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Arcadi Volodos per l’Unione Musicale a Torino

Le magie timbriche (e non solo) di un vero fuoriclasse. Foto © Marco Borggreve

di Attilio Piovano
4 Novembre 2021
in CONCERTI, Pianoforte, RECENSIONI
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Home RECENSIONI CONCERTI
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di Attilio Piovano

Serata indimenticabile mercoledì 20 ottobre 2021, a Torino in Conservatorio, con il pianista pietroburghese Arcadi Volodos – classe 1972, oggi uno dei più grandi sulla scena mondiale – che da molti anni non figurava nelle stagioni dell’Unione Musicale.

Non a caso, di evento attesissimo si è trattato. Volodos – si sa – è pianista raffinato ed elegante, con un culto quasi maniacale del bel suono e del tocco. Un conto, tuttavia, è ascoltarne le pur pregevoli e superbe registrazioni, altra cosa è vivere l’emozione della sala semi buia, ammirandone già solo la postura – entro il silenzio assoluto che propizia ogni interpretazione – ed il magnetismo che sprigiona, facendo comprendere sin dalle prime note del recital come il suo pianismo punti su intimismo e profondità, non certo su vacui funambolismi virtuosistici, pur possedendo egli – beninteso – una tecnica straordinaria.

Davvero singolare il programma impaginato da Volodos che si è inaugurato con le schumanniane Kinderszenen op. 15 delle quali ha distillato tutta la ricchezza contenutistica, sfoderando in primis un tocco e un controllo del suono come pochi possono vantare nel mondo. A fine serata, conversando con il tecnico accordatore che gli aveva preparato lo Steinway nuovo di zecca, apprendevamo di certe sue richieste specifiche circa affondo dei tasti, uso di speciali feltri e via elencando. In realtà si tratta non già di espedienti, bensì di elementi tecnici pur rilevanti, che peraltro non avrebbero alcun ‘effetto’ se non fossero posti al servizio di una lucida intelligenza interpretativa e di una singolarissima sensibilità, soprattutto coloristica.

Ed ecco che le singole ‘scene’ schumanniane sono andate dipanandosi con scorrevolezza, rivelando un’inaudita ricchezza. Fin dal profetico brano d’apertura dall’armonia quasi sfuggente (Da genti e paesi lontani) quasi un incoativo favete linguis, Volodos mostrava libertà di fraseggi, estrema cura di dettagli dinamici e un uso davvero creativo del pedale. Poi ecco la vivacità flamboyante della Storia curiosa e gli arguti anacoluti di Mosca cieca dai mirifici staccati, l’assorto misticismo del Bimbo che prega in cui Volodos ha saputo creare una sospensione quasi irreale, facendoci lievitare in una sorta di mondo ideale ed iperuranio, per poi portarci nuovamente su ‘questo mondo’ con i bassi possenti e la solennità pomposa condita di ironia dell’Occasione importante. A seguire il celeberrimo Traumerei (Trasognamento) raramente ascoltato in un’interpretazione così concentrata: ogni nota il suo giusto peso, la linea melodica bene in evidenza, in perfetto equilibrio con l’armonia e molto altro ancora, sì da porne in evidenza tutta la rarefatta poesia sostanziata di anacoluti, reticenze e allusioni intimistiche. Quanta ricchezza ritmica, poi, sfoderata nel non meno celebre e gaio Cavalluccio di legno coi suoi ritmi scazonti, ovvero le sue frasi sghembe e dunque il gioco sapiente degli spostamenti d’accento magistralmente posti in atto da Volodos. Ammirevole la varietà dei registri adottati nel bizzarro Far paura, con quelle sue spezzettature e quel suo incedere. Il coronamento, il clou, dopo la cullante pagina volta a delineare il bimbo che entra nel mondo dei sogni, addormentandosi, nello sfuggente ed enigmatico brano conclusivo, Parla il poeta nel quale Volodos ha davvero saputo attingere a vette inarrivabili ed eccelse, rivelando un uso a dir poco sopraffino del pedale. Lungo silenzio, mani immobili, sguardo assorto, tutti col fiato sospeso e poi lo scroscio degli applausi per una interpretazione schumanniana della quale conserveremo a lungo un ricordo indelebile.

Poi la poco frequentata Sonata D 850 di Schubert, tutta intimismo e atmosfere singolari, ma anche allusioni a timbri orchestrali, specie nel movimento d’esordio. E Volodos ha saputo esaltare magnificamente questa insolita dimensione timbrica dandone un’interpretazione di singolare bellezza. Grande ricchezza di timbri già nell’Allegro iniziale, poi nel secondo tempo dove, ancora una volta – a costo di risultare ridondante – merita registrare un impiego del pedale, o per meglio dire dei pedali, come pochi altri pianisti sanno porre in atto, al sevizio di una pregnanza armonica che non ha eguali in altre pagine schubertiane. Del terzo tempo (lo Scherzo) Volodos ha inteso – molto opportunamente – porre in luce il carattere salottiero, quasi Biedermeier, facendo emergere quella leggerezza talora un poco frale fatta di allusioni alla danza ed altro ancora che ne costituisce il motivo di maggior fascino. Da ultimo lo humour del Rondò finale, leggiadro e seducente, pervaso di una fanciullesca giocosità, giù giù sino all’epilogo immerso in un «clima di sospesa fissità». Ancora il protratto silenzio, l’immota postura di Volodos e poi l’abbondanza degli applausi, catartici e riconoscenti ai quali Volodos ha risposto, producendosi generosamente in ben cinque bis: lo schubertiano, lezioso Minuetto in do diesis minore D 600, poi il primo degli Intermezzi op. 117 di Brahms, emerso per intensità e commozione, dolce e melanconica ninna nanna della quale molto a lungo conserveremo memoria. E ancora El Lago di  Mompou, la toccante Siciliana dal Concerto in re minore BWV 596 che Bach concepì per organo, trasponendo un originale violinistico vivaldiano e da ultimo chiusura – ciclicamente – nel segno di Schumann con il terzo tempo (Langsam getragen) dalla Fantasia op. 17. A dir poco un trionfo.

Tags: Arcadi Volodos
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Attilio Piovano

Attilio Piovano

Musicologo e scrittore, ha pubblicato (tra gli altri) Invito all’ascolto di Ravel (Mursia 1995, ristampa RCS 2018), i racconti musicali La stella amica (Daniela Piazza 2002), Il segreto di Stravinskij (Riccadonna 2006) e L’uomo del metrò (e-book interattivo per i tipi de ilcorrieremusicale.it 2016, prefazione di Gianandrea Noseda). Inoltre i romanzi L’Aprilia blu (Daniela Piazza 2003) e Sapeva di erica, di torba e di salmastro (rueBallu 2009, prefazione di Uto Ughi). Coautore di una monografia su Felice Quaranta (con Ennio e Patrizia Bassi, Centro Studi Piemontesi 1994), del volume Venti anni di Festival Organistico Internazionale (con Massimo Nosetti, 2003), curatore e coautore del volume La terza mano del pianista (Testo & Immagine 1997). Laurea in Lettere, studi in Composizione, diploma in Pianoforte, in Musica corale e Direzione di Coro, è autore di contributi, specie sulla musica di primo ‘900, apparsi in volumi miscellanei, atti di convegni e su rivista. Saggista e conferenziere, vanta collaborazioni con La Scala, Opéra Royal Liège, RAI, La Fenice, Opera di Roma, Lirico di Cagliari, Coccia di Novara, Carlo Felice di Genova, Stresa Festival, Orchestra Camerata Ducale ecc.; a Torino col Festival MiTo (già Settembre Musica, ininterrottamente dal 1984), Unione Musicale, Teatro Regio, Politecnico e con varie altre istituzioni. Già corrispondente del «Corriere del Teatro», ha esercitato la critica su più testate; dalla fondazione scrive per «ilcorrieremusicale.it»; ha scritto inoltre per «Torinosette», magazine de «La Stampa», ha collaborato con «Amadeus» e scrive (dal 1989) per «La Voce del Popolo» (dal 2016 divenuta «La Voce e il Tempo»); dal 2018 recensisce per «Il Corriere della Sera» (edizione di Torino). Membro di giuria in concorsi letterari nonché di musica da camera e solistici. Docente di Storia ed Estetica della Musica (dal 1986, presso vari Conservatori), dal 1991 a tutt’oggi è titolare di cattedra presso il Conservatorio “G. Cantelli” di Novara dove è inoltre incaricato dell’insegnamento di Storia della Musica sacra moderna e contemporanea nell’ambito del Corso biennale di Diploma Accademico in Discipline Musicali (Musica sacra) attivato dall’a.a. 2008/2009 in collaborazione col Pontificio Ateneo di Musica Sacra in Roma. Dal 1° gennaio 2018, cura inoltre l’Ufficio Stampa del Conservatorio “G. Cantelli”. Dal 2012 tiene corsi monografici sulla Storia del Melodramma (workshop su «Architettura, Scenografia e Musica» presso il Dipartimento di Architettura & Design del Politecnico di Torino, Corso di Laurea Magistrale, in collaborazione con Fondazione Teatro Regio). È stato Direttore Artistico dell’Orchestra Filarmonica di Torino. Dal 1976 a Torino è organista presso la Cappella Esterna dell’Istituto Internazionale ‘Don Bosco’, Pontificia Università Salesiana (UPS), dal 2017 anche presso la barocca chiesa di San Carlo, nella piazza omonima, e più di recente in Santa Teresa. Nell’autunno del 2018 in veste di organista ha partecipato ad una produzione del Requiem op. 48 di Fauré. È citato nel Dizionario di Musica Classica a cura di Piero Mioli, BUR, Milano © 2006, che gli dedica una ‘voce’ specifica (vol. II, p. 1414).

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