loro futuro.
3) Perché la musica di Bach comunica il senso del sacro, secondo il significato etimologico del termine. Quel luogo altro in cui il mondo si specchia e si rifugia che è il luogo delle arti e delle religioni, degli spazi più intimi della nostra coscienza, di ciò che ancora non si conosce e di ciò che non si potrà mai totalmente afferrare. Che nella sua alterità e diversità sfugge e ci attira, è presente eppure assente. E senza l’attenzione e il rispetto per ciò che è sacro è mia opinione che vengano meno i fondamentali presupposti di un vivere dignitoso, consapevole e civile.
Insegnare la musica di Bach è importante 4) perché educa al necessario equilibrio tra regole e deroghe. L’eccezione nella musica di Bach non è mai un capriccio, risponde a precise necessità formali ed espressive, ad un progetto più ampio. Ha sempre una ragione d’essere, ed è anzi qualcosa capace di infondere ulteriore organicità, calore e arte ai sistemi e alle forme del linguaggio musicale. E l’estetica bachiana mi appare allora come un’esemplare opportunità di educazione etica. Educa a rispettare le regole e al tempo stesso ad ammettere le deroghe: queste ultime non come momenti di evasione, ma come espressione della complessità delle vicende umane. Vicende che a volte conducono a scelte che non si possono inquadrare in leggi, norme e precetti.
5) Perché è un esempio di dedizione disinteressata e costante, lontana dalle mode e dall’ambizione avida. E perché quindi può contribuire ad insegnare ai nostri figli a motivare le loro scelte con il cuore e a non lasciarsi ingannare da falsi miti. Per vivere degnamente e appassionatamente.
Infine 6) perché educare alle molteplici alchimie della bellezza significa educare al rispetto dell’altro. Insegna a conoscere prima di esprimere un’opinione. Educa al confronto.
Qui mi fermo.
Lo spettacolo sta per concludersi e devo affrettarmi verso un altro evento. Mi accorgo che le mie risposte sono tutt’altro che complete. Ma credo che bastino per questa esile perla di vetro. E ora la mia curiosità è rivolta alle risposte di chi legge queste poche righe. Sarei felice di conoscerle.
Io penso che l’autore di questo articolo sia un illuminato. Grazie davvero.
Dopo aver letto l’articolo, sono tornata a consultare il curriculum dell’autore, credendo di aver capito male l’età: eppure no, nato nel 1982… Mi sono stupita, non perché a trent’anni non si possano capire e dire certe cose, ma perché in “questo” tempo accade assai raramente in un giovane, e sempre meno anche in adulti e anziani. Interessantissimo tutto, ma mi soffermo sul 3° punto. Il “senso del sacro” è il grande assente della musica religiosa postconciliare, ed è questo che ha devastato la liturgia. Con i piedi ancorati a terra, non si può volare: e quale motivo c’è, di stare in una chiesa, se non per elevarsi e attingere all’alterità del Mistero? Bach ci introduce, ci immerge nel rapporto con Dio, ci permette di balbettare o far fluire un linguaggio degno dell’impresa. Il mondo cristiano l’ha quasi dimenticato… Grazie per avercelo ricordato.
Ciao Giovanni.
Ti ringrazio per questo tuo articolo. I punti che esponi sono tutti condivisibili, e mi ha colpito in particolare l’acutezza del 3° punto, ma anche l’inteligenza del 4°.
Bach è un patrimonio umano irripetibile, irrinunciabile. A volte mi sorprendo a pensare come possa essere esistita l’umanità prima di BAch. E’ una esagerazione, certo, ma ciò che Bach consegna a chi lo vuole ascoltare è un tesoro per cui vale la pena vivere, e sembra difficile farne a meno. La musica di Bach è un puro miracolo, come dice Rossini, un vertice in cui è racchiuso in qualche modo tutto l’Universo creato, ma anche di più (il Paradiso?).
i primi cinque punti centrano perfettamente aspetti fondamentali della musica di Bach.
ne aggiungo uno.
la musica di Bach deve essere insegnata ai nostri figli perché educa a costruire: gradualmente, faticosamente ma solidamente.
vera metafora della vita umana. antidoto ai miti, falsi ed effimeri, che spesso portano i giovani a perdersi.
Senza Bach non esisteva neanche Glenn Gould (!), altro che giovani pianisti neobachiani pompati dalle etichette discografiche.