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Recensione • A Torino il giovane pianista non vedente infiamma il primo concerto di Čajkovskij con una performance da togliere il fiato. Ma con l’ottimo Gergiev e l’orchestra del Mariinskij, Verdi e Šostakovič non sono da meno
di Attilio Piovano
Un brivido di emozione ha percorso la platea dell’Auditorium del Lingotto, la sera dello scorso lunedì 8 aprile, quando Valery Gergiev ha accompagnato amorevolmente sino alla tastiera dello Steinway d’ordinanza il giovane pianista giapponese non vedente Nobuyuki Tsujii: classe 1988, recente vincitore della medaglia d’oro al prestigioso Van Cliburn e già affermato in tutto il mondo con rilevanti collaborazioni ed apparizioni in sedi di immenso prestigio, da Boston a Berlino, da Monaco alla Carnegie Hall. Le sue straordinarie interpretazioni dal vivo scuotono profondamente le platee di tutto il mondo: come non immaginarlo, ma, beninteso, non (solo) perché è cieco, ma perché ha un talento davvero eccezionale (e il fatto che lo sia non fa che esaltare il talento stesso, moltiplicando le emozioni).
Vederlo concentrarsi sulla tastiera prima di affrontare l’impervio e celeberrimo Concerto op. 23 di Čajkovskij, cavallo di battaglia di molti fuoriclasse della tastiera, è esperienza emotivamente coinvolgente, molto forte: ondeggia a lungo in avanti e indietro (verificare su YouTube per credere), come se galleggiasse nello spazio antistante alla tastiera, poi prende le misure e, a quel punto, nel momento stesso in cui inizia a suonare con una sicurezza spaventosa, il busto resta immobile ed è il capo a rivelarsi allora mobilissimo: lo rotea di continuo, quasi a saggiare con gli altri sensi, che in lui devono essere acutissimi, lo spazio circostante. Impressionante ascoltare (e osservare) un non vedente, giovane e talentuosissimo, suonare con tale sicurezza. Impressionante la perfezione di insieme con l’orchestra (certo, una grande orchestra, quella del Mariinskij) e un grande direttore, Gergiev: impressionante la padronanza tecnica pressoché assoluta, frutto di sicuro di una volontà di ferro. In tutto il concerto avrà preso due, forse tre note false, come a dire nulla in un Concerto dalla difficoltà notevole che spesso mette a dura prova chiunque; e infatti ci sono pianisti che ne infilzano a decine, in passaggi che richiedono sicurezza assoluta e dominio delle “distanze” certissimo. E Nobuyuki Tsujii la sicurezza nei salti, nelle ottave a mulinello e via dicendo la possiede al massimo livello. Forse (ma è banale affermarlo per noi tutti che abbiamo il dono della vista) il fatto di suonare “al buio” lo pone in una condizione per così dire privilegiata (non vorrei sembrare blasfemo), insomma, di assoluta concentrazione. Sta di fatto che l’intero Concerto è filato via tenendo il fiato sospeso dell’intero uditorio. La carica energetica, poi, che il giovane artista immette nella sua interpretazione è non meno ammirevole. Suona con una forza, una potenza, una veemenza che hanno del prodigioso: qualcuno sussurrava come in un simile talento sia possibile vedere la potenza dell’Assoluto… ma anche una visione meno spiritualista e più laica non può prescindere dalla straordinarietà di questo artista.
Il suono talora è fin troppo aggressivo, occorre dirlo, talora fin aspro (ma per questo Concerto ci può anche stare), ma Nobuyuki Tsujii sa sfoderare anche passaggi di singolare dolcezza. Il finale, poi, è stato affrontato a velocità diabolica. Non una sbavatura ritmica, non un’incertezza: un prodigio, a dir poco (sia pure con qualche comprensibilissima astuzia, ad esempio nell’appoggiare certi accordi che devono stare in asse con l’orchestra e rendere l’illusione della perfezione assoluta, quando in realtà lo sfasamento è di qualche millesimo di secondo, cioè quasi nullo, frutto di una sensibilità per così dire ‘rabdomantica’). Commovente poi il suo voltarsi in ogni dove a fine esecuzione e la sua deferenza nel ringraziare tutti, ma davvero tutti. E poi il bis: omaggio a Verdi nel 200° con la succulenta e lisztiana Parafrasi da Rigoletto dove Nobuyuki Tsujii si conferma un virtuoso come ne nascono di rado.
E nel segno di Verdi s’era aperta la serata con il Preludio dall’opera che, dicono i superstiziosi, porti un filino di iella. E allora nominiamola solo a metà, non si sa mai, insomma, La forza […] o se preferite, parafrasando, La potenza del fato, che Gergiev ha diretto con singolare vigore, concertando l’intera pagina con una chiarezza ammirevole. E allora che gioia sentire la perfezione degli incastri polifonici, ma anche bei cantabili e una miriade di dettagli che spesso altri direttori lasciano in ombra (stupenda la dolcezza dei violini nel celebre tema “etereo”). Pathos e fatalismo, ma anche empito lirico: splendidi gli ottoni nel passaggio “a corale”, dinamica graduata in maniera millimetrica ed archi pastosi. Lettura iper cinetica ed iper energetica davvero coinvolgente. Grande prova, poi, per l’orchestra russa dalle superbe prime parti, a contatto con una delle partiture più belle del ‘900 storico (e russo, in special modo), vale a dire la Quinta di Šostakovič. Gergiev ha saputo estrarre sonorità cupe e livide in apertura del desolato e depresso Moderato che poi però, in maniera del tutto inattesa, volge verso un incandescente crescendo e conduce a quella sorta di danse macabre, grottesca, demoniaca e lancinante che dell’intero movimento è il momento più emozionante. Bene le beffarde atmosfere dell’Allegretto (appena qua e là qualche lievissimo e occasionale sbandamento ritmico), benissimo poi il colore notturno, lunare del Largo che si chiude su una consonanza inattesa. Da ultimo l’immane tensione dell’Allegro, ma non troppo, giù giù sino alla catartica conclusione. Stupenda vetrina per l’orchestra, un’orchestra russa che, non a caso (sarà anche un’ovvietà, ma tant’è), suona stupendamente in primis il repertorio russo, ma non solo quello, beninteso. Bis per par condicio verdian-wagneriana, nell’anno del duplice bicentenario, nel segno del Lohengrin. Applausi vivissimi.
© Riproduzione riservata
Mr. Piovano,
I (American) am sorry that I cannot write in Italian, but I wish to thank you for a thoughtful review of the April 8 Turin performance of Mr. Nobuyuki Tsujii.
I am one of the biggest admirers of Mr. Tsujii. I saw him perform this concerto in January. Your description of him is very astute and fair. I especially appreciate that you wrote that “his extraordinary live performances have astonished audiences around the world, but, of course, not (only) because he is blind, but because he has a truly exceptional talent (and the fact that he is blind does nothing but enhance the talent itself, multiplying the emotions.) How very good of you to see this extraordinary young man as he himself wishes to be seen: an artist, extraordinary in his own right, but even more so because of his blindness. Your review has made me smile, and I am sure it will also make Mr. Tsujii very happy.
I have not had the privilege of seeing Maestro Gergiev and the the Mariinsky Orchestra perform, and I sincerely hope they will perform again with Mr. Tsujii.
Thank you for an excellent review.