di Attilio Piovano
Eccezionale inaugurazione di stagione per OSNRai, a Torino, in Auditorium ‘Toscanini’ con la sublime e monumentale Seconda di Mahler, per l’eccellente, raffinata e calibratissima direzione di Fabio Luisi: la sera di mercoledì 19 ottobre 2022 (con diretta su Rai 5, su Rai Radio 3 per Radio 3 Suite e, in differita, sul circuito Euroradio), con replica la sera seguente.
Successo a dir poco strepitoso per una compagine – l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai – che continua a mantenersi a livelli altissimi, potendo contare su immissione di linfa nuova e qualificate presenze in organico (grazie ai concorsi ed al divenire di un organismo che vanta ormai un’enorme patrimonio umano ed artistico, ponendosi al livello delle migliori orchestre europee, se non addirittura mondiali). E sarà appena il caso di ricordare il valore per così dire ‘simbolico’ a Torino di tale Sinfonia, prescelta come ben ricordano gli appassionati, nel 2006 per festeggiare la riapertura dell’Auditorium di piazzetta fratelli Rossaro, dopo rilevanti lavori di adeguamento e ristrutturazione (a dirigerla all’epoca vi fu Raphael Frühbeck de Burgos, laddove per risalire alla più recente esecuzione occorre richiamare alla mente quella diretta da James Conlon nel gennaio del 2020).
Davvero ottimo e accurato il lavoro compiuto da Luisi che, molto opportunamente lontano da enfasi ed eccessi di retorica, della vasta Sinfonia detta ‘Resurrezione’, in virtù del testo tratto dal singolarissimo Messias di Klopstock adottato per l’ultimo movimento, ha dato una interpretazione toccante, pienamente convincente e ricchissima di emozioni, in tutti i suoi ampi ed articolati (ancorché contrastanti) movimenti. Un’interpretazione ammirevole per coerenza stilistica, per messa a fuoco dei dettagli, pur senza nel contempo mai perdere la visione d’insieme, governando con mano salda un complesso di poco meno di duecento artisti. Ad affiancare l’OSNRai infatti la presenza di lusso delle voci soliste di Valentina Farcas (soprano) e Wiebke Lehmkuhl (contralto), nonché del Coro del Teatro Regio di Torino, ottimamente istruito dallo scrupoloso Andrea Secchi.
E allora ecco in apertura la drammaticità e il fatalismo del primo movimento (Allegro maestoso) che s’avanza inizialmente minaccioso, gravido di tragedia, quasi gigantesca Trauermarsch come in apertura della successiva Quinta; ma ecco poi anche quasi subito emergere questi momenti estatici, quelle dolci e nostalgiche estenuazioni che, poste a reagire con i passaggi tellurici, a tratti terrificanti e i corposi empiti sinfonici a piena orchestra, di Mahler sono la vera e propria firma. Come non ammirare il conflagrare di improvvisi schianti, il collassare della materia sonora, le ondate in piena del magma fonico che Luisi domina con pacata lucidità ed assoluta sicurezza, come un nocchiere navigato ed esperto.
Poi il tono retrospettivo e nostalgico del successivo Andante moderato, quasi un garbato e a tratti bonario Ländler con quella sua emozionante zona mediana dalle stranite sonorità e dai rarefatti pizzicati che paiono alludere ad una serenata notturna d’altri tempi: e raramente l’abbiamo ascoltata circonfusa da un’aura di bellezza così delicata e magica. Con il terzo tempo, tutto improvvisi cambi di rotta e sconquassi, si entra nella categoria del ‘grottesco’ così peculiare in Mahler. E allora ritmi sghembi e, soprattutto, timbri aciduli e pungenti come stalattiti. Ma anche festosi e altisonanti empiti cavallereschi ai quali Luisi conferisce – giustamente – grande rilievo, potendo contare su una sezione degli ottoni davvero d’eccezione (come del resto invariabilmente occorre dire di tutte le altre sezioni: dagli archi, pastosi e possenti, ma anche delicati dove occorre, ai legni impeccabili, alle magnifiche percussioni). La voce del contralto – ottima la performance della già citata Wienke Lehmkuhl – s’avanza, come noto, entro il fiabesco quarto tempo (e qualcosa pare già in anticipo rispetto alla Vita celestiale che conclude la cameristica Quarta), movimento dall’emblematico titolo Urlicht (Luce primigenia) fondato su un toccante e ingenuo testo tratto da quel mirifico fondaco che per Mahler fu la raccolta del Corno magico del fanciullo, all’esordio con un tono ieratico come di Corale luterano. Suggestivo il passo in cui la voce dialoga col solo primo violino e mirifici anche certi ‘anticipi’ rispetto alla Quinta.
Con fortissimo contrasto ecco il conflagrare iniziale del quinto (e ultimo) movimento, il vero clou, il fulcro espressivo verso il quale converge l’intera Sinfonia, ed ecco poi subito sprigionarsi un’atmosfera serena e iperurania, come sarà nel Bimm-Bamm sillabato dalle voci infantili nella Terza. Non solo: come spesso succede in Mahler, che nell’intero arco delle sue Nove Sinfonie pare aver più volte ripercorso sentieri già battuti, a saper leggere tra le righe ed ascoltare con consapevolezza, qualcosa emerge dalla Prima (originariamente detta ‘Il Titano’). Il movimento finale, vasto e pluri sfaccettato annovera il risuonare esterno di ottoni molto ‘wagneriani’, tratti delicatissimi, funerei rintocchi e molto altro ancora. Tutto un mondo di allusioni, se non di vere e proprie citazioni. Passi in cui l’orchestra quasi ebbra procede spedita, sonora ed ottimista, come ad anticipare il messaggio (pur laico e sui generis) circa il valore profetico di una Resurrezione del cuore e dello spirito, ad annunciare una verità rivelata e una vera e propria epifania (il trionfo ideale sulla morte), collidono invero con il ruggire possente delle percussioni e quel senso di catastrofe annunciata che pare riportarci all’esordio. Ma ecco che la Sinfonia, ancora una volta, ci spiazza (e in questo risiede innegabilmente uno dei motivi di fascino del lascito sinfonico mahleriano), devia ulteriormente, prende corpo un aitante ritmo di marcia con lo svettare della tromba ed il rintocco festoso della campane. Da ultimo l’avanzare sommesso del coro, dopo l’ennesimo apice dinamico, coro che si presenta dolcissimo e quasi cameristico, sillabando in pianissimo.
All’eloquio rarefatto e a cappella del coro femminile (un plauso speciale alle voci del Regio, in particolare alla sezione per l’appunto di soprani e contralti), corrisponde poi l’emergere di contralto e soprano. Ottime sono parse entrambe le voci soliste, impegnate in una parte duettante tanto impervia, quanto emozionante. Bene poi anche le voci maschili (ancorché con una impostazione forse leggermente sbilanciata su una allure fa coro operistico, ma è un piccolo appunto annotato per puro scrupolo, financo eccessivo, se si vuole, entro una esecuzione di altissimo livello). Ancora grandi emozioni nell’ultimissima parte della Sinfonia, salutata da lunghi e prolungati applausi da parte di un Auditorium gremito e, soprattutto, fa piacere constatarlo, con una significativa presenza di giovani, come del resto ha potuto piacevolmente constatare chi ha seguito in tv. Lepilogo, altisonante, declamatorio, icastico sprigiona un senso di rasserenante e ottimistica fiducia, con orchestra, coro e solisti incamminati verso un vero e proprio tripudio, suggellato dal suono giubilante delle campane. Un’esecuzione memorabile davvero, della quale a lungo conserveremo gradita memoria: felice premessa per una stagione che si preannuncia ricca di appuntamenti di qualità con solisti e direttori di fama mondiale, come sempre. Per la gioia degli audiofili torinesi avvezzi al doppio appuntamento in Rai, solitamente di giovedì e venerdì, e per quanti seguono da casa attraverso una rete sempre più diffusa e parcellizzata di media (radio e tv).
Quanto a Luisi – Direttore emerito dell’OSNRai – in stagione tornerà poi a dirigere ben cinque concerti, il primo appuntamento sarà con la beethoveniana Nona ancora col coro del Regio con il quale negli anni – promettono – proseguirà una proficua collaborazione.