di Simeone Pozzini

occhioalleorecchieSull’attualità musicale, sui modi di vivere la musica. Un libro di costumi (e mal costumi), di riflessioni in prima persona con qualche dato di disincanto sulla comunità della musica classica. Forse proprio per questo Occhio alle orecchie (ed. Ponte alle Grazie) si rivolge, con scrittura leggera (nel senso che scorre lievemente, velocemente) ad un pubblico altro. Un pubblico al quale parlare e spiegare  la musica ‘dal di dentro’, recuperando il lato emotivo, forse come in una conferenza per Ted.  Ed ecco esempi ed esperienze. Campogrande non rimane ‘sconvolto’, in taxi, da Radio Dimensione Suono, lo affascina il ritmo vorticoso del palinsesto. Eppure questo andamento lo estranea e poco dopo ci spiega che la frequentazione della musica classica crea una profonda necessità di silenzio. La sua strategìa dialettica è insomma quella della divulgazione all’anglosassone.

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Vale l’ascolto distratto? si chiede l’autore. «Io ad esempio, quando in sala da concerto mi imbarco nell’ascolto di una qualsiasi sinfonia di Beethoven, metto in conto che un po’ ascolterò con attenzione (…) e un po’ penserò ad altro, poiché la vita ha ritmi suoi, non più in sintonia con quelli del’Ottocento».  È l’idea di una disfunzionale normalità da accettare e sulla quale ritornare con maggiore consapevolezza, quella che sembra affermare Campogrande in Occhio alle orecchie. Tabù, dogmi e rituali del professionista si spogliano dal solenne sacerdozio artistico per offrire una strada verso la normalità ed una integrazione del fatto musicale nei luoghi della vita, tanto ambita dalla categoria dei musicisti e così poco capita dal resto del mondo.  Il libro inizia infatti con la domande delle domande: la musica ha un’utilità sociale? Lo spunto è offerto involontariamente da Renzo Piano, al quale Campogrande chiede come si distingue una buona architettura. «Il buono si riconosce dall’utile». Da qui il discorso si apre, naturalmente non si esaurisce e un po’ a volo d’angelo passa da Il mestiere dell’ascoltatore a I compositori, gli interpreti e Verso il futuro. Piccole riflessioni ricche di spunti. Saranno sufficienti per ascoltare musica classica e vivere felici? Probabilmente no, ma rappresentano un punto di vista.

Una sezione  conclusiva intitolata Dodici partiture raccoglie in ordine sparso alcuni saggi-programmi di sala con focus specifici:  dalla Passione secondo Giovanni di Bach alle Folks Song di Berio. La pubblicistica musicale è davvero ricchissima di riflessioni in prima persona che affrontano ed uniscono vicende autobiografiche, divagazioni di carattere filosofico, divulgazione, da L’arte di ascoltare la musica di Claudio Casini a Perché la musica classica? di Lawrence Kramer. Il pregio di questo libro, oltre alle personali riflessioni di Campogrande, è sicuramente quello di aver fotografato la società del nostro tempo e averne lasciato traccia, la società dei tweet in sala da concerto (come chiede di fare ad esempio l’Opera Royal House al cinema – ma nell’intervallo) e della musica come sottofondo.

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Simeone Pozzini

Simeone Pozzini

È pianista e critico musicale. È stato tra i fondatori e successivamente direttore artistico del Festival ContemporaneaMente di Lodi. Ha registrato per Stradivarius. Ha fondato e dirige Il Corriere Musicale. È stato tra i collaboratori del canale televisivo Classica in onda su Sky.

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