La neonata etichetta belga ZeD classics pubblica un album interamente dedicato a Bach, interpretato dal giovane pianista parigino Pierre-Arnaud Dablemont. Non è mai semplice approcciarsi al testo bachiano sulla tastiera moderna, soprattutto in un’epoca come la nostra, in cui le prassi storiche hanno rivoluzionato il pensiero esecutivo della musica antica. La soluzione estetica che propone Dablemont è molto originale, e proprio perché distante dai più recenti canoni interpretativi la ascoltiamo con grande interesse.
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L’idea di fondo che collega i treni brani qui presentati (Toccata BWV 914, Prima e Sesta Partita), tende ad esaltare la componente contrappuntistica, fondamento assoluto del linguaggio bachiano, escludendo quella verve tastieristica tipica dei passaggi “improvvisativi”, come l’inizio della Toccata e il vorticoso incipit della Partita in mi minore. Non è una lettura che stupisce per fulgore, ma piuttosto per introspezione. Non sorprende, quindi, la scelta di optare per tempi piuttosto comodi, tanto da affievolire, in certi casi, la differenza stilistica tra le danze che costituiscono le Partite. L’utilizzo del pedale di risonanza è parco, ma sostanziale, mentre le dinamiche sono sempre molto controllate, e raramente raggiungono il forte, piuttosto si concentrano sulle sfumature del piano, quasi a rimarcare l’aspetto cameristico ed intimo del Bach sulla tastiera, questo sì, proveniente dalle sonorità ridotte del clavicembalo.
Generalmente, il Bach dei pianisti è sfarzoso, dinamico, ricco di luci ed ombre, invece questo Bach è essenziale, compatto e ordinato, dove l’unità della forma prende il sopravvento. È come ammirare un ritratto di Vermeer prima e uno di Rembrandt poi, e affermare quale dei due sia il migliore è davvero difficile.
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Pubblicato il 2017-03-28 Scritto da StefanoCascioli