A Firenze nella stagione degli Amici della Musica il concerto di Ottavio Dantone e l’Accademia Bizantina
Johann Sebastian Bach ci ha lasciato un catalogo sterminato nel quale tante cose sono state poco eseguite per molti anni. Tra queste le Sinfonie dalle cantate sacre, che Bach compose in gran numero per le funzioni domenicali in grado di coprire cinque annate liturgiche complete. Pescando da questo patrimonio musicale Ottavio Dantone, specialista del repertorio barocco, ha costruito un programma in modo che le Sinfonie scelte si presentassero come composizioni collegate tra esse, quasi un unico brano in più movimenti. Accanto a Bach, Dantone e l’Accademia Bizantina hanno inserito due Concerti grossi di Arcangelo Corelli, autore che Bach apprezzava tanto da trascriverne alcune pagine.
Il programma del concerto per gli Amici della musica di Firenze ha quindi seguìto uno schema uguale per prima e seconda parte, ovvero quattro Sinfonie di Bach e un concerto di Corelli dall’opera VI. I brani del compositore tedesco risalgono a periodi diversi, evidenziati anche dal numero di catalogo. Ed è ascoltando queste composizioni che l’operazione di Dantone gioca sull’effetto sorpresa per l’ascoltatore bachiano: la Sinfonia dalla Cantata 156, con la melodia evidenziata dall’oboe, è il movimento lento centrale del Concerto per clavicembalo e archi BWV 1056, mentre quella dalla Cantata 146 è una rielaborazione del primo tempo del Concerto in re minore per clavicembalo a archi con Dantone eccellente solista all’organo. Le letture dell’Accademia Bizantina seguono in maniera adeguata il rigore che le pagine di Bach richiedono.
Una marcia in più da un punto di vista interpretativo si ha con le pagine di Corelli. Se i Concerti grossi dall’opera VI rappresentano un elemento di curiosità minore rispetto alle riscoperte bachiane, la loro proposta (con gli arrangiamenti di Dantone che ha aggiunto i fiati alla normale prassi dei soli archi) conferma la solidità e l’affiatamento dell’ensemble in questo repertorio. Alla fine del concerto si ha l’impressione di una bella e salutare immersione nella musica dei migliori autori barocchi, completata da un fuori programma composto dallo stesso Dantone. Una fuga, ovviamente, nello stile di Bach.
Michele Manzotti