Il libro di Maurizio Giani, Johannes Brahms, (L’Epos, Palermo 2011) non è solo una biografia del compositore, ma anche un’indagine di vari aspetti della sua personalità, del contesto storico, delle opere e l’analisi degli unici due pezzi registrati da Brahms stesso su rullo
di Mariateresa Storino
Riduttivo e inesatto definire il volume di Maurizio Giani un libro su Johannes Brahms (Epos 2011) perché, accanto all’«uomo in disparte» («ein Abseiter» come si autodefinì lo stesso compositore), vivono Bach, Beethoven, Schumann, Liszt, Wagner, e tutti i protagonisti di una delle più discusse età della storia della musica, da cui scaturì l’odierno repertorio musicale. Ma i ‘comprimari’ di questa lodevole fatica non sono solo musicisti: l’autore dialoga con Adorno, Schönberg, Wittgenstein, Bloom, una schiera di intellettuali che potrebbe spaventare i potenziali fruitori se lo stesso Giani in “Prefazione” non dichiarasse che il suo «sguardo panoramico su quasi tutto quello che Brahms ha scritto si rivolge anzitutto al lettore non specialista». A questa rassicurazione segue però una precisazione: il testo indugia talvolta in esempi musicali e in discussioni sofisticate di aspetti formali delle opere esaminate. Non poteva risolversi altrimenti l’approfondita conoscenza e la persistente passione dell’autore per la musica di Brahms e, più in generale, per il canone musicale occidentale.
Se la biografia e il contesto storico-sociale di appartenenza occupano una parte rilevante del volume, ancora maggiore è lo spazio dedicato all’analisi dell’intera produzione di Brahms, compresa la produzione corale, ancora oggi quasi sconosciuta in Italia
Dopo aver abbracciato per anni la causa wagneriana – suo il volume Un tessuto di motivi. Le origini del pensiero estetico di Richard Wagner, vincitore del XXXV Premio Iglesias per la saggistica – riconoscendone pregi e difetti, Giani attraversa il fiume per vederlo scorrere dalla riva dei cosiddetti formalisti – gli antagonisti dell’opera wagneriana e della musica a programma, tra cui Brahms. Le opinioni sedimentatesi da più di un secolo sul dissidio tra Brahms e Wagner vengono sgretolate per mezzo di un’indagine sulle fonti biografiche, di un confronto diretto delle relazioni di reciproca influenza musicale, di una lettura delle polemiche del tempo con gli strumenti di una raffinata dialettica. Ed è proprio la dialettica, il background filosofico e il punto di vista dell’esteta che consentono all’autore di discutere le principali contraddizioni che assegnarono a Brahms di volta in volta l’epiteto di moderno, conservatore, epigono, classicista, romantico, arido, sentimentale.
Il volume, come vuole la tradizione monografica, prende avvio dalla biografia, che, ad eccezione delle tanto discusse esperienze adolescenziali, in verità conta pochi eventi memorabili, soprattutto dopo il trasferimento del compositore a Vienna. Il racconto – presumibilmente vero – delle serate trascorse dal dodicenne Brahms in veste di pianista nel quartiere a luci rosse di Amburgo è un nodo cruciale per comprendere il rapporto del compositore con le donne (Clara Schumann in primis) e quel carattere taciturno che acuiva il suo sentirsi un Abseiter. L’interpretazione psicoanalitica di stampo freudiano di questo evento, unitamente al «romanzo familiare», non cade nella trappola di facili etichette e, a conclusione di un percorso introspettivo nell’anima brahmsiana, viene ricordato il profondo senso di responsabilità vissuto dal compositore, quel duty of genius che potrebbe aver consolidato ed estremizzato alcuni tratti caratteriali già presenti in potenza. Se a queste considerazioni accostiamo i capitoli “Brahms lettore” e “Brahms musicologo”, comprendiamo l’azione del ‘dovere del genio’: la quantità di lavoro affrontata dal compositore lasciava ben poco spazio alla vita affettiva. Proprio questi due capitoli, dai quali si può inferire la cultura umanistica, storica e musicale del compositore. sono uno degli aspetti innovativi del libro. La vastissima biblioteca di Brahms, oggi di proprietà della Gesellschaft der Musikfreunde, consta di 3000 pezzi tra libri e partiture, ai quali si devono aggiungere i volumi che il compositore prendeva in prestito da collezioni pubbliche e private di cui è testimonianza la raccolta di memorabilia firmata da Brahms con lo pseudonimo Kreisler di derivazione hoffmanniana. Dell’attività di Brahms musicologo restano le edizioni musicali di opere di C.P.E. Bach, Chopin, Schumamm, Schubert, curate con un approccio filologico di stampo moderno, attento alle fonti primarie e alla ricostruzione del pensiero originario dei compositori in esame.
Se la biografia e il contesto storico-sociale di appartenenza occupano una parte rilevante del volume, ancora maggiore è lo spazio dedicato all’analisi dell’intera produzione di Brahms, compresa la produzione corale, ancora oggi quasi sconosciuta in Italia. Le opere sono ripartite in quattro ampi periodi creativi e riunite a prescindere da una rigida scansione per generi, così che «i nessi trasversali tra opere appartenenti a generi diversi scritte nello stesso periodo» risultino più evidenti al lettore. E, sempre in soccorso al lettore, negli interstizi di questi quattro capitoli si inseriscono due brevi excursus che chiariscono la tecnica della variazione adottata da Brahms – o idealmente da adottare – e il rapporto con il Volkston, il canto popolare che accompagna l’intero percorso creativo del compositore. In queste pagine il discorso più tecnico richiede un buon livello di competenza teorico-musicale, ma anche senza di essa, accompagnando la lettura con l’ascolto, è possibile tradurre in termini sonori quanto Giani descrive. Se ci si sofferma sui Lieder, un esempio tra i tanti, il linguaggio dell’autore è talmente raffinato ed evocativo nella descrizione del rapporto tra voce e pianoforte e nell’interpretazione del testo poetico che leggere dei Lieder è come ascoltarne il suono.
Ed è all’insegna del suono che si chiude il volume: l’analisi degli unici due pezzi registrati da Brahms stesso su rullo e un’esegesi della vastissima discografia dai primi del Novecento ad oggi.
A fronte di tanta ricchezza, qual è il tipo di lettore a cui Giani si rivolge? Parafrasando l’autore, che a sua volta reinterpreta le parole di Schumann e Wagner per applicarle a Brahms (così da cavalcare ancora l’onda dell’intertestualità, carattere precipuo della musica brahmsiana): un lettore modello capace di comprendere «l’originalissimo tessuto di temi fondamentali» mutuati dai diversi campi del sapere e, aggiungiamo, perfettamente integrati in una costruzione organicistica il cui seme è la passione per la musica di Brahms che ad ogni riga evoca l’ascolto.
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