Concorsi • Il giovane pianista, grande eleganza e tecnica solida, si aggiudica il primo premio dell’importante concorso pianistico; ex aequo al terzo posto i due russi Panfilov e Sychev
di Attilio Piovano
A TUTTI GLI APPASSIONATI DI CLASSICA, e in particolare agli amanti del pianoforte e della sua letteratura: Jonathan Fournel, segnatevi questo nome. È lui il giovanissimo pianista che sabato 26 ottobre ha vinto il prestigioso primo premio alla 64esima edizione del Concorso Viotti, laureato da una giuria di levatura internazionale presieduta da Pietro Borgonovo (tra i membri il russo Boris Petrushansky, il francese Gabriel Tacchino e la finlandese Hamsa Al-Wadi Juris). Appena ventenne, un’aria timida e lievemente spaurita, di certo Fournel farà parlare di sé; peraltro ha già vinto svariati concorsi ed ha suonato in prestigiose sedi; tra i suoi maestri Jean Micault e Aldo Ciccolini. Fisico minuto, appena si siede alla tastiera svela un temperamento davvero eccezionale e una maturità che concorrenti ben più “grandi” di lui ancora non conoscono. E non a caso ha sbaragliato in questa edizione che ha visto la partecipazione di 140 iscritti, riuscendo a superare tutte le selezioni, giungendo in finale assieme al moscovita Alexander Panfilov e al russo Alexey Sychev (entrambi terzo premio ex aequo, secondo non assegnato). Quando Fournel, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica Carlo Coccia per la direzione di Alessandro Ferrari, ha attaccato le prime note dello chopiniano Concerto in fa minore op. 21 si è subito compreso di trovarsi dinanzi a un fuoriclasse. Tecnica agguerrita e solidissima, ma anche un cantabile stupendo, un suono perlaceo, ove occorre, vigorosa robustezza, senso della forma, bei fraseggi, capacità di intesa con l’orchestra, comunicativa. Del Concerto ha dato un’interpretazione virile e poetica nel contempo, senza indulgere in inutili smancerie e sentimentalismi retrò, di indicibile eleganza e souplesse (superbo l’iridescente Larghetto dove pareva galleggiare come senza peso).
Certo, dato il livello dei concorrenti giunti dai quattro capi del mondo (perfino dalla Nuova Zelanda) dev’essere stato ben arduo selezionare con inflessibile rigore scremando sino a lasciare in pista sei semifinalisti e appunto i tre finalisti che si sono contesi la vittoria. I due russi hanno preferito giocare in casa proponendo il Secondo e il Terzo di Rachmaninov; il pubblico ha decretato il proprio favore ad Alexey Sychev, dita d’acciaio, una tecnica sbalorditiva e gragnole di note nel mitico Rach III che hanno abbacinato l’uditorio, anche se a nostro avviso gli manca ancora qualcosa per essere un musicista completo. Quanto a Panfilov ha poco cantabile, invece, pur in presenza di tecnica infallibile, sicché al Secondo di Rachmaninov è mancato quel pathos e quella macerazione che ne sono la premessa essenziale (peraltro suonava in apertura di serata e si sa che l’emozione può giocare a sfavore). A tarda notte, dopo simpatiche interviste condotte dal poliglotta e colto Paolo Pomati, cerimoniere di lusso della succulenta serata, la proclamazione del vincitore: lacrime e applausi e un futuro ormai segnato. Molte le autorità intervenute, tra le quali – nell’impossibilità di nominare tutti (amministratori, sponsor e via dicendo) – citiamo almeno Cesare Emanuel, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro” (istituzione che ha patrocinato quest’anno il concorso), a lui l’onore della consegna del premio al vincitore, attorniato da validi studenti e studentesse, ottimi traduttori; immancabile il sindaco di Fontaneto Po, patria del sommo violinista piemontese che, emigrato in Francia, per qualche anno, pensate un po’, fu costretto a commerciare in champagne per… sopravvivere. Altri tempi: oggi il ventenne Fournel torna in Francia dopo aver trionfato a due passi dalla terra natale di Viotti. Chapeau.
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