compositori quali Fauré e Debussy. Un altro elemento che va messo in evidenza nel processo di formazione del drame lyrique è la sua vocazione letteraria, che porterà alla Literaturoper (cioè l’opera che mette in musica un testo letterario senza surrogarlo in un libretto).Anche in questo caso il passaggio da Faust a Roméo et Juliette è significativo. Il primo infatti non è tratto direttamente da Goethe; i due librettisti Jules Barbier e Michel Carré lo approntarono rimaneggiando il «drame fantastique» Faust et Marguerite che quest’ultimo fece rappresentare nel 1850 in un teatro del boulevard, il Gymnase Dramatique. Roméo et Juliette invece venne tratto dagli stessi due librettisti direttamente da Shakespeare, senza realizzazioni teatrali intermedie.
La distanza di questo libretto dagli adattamenti shakespeariani tipo quello di Felice Romani per Vaccai (1825) e Bellini (1830), adattamenti che tanto scandalizzavano Berlioz, è enorme. La strada verso la cosiddetta Literaturoper è aperta (anche se ancora abbastanza lunga). D’accordo, Gounod e i suoi librettisti tradiscono Shakespeare quando fanno risvegliare Giulietta prima che Romeo muoia. Ma questa era la “vulgata” teatrale del dramma shakespeariano fin dai tempi di Garrick. Lo stesso Berlioz, fustigatore dei rimaneggiamenti-profanazioni “alla Castil-Blaze”, optò per questa soluzione patetizzante nella sua famosa «sinfonia drammatica». Se si vuole trovare in Gounod una significativa deroga al dettato shakespeariano-berlioziano, bisogna rivolgersi piuttosto al taglio della scena finale, quella della riconciliazione tra Capuleti e Montecchi. Il messaggio storico-politico del dramma, fondamentale nel grand opéra e nel finale di Roméo et Juliette di Berlioz, non interessa Gounod, che tende a concentrare tutta la vicenda nella sfera interiore dei due protagonisti. Dopo le ultime parole pronunciate all’unisono dai due amanti («Seigneur, pardonnez-nous»), il messaggio finale è lasciato all’orchestra che condensa in 12 battute due temi diversi. Le prime 4 battute riecheggiano l’incipit del Sommeil de Juliette (il pezzo musicale n. 21 della partitura), mentre il resto rinvia all’explicit del motivo che fin dall’ouverture-prologue esprime l’amore di Romeo e Giulietta. Si tratta di un pezzo tipicamente lyrique il cui effetto è ancora accresciuto dal fatto che il suo carattere quasi estatico contrasta terribilmente con ciò che vediamo sulla scena. La musica non amplifica la situazione drammatica, ma dice ciò che non si vede: ci fa quasi sentire, suprema illusione, il suono dell’oltre vita. Penetrati come siamo in un’altra dimensione, non possiamo ritornare al sermone di Frate Lorenzo e alla riconciliazione dei Capuleti e Montecchi. Romeo e Giulietta, immersi nel loro sonno, non li sentirebbero più.
IL SOGGETTO
di Emilio Sala
dal programma di sala del Teatro alla Scala
Atto primo
L’opera incomincia con un prologo cantato che Gounod inserisce a mo’ di ouverture e in cui il coro evoca il dramma che sta per svolgersi. Poi l’azione incomincia con la scena della festa mascherata a casa dei Capuleti. Nel contesto sfarzoso e chiassoso, entra Juliette introdotta da suo padre. La giovane fanciulla è ammirata da tutti per la sua bellezza. Tra gli ospiti, si aggirano mascherati anche i due amici Mercutio e Roméo Montecchi (rampollo della famiglia nemica dei Capuleti) che appare turbato da strani presentimenti e vorrebbe allontanarsi. Mercutio lo consola sostenendo che di certo egli è stato visitato da Mab, la regina dei sogni. Juliette, promessa sposa al conte Pâris, confida alla nutrice Gertrude che vorrebbe vivere la sua giovinezza senza dover pensare ancora al matrimonio. Alla vista di Juliette, Roméo si innamora istantaneamente senza sapere che la ragazza è la figlia di Capuleti. Egli le si avvicina dichiarando il suo amore in un modo galante e appassionato. L’incantesimo è rotto da Tybalt, cugino di Juliette, che riconosce la voce dell’odiato Roméo Montecchi. I due innamorati scoprono dunque di appartenere a due famiglie nemiche. Tybalt sta per lanciarsi contro Roméo, ma interviene Capuleti per sedare la lite: la festa deve continuare. Roméo e Mercutio si allontanano.
Atto secondo
Di notte, Roméo entra furtivamente nel giardino dei Capuleti ed esprime tutta la sua passione paragonando Juliette al sole nascente. Quest’ultima si mostra ben presto al balcone, ricambiando le frasi d’amore dell’amante. Il loro dialogo appassionato è interrotto da un gruppo di servitori dei Capuleti che cerca il paggio di Roméo per dargli una lezione; poi interviene anche la nutrice che richiama Juliette in casa. Poco dopo riprende però il dialogo amoroso dei due amanti che si lasciano con la promessa di rivedersi l’indomani.
Atto terzo
Il primo quadro si svolge nella cella di Frate Lorenzo.
Quest’ultimo, toccato dall’amore dei due giovani e sperando che esso possa servire alla riappacificazione dei Capuleti e Montecchi, alla presenza di Gertrude sposa Roméo e Juliette. Il secondo quadro si svolge nelle vicinanze della casa dei Capuleti. Stéphano, il paggio di Roméo, canta una canzone provocatoria e Gregorio, servo dei Capuleti, lo sfida a duello. Subito intervengono anche Mercutio, in difesa di Stéphano, e Tybalt, in difesa di Gregorio. Quest’ultimo sguaina la spada e uccide l’amico del cuore di Roméo che, reagendo impulsivamente, trafigge Tybalt. Entra il duca di Verona che condanna Roméo all’esilio.
Atto quarto
Il primo quadro si svolge nella camera di Juliette.
L’ultima notte prima della partenza sta per finire: al canto dell’allodola Roméo deve partire per l’esilio. I due amanti e sposi segreti si separano. Entra Capuleti seguito da Frate Lorenzo. Il padre comunica alla figlia la sua decisione irrevocabile: quel giorno stesso Juliette dovrà sposare Pâris. Frate Lorenzo cerca di tranquillizzare la ragazza: egli possiede una pozione che provoca una morte apparente, unico mezzo per sottrarsi al matrimonio.
Il secondo quadro è quello della cerimonia nuziale.
Il rito sembra svolgersi regolarmente, ma quando Pâris sta per infilare l’anello nel dito di Juliette, quest’ultima cade a terra esanime. Tutti piangono la sua morte.
Atto quinto
Una cripta sotterranea con le tombe dei Capuleti.
Frate Lorenzo non è riuscito a far giungere a Roméo la notizia della finta morte di Juliette. Il giovane Montecchi è giunto alla tomba dell’amata e, davanti a quello che crede essere il suo cadavere, beve il veleno. Poco dopo Juliette si risveglia ma la sua gioia nel rivedere Roméo è di breve durata: ormai quest’ultimo sta morendo; la ragazza allora si pugnala e i due amanti muoiono abbracciati invocando il perdono celeste.
NOTE DI REGIA
di Bartlett Sher
dal programma di sala del Teatro alla Scala
Romeo and Juliet, straordinario dramma shakespeariano, è stato un testo innovativo in epoca rinascimentale. Shakespeare vi fece confluire nuove idee, diffuse a corte fra i Neoplatonici, e diede loro veste drammatica. I Neoplatonici trovarono la via per dedicarsi al mondo attraverso l’amore individuale. Shakespeare conferì nuova ampiezza di respiro fino a giungere alla tragedia sociale, dove l’amore riesce a risanare la conflittualità tra due famiglie rivali. Gounod, scrivendo 250 anni più tardi, è interessato a qualcosa di completamente diverso. Influenzato da Wagner (in particolare da Tristan und Isolde), analizza come l’amore individuale possa offrire un accesso al divino – idea blasfema per il pubblico di epoca elisabettiana. Quest’opera è un’emozionale visione onirica del dramma, e ambientando la mia regia fra le mura della Felsenreitschule di Salisburgo, si ha l’opportunità di sperimentare l’estasi dell’innamoramento attraverso la musica di Gounod. Ma il compositore francese porta questa scelta oltre, fino alle estreme conseguenze per i due giovani, i quali trovano non solo nell’amore ma anche nella morte una via verso il divino. Quella esperienza e i suoi coinvolgimenti emozionali rappresentano, per la società nella quale vivono, il viaggio onirico dell’opera di Gounod.
comunicato stampa