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Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai nel segno di Mahler e Schubert

di Attilio Piovano
26 Ottobre 2016
in CONCERTI, RECENSIONI
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Home RECENSIONI CONCERTI
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Apertura di stagione 2016-17 con il neo direttore James Conlon, molto applaudito


di Attilio Piovano foto © PiùLuce


Apertura di stagione a dir poco trionfale, per l’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai, a Torino, la sera di giovedì 20 ottobre 2016, come ha di certo potuto constatare chi ha seguito la diretta televisiva su Rai 5, ovvero il collegamento radiofonico su Radio 3 (per “Radio 3 Suite”). Analogamente, successo pieno anche la sera di venerdì 21, in occasione della consueta replica (abbonamento turno rosso); il pubblico a fine serata ha accolto con convinti e protratti applausi un’interpretazione obiettivamente di alto livello della mahleriana Quinta Sinfonia. A guidarla il neo direttore principale dell’OSNRai, lo statunitense James Conlon: dirige per intero a memoria sfoderando un gesto esuberante e nitido, mai fine a se stesso, sempre funzionale al risultato desiderato, precise e in qualche caso dirompenti le idee interpretative.

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Fin dall’attacco della Trauermarsch si è capito che si sarebbe trattato di una Quinta di gran classe con quella fantomatica ‘fanfara’ della tromba, plastica e indimenticabile idea sonora in apertura di un movimento fatalistico, dal colore vistosamente tragico. Dopo gli appelli soffocati dell’esordio, ecco poi subito il collidere magmatico e tellurico delle masse sonore che Conlon non ha timore di scatenare, a costo talora di eccedere in qualche apice fonico un po’ troppo altisonante e cinematografico (ottoni e percussioni sovrastanti, un po’ made in USA),  potendo contare bensì su un complesso in gran forma. E allora ecco certi passi del primo tempo apparsi davvero terrificanti, in tutto il loro tellurico turgore. Bene poi anche il movimento Agitato e tempestoso che vi fa seguito, con quegli urti sonori come inalienabili appelli, e il senso della catastrofe imminente ed ‘immanente’ che Conlon ha reso ancor più palpabile imprimendo tempi scorrevoli e giocando con sapienza su un ampio divario dinamico: frutto evidente di un accurato quanto puntuale lavoro di concertazione.

Anche i cantabili struggenti in cui Mahler è maestro sono emersi al meglio, e pazienza se Conlon sacrifica qualcosa attenuando un poco quel languore, quelle estenuazioni che altri direttori invece esaltano (forse a dismisura e talora capziosamente); e allora ecco che il celeberrimo Adagietto, inscindibilmente legato alle immagini di Morte a Venezia di Luchino Visconti, pur risultato toccante comme il faut, ha sofferto un poco in tal senso, affrontato con sonorità già significative, già ‘corpose’ fin dalle prime note (laddove siamo abituati ad ascoltarlo esordire con rarefazioni indicibili e tenui delicatezze che paiono farlo sorgere come da un mondo immateriale). Un’interpretazione personale e pur coerente quella di Conlon. Ciò detto, avremmo desiderato un po’ più di cesello e più cura nella pasta degli archi, nel cantabile, ma è un dettaglio.

Per contro lo Scherzo che precede l’Adagietto ha convinto appieno: Conlon ha saputo coglierne bene l’essenza, che – si sa – consiste in un curioso quanto fascinoso mix di popolaresco, estroverso Ländler e di pathos sofferto, affibbiandogli quel colore ora sfavillante, ora livido, grazie a una screziata ‘paletta’ timbrica: tant’è che è apparso sghembo e quasi  cubista quanto occorre, privato di quelle macerazioni che talora rischiano di trasformarlo in un quid di eccessivamente decadente. Anche il passo centrale, quello in guisa di stranita serenata notturna poteva essere un poco più delicato: ma Conlon evidentemente è così che ‘sente’ la Quinta, pigiando più il pedale sull’aspetto sfolgorante che non sul versante intimista.

Trascinante e irresistibile il Finale, vero e proprio macrocosmo, come il portato dell’intero universo tardo-romantico, ovvero di una civiltà – quella austro-tedesca – giunta orami al capolinea, a un passo dalla catastrofe della Prima Guerra Mondiale. Ottime tutte le prima parti, salvo qualche occasionale défaillance, ma di piccolissimi nei si è trattato, sicché l’OSNRai si conferma ben piazzata e quasi in pole position, accanto a Filarmonica della Scala, Santa Cecilia e Maggio Musicale, tra le quattro migliori orchestre italiane, in grado di competere, quanto a qualità e livello di maturità con le più blasonate compagini internazionali.

A controbilanciare sanamente l’impegno richiesto da Mahler ecco che in apertura di serata s’era ascoltata la deliziosa Quinta di Schubert, capolavoro formato mignon, frutto della creatività dell’autore dell’Incompiuta all’epoca appena diciannovenne. Conlon ha ben evidenziato il carattere haydnan-mozartiano della partitura, fin dal primo Allegro impregnato di verve ritmica. Lo ha affrontato marcando bene i ritmi squadrati senza renderlo peraltro banale e sciatto come altri direttori (che prendono sotto gamba una Sinfonia tanto nitida e apodittica quanto amabile e ricca di preziosità). Bene poi il tono arcadico dell’Andante con moto, qualche intemperanza forse solo nel Minuetto, apparso eccesivamente Stürmisch in anticipo sui tempi: ma è pur vero che, con quei suoi spostamenti d’accento, quelle insistite settime diminuite, è un vistoso quanto intenzionale calco della mozartiana K 550, ed il sol minore di impianto esalta ancor più l’esibita analogia da parte dell’adolescente Schubert. Sicché farne un movimento pre-romantico appare quasi del tutto legittimo.

Da ultimo scioltezza e brio nel finale affrontato a velocità ragguardevole ed infondendovi una pimpante souplesse, con garbo, grazia e intelligenza interpretativa. Un buon inizio, ovvero la premessa migliore per una nuova grande stagione, con bei nomi del solismo internazionale. E le emozioni, anche quest’anno, non mancheranno di certo.
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Tags: James ConlonOSNRai
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Attilio Piovano

Attilio Piovano

Musicologo e scrittore, ha pubblicato (tra gli altri) Invito all’ascolto di Ravel (Mursia 1995, ristampa RCS 2018), i racconti musicali La stella amica (Daniela Piazza 2002), Il segreto di Stravinskij (Riccadonna 2006) e L’uomo del metrò (e-book interattivo per i tipi de ilcorrieremusicale.it 2016, prefazione di Gianandrea Noseda). Inoltre i romanzi L’Aprilia blu (Daniela Piazza 2003) e Sapeva di erica, di torba e di salmastro (rueBallu 2009, prefazione di Uto Ughi). Coautore di una monografia su Felice Quaranta (con Ennio e Patrizia Bassi, Centro Studi Piemontesi 1994), del volume Venti anni di Festival Organistico Internazionale (con Massimo Nosetti, 2003), curatore e coautore del volume La terza mano del pianista (Testo & Immagine 1997). Laurea in Lettere, studi in Composizione, diploma in Pianoforte, in Musica corale e Direzione di Coro, è autore di contributi, specie sulla musica di primo ‘900, apparsi in volumi miscellanei, atti di convegni e su rivista. Saggista e conferenziere, vanta collaborazioni con La Scala, Opéra Royal Liège, RAI, La Fenice, Opera di Roma, Lirico di Cagliari, Coccia di Novara, Carlo Felice di Genova, Stresa Festival, Orchestra Camerata Ducale ecc.; a Torino col Festival MiTo (già Settembre Musica, ininterrottamente dal 1984), Unione Musicale, Teatro Regio, Politecnico e con varie altre istituzioni. Già corrispondente del «Corriere del Teatro», ha esercitato la critica su più testate; dalla fondazione scrive per «ilcorrieremusicale.it»; ha scritto inoltre per «Torinosette», magazine de «La Stampa», ha collaborato con «Amadeus» e scrive (dal 1989) per «La Voce del Popolo» (dal 2016 divenuta «La Voce e il Tempo»); dal 2018 recensisce per «Il Corriere della Sera» (edizione di Torino). Membro di giuria in concorsi letterari nonché di musica da camera e solistici. Docente di Storia ed Estetica della Musica (dal 1986, presso vari Conservatori), dal 1991 a tutt’oggi è titolare di cattedra presso il Conservatorio “G. Cantelli” di Novara dove è inoltre incaricato dell’insegnamento di Storia della Musica sacra moderna e contemporanea nell’ambito del Corso biennale di Diploma Accademico in Discipline Musicali (Musica sacra) attivato dall’a.a. 2008/2009 in collaborazione col Pontificio Ateneo di Musica Sacra in Roma. Dal 1° gennaio 2018, cura inoltre l’Ufficio Stampa del Conservatorio “G. Cantelli”. Dal 2012 tiene corsi monografici sulla Storia del Melodramma (workshop su «Architettura, Scenografia e Musica» presso il Dipartimento di Architettura & Design del Politecnico di Torino, Corso di Laurea Magistrale, in collaborazione con Fondazione Teatro Regio). È stato Direttore Artistico dell’Orchestra Filarmonica di Torino. Dal 1976 a Torino è organista presso la Cappella Esterna dell’Istituto Internazionale ‘Don Bosco’, Pontificia Università Salesiana (UPS), dal 2017 anche presso la barocca chiesa di San Carlo, nella piazza omonima, e più di recente in Santa Teresa. Nell’autunno del 2018 in veste di organista ha partecipato ad una produzione del Requiem op. 48 di Fauré. È citato nel Dizionario di Musica Classica a cura di Piero Mioli, BUR, Milano © 2006, che gli dedica una ‘voce’ specifica (vol. II, p. 1414).

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