Ospite della Settimana Mozartiana di Rovereto Corrado Augias racconta Mozart. Ma spiegare al pubblico della sala da concerto è come parlare al pubblico televisivo?
Da cosa si parte per raccontare Mozart? Quali sono le chiavi per porgere l’immagine del genio salisburghese, per restituirne la figura in un tratteggio sintetico e capace di arrivare anche ad un pubblico non necessariamente preparato e musicalmente colto?
Corrado Augias da qualche anno si/ci diletta con la divulgazione musicale duettando, dentro e fuori lo schermo televisivo, con il pianista Giuseppe Modugno. Lo scorso anno si è dedicato a Chopin, e da quella avventura è uscito anche un libro, che tra parole ed esempi musicali racconta la parabola biografica e artistica del compositore romantico. Ora lo sguardo del giornalista si è spostato su Mozart, e con l’inseparabile pianista ha costruito una conferenza concerto tutta dedicata al salisburghese. Anzi, più che a lui, al suo “enigma”: giallista nell’animo, abile comunicatore, Augias calca la mano su un mistero che mistero non è, o che non è più da tempo oggetto di pruderie e di scandalo, ovvero la facile, pervasiva, evidentissima coprolalia di Mozart. La cacca, insomma, la cacca, che Augias nomina tante e tante volte nel corso della serata, per evidenziare lo stridente contrasto tra tanta volgarità e la bellezza ineffabile (levigatissima, perfetta) della musica di Mozart.
Però la cosa non più è interessante, addirittura non è più pertinente, e basterebbe citare le recenti ipotesi che vorrebbero Mozart affetto dalla Sindrome di Tourette per chiudere il capitolo “cacca” e dedicarsi solo alla musica. Alla musica di Mozart e, magari, anche a quella dei suoi contemporanei: un’ulteriore pecca della lettura di Augias è infatti quella di far passare un Mozart “assoluto”, lasciando intendere tra le righe che la forma–sonata se la inventò lui, che un certo impeto preromantico viene solo da ragioni biografiche, che certa bellezza melodica era totalmente inedita, dimenticando Mannheim, dimenticando Johann Christian Bach e Johann Schobert, dimenticando la scuola operistica napoletana. Perché se Mozart fu “genio”, lo fu anche nel cogliere ciò che il suo tempo, frammentariamente, sapeva esprimere: esperienze fondamentali, che Mozart condensò e sublimò in creazioni di bellezza impareggiabile, che non sarebbero maturate senza tutti gli incontri e gli ascolti che i suoi viaggi in giro per l’Europa gli riservarono. E ciò non significa certo sminuirlo, ma rinunciare a una visione fin troppo romantica dell’artista, “divino–fanciullo” sboccato, tramite per una bellezza musicale ultraterrena.
L’intenzione divulgativa del duo Augias–Modugno è pregevole, il coinvolgimento personale dato dall’amore per la musica del salisburghese traspare e regala calore allo spettacolo: in televisione, dati i tempi di magra culturale, lo si potrebbe anche elogiare senza riserve; in un teatro, davanti ad un pubblico “da concerti” (noi l’abbiamo ascoltato ospite della “Settimana mozartiana” di Rovereto), si può aggiustare decisamente il tiro.
Emilia Campagna