di Stefano Cascioli


Tra le varie iniziative volte a promuovere la figura di Rossini, in occasione del 150° anniversario della morte appena trascorso, merita particolare attenzione l’incisione integrale dei Péchés de vieillesse che la Naxos sta pubblicando nell’interpretazione di Alessandro Marangoni, già noto per alcune riscoperte di rarità pianistiche italiane, come le composizioni di Victor de Sabata e i concerti di Castelnuovo Tedesco. A dire il vero, alcuni pianisti si erano già cimentati nell’impervia avventura di realizzare un simile corpus rossiniano (vale la pena citare in merito l’integrale di Paolo Giacometti, registrato su strumenti d’epoca per Channel Classics), ma la proposta di Marangoni arricchisce l’integrale con l’aggiunta di alcuni brani inediti scoperti recentemente, e delle opere cameristiche, buona parte delle quali sono concentrate nell’ottavo volume, oggetto della nostra recensione.

I Peccati di vecchiaia, così ironicamente definiti dallo stesso Rossini, sono una raccolta di brani che il Pesarese ha scritto durante gli anni del “silenzio”, piccoli omaggi che venivano resi agli ospiti, in sua visita nelle residenze parigine. Sono lavori estremamente eterogenei, di carattere scherzoso e spesso burlesco, persino caricaturale in certi stilemi tipici del virtuosismo di metà Ottocento (della parodia violinistica, esemplare è il brano d’apertura del CD, non a caso intitolato Un mot à Paganini), ma pur sempre contraddistinti da un’inconfondibile raffinatezza, tipicamente rossiniana.

I caratteri e le durate delle varie opere sono talmente diversi tra loro, che risulta complicato darne organicità e senso logico, ed è proprio per questo che l’album, pur di grande qualità esecutiva, viene apprezzato soprattutto per la sua notevole valenza musicologica. Nonostante l’encomiabile sforzo di Marangoni di organizzare le varie opere, intrecciando i volumi dei Péchés, l’ascolto ha forti tratti di discontinuità. Ad opere di una certa durata e complessità tecnico-strutturale, si alternano infatti pagine brevissime ed inconsistenti, alcune delle quali a stento raggiungono i 30 secondi di durata. Risulta difficile, quindi, farsi un’idea generale dell’ascolto, vista tutta questa varietà che lo caratterizza, ma forse è proprio l’incompiutezza di fondo che rende i peccati così unici ed affascinanti.

Di alto livello l’esecuzione di Marangoni, il cui tocco vellutato e precisione tecnica sottolineano il tratto salottiero ed intimo del Rossini camerista, la cui ironia ha qualcosa di sottile e latente. La presenza di solisti di primissimo livello come Massimo Quarta (violino), Enrico Dindo (violoncello) e Ugo Favaro (corno) arricchiscono ulteriormente la qualità artistica. Per le pagine vocali, a Marangoni si affiancano il baritono Bruno Taddia e il mezzo soprano Lilly Jørstad, mentre la curiosa Tarantelle pur sang, una delle undici prime registrazioni assolute presenti in questo volume, vede impegnato anche il Coro Ars Cantica, diretto da Marco Berrini.

Pubblicato il 2019-03-20 Scritto da StefanoCascioli

Stefano Cascioli

Stefano Cascioli

Laureato in violino (109) e composizione (110 e lode) presso il Conservatorio di Udine, si specializza in pianoforte a Trieste, conseguendo la laurea di secondo livello col massimo dei voti e lode. Premiato in numerosi concorsi nazionali ed internazionali, sotto la guida di Luisa Scattarregia prima e Massimo Gon poi, ha partecipato a numerose masterclasses con i maestri Andrea Carcano, Massimo Gon, Aldo Ciccolini e Paul Badura-Skoda, inoltre ha seguito nel 2014 i corsi tenuti da Robert Levin presso il Mozarteum di Salisburgo. Per il violino, deve la sua formazione ai maestri Annalisa Clemente, Helfried Fister, Stefano Furini e a Diana Mustea, con cui si è laureato. Parallelamente, si è dedicato allo studio del violino barocco e della prassi esecutiva filologica, seguendo i corsi tenuti da Enrico Onofri, Elisa Citterio ed Enrico Gatti.

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