Un ponte tra medioevo e modernità il testo. Occidente e Oriente nella partitura della dea anti-stato. Ecco l’incontro tra irrequietudini distanti sette secoli
di Francesco Fusaro
IL Cantico delle Creature di Francesco D’Assisi è considerato un caposaldo della letteratura in volgare. Non c’entrano le questioni religiose, anche se ovviamente, dato il personaggio (se non lo avete fatto, leggete il magnifico Vita di un uomo di Chiara Frugoni, uscito per i tipi di Einaudi) e data la tematica, non si può tacere sulla vera ispirazione del testo poetico. Ma anche se prendeste in mano un libro come Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond vi trovereste a pensare che viviamo in mezzo ad una natura straordinaria. Che ciò sia dovuto al caso, o ad un ordine prestabilito, tutto sommato poco importa. E a meno che non pensiate «que toda la vida es sueño», come Pedro Calderón de la Barca, converrete che qualcuno dovesse prima o poi farsi carico di scrivere una lauda a ringraziamento della realtà per essere quello che è; ovvero sostegno della (e confronto per la) natura umana, ed al tempo stesso sua ineluttabile punteggiatura («Laudato si, o mi Signore / per sora nostra morte corporale, / da la quale nullo homo vivente po skappare»). Per nostra fortuna in totale opposizione con la visione cupa e castigatrice di uno Jacopone da Todi (una visione che pure ha il suo fascino, va detto). Dunque a questa mistica eppure mondana celebrazione pensò all’epoca Francesco D’Assisi, fatto poi Santo.
Sofia Gubaidulina, fra il 1997 e il 1998, ne scrisse una versione per musica (Canticle of the Sun), dedicandola a Mstislav Rostropovich, l’eminente violoncellista russo del quale la stessa compositrice rivela una curiosa visione: «…nella mia immaginazione [Rostropovich] è perpetuamente illuminato dal Sole, dalla sua luce». E ascoltando quanto richiesto al violoncellista solista in termini di virtuosismo, cantabilità, precisione dell’intonazione, non ci possono essere dubbi sulla dedica del brano e sulle altissime capacità necessarie per affrontarne l’interpretazione.
Articolato in quattro episodi, Canticle of the sun ha prevalentemente una struttura di tipo responsoriale: al coro misto (buona l’interpretazione quanto la dizione del Riga Chamber Choir “Kamēr”) è affidata la declamazione del testo mediante canto piano. Percussioni, celesta e violoncello (l’ottimo Nicolas Altstaedt) intervengono in risposta sia attraverso la gestualità (si diceva particolarmente ardita per quest’ultimo con passaggi suonati sul ponticello e dietro di esso con bastoncino di legno, solo per fare un esempio), sia attraverso brevi ma intense frasi melodiche. Le sovrapposizioni fra strumenti e voci non hanno, come precisa la Gubaidulina nel libretto del cd, lo scopo di amplificare l’espressione del canto: «In alcuna circostanza il testo dovrebbe essere cantato. Per nessun motivo l’espressione del cantico dovrebbe essere intensificata dalla musica», spiega. «Ho cercato di mantenere la parte corale sobria, persino reticente, e di mettere tutta l’espressione nelle mani del violoncellista e dei percussionisti». Ciò rende pertanto l’ascolto non immediatamente intellegibile, eppure particolarmente evocativo. I silenzi, i soli, le dinamiche, gli splendidi incastri fra i radi strumenti e le fantasmagoriche voci testimoniano un pensiero musicale immaginifico eppure rigorosissimo. Lo stesso che presiede alla composizione che completa l’uscita, quella sostanziosa The Lyre of Orpheus (2006) dedicata al violino di Gidon Kremer, protagonista, insieme al violoncello di Marta Sudabra e a Kremerata Baltica, di questa registrazione. Il brano rappresenta la prima parte di un trittico intitolato Nadeyka ed è costruito sull’accordo cosiddetto della lira di Orfeo, ovvero quella serie di intervalli facenti parte del sistema base di Pitagora e parte al tempo stesso del tetraktys tanto amato in ambito rinascimentale. Ma come spesso accade, più che percepire questi tecnicismi l’ascoltatore cercherà nel brano (proprio grazie alla musica della Gubaidulina, e non nonostante essa) una rappresentazione della mitologica figura greca, anch’essa decisamente vicina alle cose terrene eppure portatrice di un messaggio incantatore che spinge l’uomo a trascendere la realtà quotidiana, a guardare al segreto meccanismo delle cose mondane. Anche a costo di scoprire che la vita è «una ilusión, una sombra, una ficción».
Sofia Gubaidulina, Canticle of the Sun | Nicolas Altstaedt, violoncello | Riga Chamber Choir “Kamēr” | Māris Sirmais, direttore | ECM New Series, 476 4662