Il sovrintendente della Scala al Governo:«Non possiamo più andare avanti così». Il Teatro però ha il bilancio in attivo
di Simeone Pozzini
Ieri il sovrintendente della Scala, Stephane Lissner, forse in vista della presenza di esponenti politici alla prima del Don Giovanni ha affermato ai microfoni di Radio24: «Vorrei fare un appello al Governo e chiedere dei finanziamenti perché non possiamo più andare avanti così». Il lancio di agenzia è stato ripreso dai più importanti quotidiani nazionali. Ma è davvero così? Sempre in questi giorni Lissner è stato anche ospite di RSI Rete Due e non ha invece negato l’attivo del Teatro (l’intervista è stata pubblicata oggi), ma neanche ha negato il momento di crisi. Quindi? Dopo sei bilanci in pareggio forse il sovrintendente teme l’effetto crisi sulle proiezioni fatte per il 2012. Ma un conto è mettere le mani avanti, altro affermare che così non si può più. Infatti i dati resi pubblici dallo stesso Teatro, riportati dal Corriere della Sera nel giugno di quest’anno, sembravano essere molto ottimistici. Erano i giorni dell’ingresso di Diego Della Valle tra i soci della Fondazione Teatro alla Scala, con più di 5 milioni di euro erogati in tre/quattro anni. “Sostenere le eccellenze”, diceva Della Valle, sostenere cioè quelle imprese che di nome e di fatto (cioè economicamente) vanno già bene. “Nel 2011 la Scala – si legge nell’articolo del Corsera – ha registrato un totale di fonti di finanziamento pari a 116 milioni di euro, di cui il 46% proveniente da contributi pubblici (Stato, Regione, Comune Milano, Provincia e Camera di Commercio) e 54% da contributi privati e ricavi propri. I ricavi da biglietteria sono ammontati a 28,8 milioni e per il 2012 è prevista una crescita a 32 milioni di euro. Il numero di abbonati nell’anno in corso è di 15.771 e quasi 450mila spettatori (di cui oltre 76mila giovani)”. Con Lissner si ricorda il record assoluto di incassi in un sera: 282mila euro (cifra tonda) con Death in Venice di Britten. Avremmo preferito che Lissner, data la sua ulteriore visibilità nei giorni della “prima” avesse invocato sì una maggiore presenza economica dello Stato ma non solo per la Scala, ovvero per tutto il (meritevole) teatro italiano.