Esce quest’anno, nel decennale della scomparsa, un’ampia monografia complessiva in due volumi su Giuseppe Sinopoli.
Il lavoro di Ulrike Kienzle, Giuseppe Sinopoli. Komponist – Dirigent – Archäologe (Würzburg, Königshausen & Neumann), si articola in due volumi: nel primo (Lebenswege) vengono ricostruiti i percorsi esistenziali dell’artista, nel secondo (Porträts) vita e l’opera sono documentate attraverso una serie di fotografie. Nel 2012 sarà pubblicato un terzo volume che avrà come oggetto l’analisi particolareggiata di composizioni, esecuzioni e scritti di Sinopoli. Giuseppe Sinopoli, oltre che uno dei più affermati musicisti del Novecento, fu uno spirito universale di grande spessore e pari competenza nei più svariati campi.
Laureato in medicina, negli anni Settanta del secolo scorso si distinse come compositore nell’ambito dell’avanguardia musicale italiana. Dagli anni Ottanta si dedicò alla direzione d’orchestra, riscuotendo apprezzamenti a livello internazionale per la sua capacità di esplorare il repertorio sinfonico e melodrammatico nell’ottica della Nuova Musica. Dallo studio dell’archeologia Sinopoli trasse ispirazione per una riflessione critica sul presente, elaborata tra l’altro nel suo romanzo-saggio Parsifal a Venezia.
Nella sua attività scientifico-artistica, Sinopoli univa alla precisione intellettuale una peculiare radicalità del sentire e interpretare la musica. Le ESZ, che pubblicano al momento dodici titoli del compositore, sono da anni impegnate nella riscoperta dei lavori giovanili di Giuseppe Sinopoli, prodotti con crescente successo. Il 21 aprile la Staatskapelle Dresden ha celebrato il decennale della scomparsa del suo Direttore principale con la prima esecuzione tedesca, nella Lukaskirche di Dresda sotto la guida di Christian Thielemann, di Klangfarben per cinque archi solisti.
Courtesy Edizioni Suvini Zerboni
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“Era un uomo straordinario, non basterebbe una vita a raccontarne il mondo, la vitalità, la cultura. Nessuno immagina, ad esempio, quanto fosse generoso, anche coi soldi. E come capiva le persone, anche le più umili! A tutti dava, comunicava qualcosa. E aveva una tale fame di vita e di progetti! Diceva che 200 anni non gli sarebbero bastati. Mi pare talmente ingiusto che se ne sia andato tanto presto. Ho passato la notte nel suo studio: la sua bacchetta è poggiata sulla partitura di ‘Der Rosenkavalier’, che avrebbe dovuto dirigere a Torino, e su un tavolo è aperta la partitura di ‘Turandot’, che avrebbe fatto alla Scala. Giuseppe è così presente che la sua morte non mi sembra vera, non la focalizzo. Ho visto la sua mano, prima che chiudessero la bara: le dita stringevano ancora un’invisibile bacchetta. E negli orecchi ho sempre quel tonfo, l’ho sentito bene quand’è caduto sul podio. Un tonfo orribile, che mi martella come un supplizio e mi toglie il sonno.
Di lui ci sarà ancora molto da parlare. Gli hanno voluto bene in tanti e in tanti gli sono grati, ho sentito una partecipazione molto speciale e intensa ai funerali. Carnini, l’organista, quando il feretro è entrato nella chiesa, ha suonato il Corale di Bach preferito da Giuseppe: ‘Nun kommt der Heiden Heiland’ (BWV 65). Gli piaceva talmente che l’avevo imparato a memoria e lo suonavo spesso per lui. Carnini non lo sapeva, eppure l’ha scelto ed eseguito. Quella musica mi è arrivata come un regalo di Giuseppe”. Silvia Cappellini Sinopoli, La Repubblica, 24.4.2001
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