di Redazione

È prassi ormai consolidata, nelle sale da registrazione piuttosto che nei teatri da concerto, affidare allo stesso musicista il ruolo di solista e, nel contempo, di direttore d’orchestra. Un fatto peculiare, che porta ad una fusione immediata dello strumento principale con l’orchestra, che però, priva di una guida che faccia da tramite col solista, spesso perde l’appoggio di cui naturalmente necessita, e di conseguenza lo stesso solista, preoccupato nel tenere unite le varie sezioni orchestrali, non sempre riesce ad esprimersi con la dovuta tranquillità. Specie nei concerti romantici, dove la mole e gli intarsi orchestrali sono ben superiori ad un concerto di Bach o di un Mozart, il ruolo del direttore non è per niente scontato, e anche in questa nuova uscita discografica curata da Ecm, ogni tanto se ne sente la mancanza.

La violinista tedesca Carolin Widmann affronta con grande autorità due colossi del romanticismo tedesco, quali sono i concerti di Mendelssohn e di Schumann, proponendo soluzioni senza dubbio originali. La lettura complessiva è molto nitida, e mira ad evidenziare le articolazioni più sottili, evitando le enormi distese sonore a cui la tradizione esecutiva ci ha abituati. Il suono è sempre molto pulito, e la cavata spigliata ed ariosa. Talvolta manca densità nelle frasi, in coerenza con la visione di fondo che caratterizza le due opere.

Lasciano perplessi certi interventi orchestrali che non hanno sufficiente corpo, come l’inizio dello Schumann, privo di quel turbamento passionale ed agitato che la partitura richiede con esasperazione. Anche certe tinte più opache ed intime non vengono rese al meglio, basti pensare al secondo tema del primo movimento del Mendelssohn, dove i clarinetti non si distendono con il calore necessario per un momento così lirico. Non si vuole puntare il dito contro la Chamber Orchestra of Europe, che da ormai trent’anni si afferma tra le compagini orchestrali più importanti al mondo, piuttosto alla mancanza di un valido collante tra solista ed orchestra.

Se pensiamo ai risultati che aveva raggiunto Harnoncourt con la stessa Chamber Orchestra of Europe, proprio nel concerto di Schumann (solista Kremer), fa riflettere l’importanza del ruolo che ha il direttore, anche nei concerti solistici. Auspichiamo, dunque, che in futuro si ritorni alla tradizionale bacchetta, non necessariamente esperta, ma sufficientemente preparata.

Pubblicato il 2017-06-05 Scritto da StefanoCascioli

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