di Ilaria Badino
Se in Rossini l’alveo serio è percorso da impeti coturnati e quello buffo da una brillantezza senza tempo, è la produzione semiseria (non vastissima, per la verità) quella per la quale, perlomeno a livello di argomenti affrontati, egli può essere considerato quanto mai moderno. Qui, infatti, evidente è la centralità di tematiche sociali e civili esaminate in bilico tra la tragedia ed il sorriso, accompagnate da quell’inconfondibile tessuto musicale intrinsecamente gioioso il quale, tuttavia, si vena a tratti del palpabile senso di sconfitta caratterizzante la miserevole condizione umana rispetto ai capricci della sorte.
E se il felice libretto che Jacopo Ferretti approntò per Matilde di Shabran si pone come pietra miliare di un femminismo ante litteram, La gazza ladra affronta un altro tema, forse più attuale ancora: la malafede nell’esercizio della giustizia, l’abuso di potere, l’impotenza dei soggetti politicamente deboli nei confronti di quelli ai vertici della piramide. In breve: Ninetta è una giovane di bell’aspetto che viene ingiustamente accusata del furto di una posata, illegalità all’epoca punita con la pena capitale; l’assai poco integerrimo Podestà Gottardo le offre una scappatoia. A questo punto credo che la moralità del personaggio in questione possa essere riassunta al meglio direttamente citando alcune frasi clou da lui stesso proferite: «No, no, per la mia sete / non ci vuole del vin»; e, quando la poveretta è ormai spacciata, di tal genere è l’aiuto che il magistrato intende elargirle: «Omai più non t’avanza che di venir con me», «La superbia e l’ardimento / ti farò ben io passar. / Già vicino è il mio momento / di goder e trionfar». Costume tutto sommato non troppo diverso da quello imperante qui, oggi: non vi pare?
La casa discografica genovese Dynamic fa ora uscire sul mercato, dopo la pubblicazione del dvd, il triplo cd live che documenta la produzione del melodramma allestita in occasione del Rossini Opera Festival del 2007, la quale consacrò in via definitiva il giovane regista veneziano Damiano Michieletto come uno dei talenti più fervidi del panorama operistico odierno. È doveroso premettere che la mancanza del sensazionale aspetto visivo si fa sentire, e non poco. Ad ogni modo, il cast raccolto per l’occasione si dimostra all’altezza del non facile compito di rendere giustizia al titolo rossiniano, raramente eseguito ma di gran pregio. La palma dei migliori spetta ai cantanti che interpretano i due ruoli paterni, ossia Paolo Bordogna quale Fabrizio Vingradito ed Alex Esposito nei panni di Fernando Villabella, caratterizzandoli secondo le diverse peculiarità evidenziate da musica e libretto. Perciò, se Bordogna ritrae un papà bonario, affettuoso ed accondiscendente, Esposito dà voce ad un genitore anch’egli amorevole, ma più bruscamente protettivo; ne è prova l’aria del secondo atto «Accusata di furto», scritta per il mitico Filippo Galli ed interpretata con intimo, tormentato coinvolgimento.
La coppia di amorosi trova fresca baldanza in Mariola Cantarero ed in Dmitry Korchak. Il soprano di Granada può non risultare gradito a tutti per il timbro acidulo che tende a diventare via via ancora più aspro nelle ascese in acuto, ma è un dato di fatto che risolva efficacemente la propria parte sia nei momenti di giubilo (la cavatina «Di piacer mi balza il cor», il Finale ultimo) che in quelli di mesta rassegnazione, in cui la qualità della voce viene edulcorata da una soffusa dolcezza interpretativa. Per ciò che concerne Korchak, la sottoscritta nutre più d’una perplessità riguardo al suo frequente proporsi nel Belcanto; pur trascurando qualche attacco un poco sporco (da rilevare che le giornate in cui è stata effettuata la registrazione non sono state quelle di migliore forma fisica per ciò che concerne l’intero cast: si ricordi, infatti, che per buona parte del secondo atto i cantanti sguazzavano su di un palcoscenico annacquato), la vocalità sembra costantemente sul punto di esplodere, mal contenuta dalle catene di forme e di strutture che non le permettono di rendere al meglio le proprie potenzialità. È vivo, nel tenore russo, un impeto nemmeno troppo latente che si confà assai meglio a ruoli liricamente romantici quali Lenskij in Evgenij Onegin, molto ben cantato al Carlo Felice nella primavera del 2008 e, più recentemente, a Vienna a fianco della diva Netrebko. Intendiamoci: Korchak snocciola tutto con dovizia. Ma dà pur sempre l’impressione di non sguazzare nel suo.
Michele Pertusi mostra un poco d’affanno nelle colorature finali della cabaletta della cavatina «Il mio piano è preparato», ma, da rossiniano navigato qual è, si riscalda a mano a mano e, con la propria bella voce padana, morbida ed elegante, risulta impeccabile nel resto dell’esecuzione (a parte qualche grave poco sonoro nell’«Udrai la sentenza»). Manuela Custer tratteggia un Pippo verdeggiante, dando il meglio di sé nel patetico duetto del second’atto con Ninetta «E ben, per mia memoria», rifinito con tenui accenti lacrimevoli. Kleopatra Papatheologou delinea una Lucia giustamente matronale; Cosimo Panozzo, Vittorio Prato e Matteo Ferrara sono, rispettivamente, valenti come Antonio, Giorgio, Ernesto/Il Pretore. Petulante alquanto il venditore Isacco di Stefan Cifolelli. Felice la concertazione del Maestro cinese Lü Jia, che palesa sin dalla celeberrima ouverture di saper tenere le fila della splendente partitura del Cigno di Pesaro. Manca però un certo mordente, dal momento che la pur valida Orchestra Haydn di Bolzano e Trento possiede vigore e rotondità di suono limitati. Forse, se i complessi del Teatro Comunale di Bologna non fossero già stati impegnati in Otello in quella medesima edizione del ROF, si sarebbe trovata la quadratura del cerchio.
Rossini | La gazza ladra (melodramma in due atti di Giovanni Gherardini) – Paolo Bordogna, Kleopatra Papatheologou, Dmitry Korchak, Mariola Cantarero, Alex Esposito, Michele Pertusi, Manuela Custer, Stefan Cifolelli, Cosimo Panozzo, Vittorio Prato, Matteo Ferrara; Coro da Camera di Praga, Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, direttore Lü Jia | CDS 567/1-3
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