Festosa inaugurazione di stagione per i Concerti del Lingotto di Torino (Auditorium ‘Agnelli’) con la City of Birmingham Symphony Orchestra diretta da Andris Nelsons.
Apertura nel segno di un suono corposo e rotondo con il lussureggiante Vorspiel dai wagneriani Meistersinger: ottoni possenti, archi pastosi dall’incredibile fluidità, coesione perfetta e subito un clima di notevole euforia. Poi è stata la volta del Concerto per violino in la minore op. 53 di Dvorák, si sa, non così geniale come quello per cello, solista di lusso Christian Tetzlaff che ha fatto del suo meglio per attenuare quel senso di saturazione, quelle innegabili prolissità (già rilevate a suo tempo dal buon Joachim) che invariabilmente si rivelano ad ogni ripresa del pur valido lavoro. Del quale la parte migliore è senza dubbio il finale, con quell’incipit pirotecnico e fosforescente e l’innegabile appeal che trascina l’applauso, nonostante qualche sbandamento ritmico si sia verificato. Nel bis (Bach, Andante dalla Sonata in la minore BWV 1003) Tetzlaff s’è confermato un grande (magari non un fuoriclasse): precisione nella polifonia e intonazione (quasi) perfetta, invero avremmo voluto un suono un poco più bachiano (forse è colpa del violino moderno opera di Peter Greiner).
Ma, pur in difetto di un magnetismo travolgente, siamo pur sempre ad alti livelli, ci mancherebbe. Gran finale nel segno della superba «Quarta» di Ciajkovskij dove la Birmingham Orchestra ha sfoderato clangori altisonanti già in apertura, col celeberrimo motto, e poi preziosità alchemiche nell’Andantino (ottimi i legni). Indicibile stupore per la flessuosità e la souplesse nel celeberrimo Scherzo quasi per intero pizzicato, salvo conflagrare nell’ultima parte, vero e proprio pezzo di bravura, e infine trionfo nella trascinante verve del finale affrontato con molta appropriatezza di stile. A voler essere severi, da rilevare qualche eccesso nelle ultime misure, dove Nelsons s’è tenuto un po’ sopra le righe, indulgendo in una captatio benevolentiae peraltro non necessaria: con un’orchestra simile non occorre certo forzare la mano, né spingere più di tanto sull’acceleratore; il finale della «Quarta» infatti è talmente festoso che strappa l’applauso anche senza superare la soglia dei decibel d’ordinanza. Il pubblico in festa avrebbe voluto un bis, magari la Polonaise da Rusalka o altro, e invece tutti a nanna, con ancora nelle orecchie il bel suono della Birmingham, la mitica creatura di Sir Simon Rattle giunta sulle rive del Po per la gioia del pubblico subalpino.
Attilio Piovano
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