Il titolo verdiano ha inaugurato la Stagione del Teatro Lirico. La regìa è di Stephan Medcalf, convince Dimitra Theodossiou nel ruolo della protagonista
di Luisa Sclocchis
SCORDATEVI I CHIARI RIFERIMENTI all’antico Egitto. Scordatevi sfingi, piramidi, elefanti in scena, geroglifici e comparse in gran numero. Scordatevi lo sfarzo di regìe, come quella di Zeffirelli (produzione del Teatro alla Scala del 1963, con scene e costumi di Lila De Nobili, ripresa nel 2012), capolavoro teatrale ormai nell’immaginario collettivo. Aida, che lo scorso 29 maggio ha inaugurato la Stagione lirica e di balletto 2015 del Teatro Lirico di Cagliari, nel periodo di contestata gestione della Sovrintendente Angela Spocci, ha tutt’altra impronta. L’allestimento è dell’innovativo regista inglese Stephan Medcalf, ripreso come già avvenuto nel 2009 da Marco Carniti, con scene e costumi di Jamie Vartan. L’ambientazione è quella dell’epoca della prima dell’opera, il 1871, con attenzione particolare alla guerra franco-prussiana del 1870 (quella stessa che isolò Parigi impedendo l’arrivo a Il Cairo di scene e costumi in tempo per i festeggiamenti per l’apertura del Canale di Suez), ed alle suggestioni esotiche ed orientaleggianti.
[restrict]
Ma, a decretare il successo o meno di uno spettacolo, come si sa, sono gli interpreti e non l’allestimento. Infatti, a ricevere evidenti segni di disappunto è stata ancora una volta solo la regìa. Regia che, come spesso avviene nel caso di chiavi di lettura controcorrente rispetto al comune gusto monumentale e conservatore, non ha riscontrato lo sperato consenso da parte del pubblico, che ha accolto il regista al momento degli applausi finali qualche fischio e manifestazioni di dissenso. Accoglienza più calorosa è stata invece riservata, dal numeroso pubblico in sala, al cast di buon livello qualitativo: protagonisti nomi di prim’ordine del panorama lirico internazionale.
Nel ruolo di Aida, il celebre soprano greco Dimitra Theodossiou, forse meno brillante che in altre performance che l’hanno vista protagonista, ma assolutamente convincente nelle vesti della schiava etiope amata da Radamès. Domina la scena con il carisma che la caratterizza e, con la sua voce dal colore scuro e rotondo, regala al pubblico un’interpretazione accorata e ricca di finezze espressive. Capace di unire alla potenza vocale la delicatezza estrema di morbidi pianissimo insieme a sfumature e gradazioni di filati emozionanti. Anna Maria Chiuri, mezzosoprano altoatesino, perfettamente a suo agio nel ruolo di Amneris, garantisce un’ottima presenza scenica ed una padronanza vocale notevole, insieme ad una tecnica robusta e solida ed un timbro brunito e caldo. Radamès, il tenore Francesco Anile, strappa consensi nella scena prima del primo Atto con la celebre romanza «Celeste Aida», ma pare nel complesso poco persuasivo nell’impegnativo ruolo del tormentato condottiero.
Rappresentata per la prima volta il 24 dicembre 1871 al Teatro Khediviale dell’Opera de Il Cairo, Aida rappresenta il prototipo di idea drammaturgica in cui il conflitto, spesso citato a proposito delle opere verdiane, tra ragione individuale e ragione pubblica diventa struttura costitutiva dell’opera. Cifra stilistica evidente nella continua alternanza negli atti tra vicenda privata e pubblica. Della scrittura verdiana colpisce l’utilizzo di motivi musicali ricorrenti, a caratterizzare alcuni personaggi, che costò all’autore l’accusa di esser diventato “imitatore di Wagner”, rivoltagli in occasione del flop della prima italiana, l’8 febbraio 1872 al Teatro alla Scala di Milano. Nell’interpretazione di Coro e Orchestra del Lirico, guidati dalla bacchetta di Antonello Allemandi, con Gaetano Mastroiaco maestro del coro, sono condivisibili le scelte agogiche piuttosto pertinenti, mentre lo sono meno quelle dinamiche. L’esecuzione appare talvolta carente nella cura delle tinte sonore e non sufficientemente attenta alla resa di un’orchestrazione tanto drammaticamente espressiva e densa.
[/restrict]
In questa Aida rappresentata a Cagliari c’é una foto dove si vedeno un po’ di persone, probabilmente c’erano Amonastro e gli altri interpreti, il direttore con l’orchestra, il coro con il maestro, di cui nella recensione non si parla, perché…?
Gentile Giovanni Bresciani, forse le è sfuggita una frase nell’ultimo paragrafo: «Nell’interpretazione di Coro e Orchestra del Lirico, guidati dalla bacchetta di Antonello Allemandi…» ecc.
Cordialmente