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La Bohème, trionfo per Zeffirelli

di Luca Chierici
30 Settembre 2012
in OPERA
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Home OPERA
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La bohème (atto I): Mimì (Angela Gheorghiu), Rodolfo (Piotr Beczala). Foto Marco Brescia & Rudy Amisano

Dall’altra sera alla Scala, la riproposta di una regia ormai storica, ancora di grande successo dopo cinquant’anni. Giovane e bravo il direttore Daniele Rustioni, non memorabile l’interpretazione vocale; ma intanto si attendono due nuovi protagonisti


di Luca Chierici


L ’altra sera alla Scala si dava la prima rappresentazione di Bohème, con la consueta storica regia di Zeffirelli. Una visione completa dello spettacolo l’avremo solamente a fine ottobre, dopo che ai due protagonisti della “prima” (Piotr Beczala e Angela Gheorghiu) si aggiungeranno il Rodolfo di Vittorio Grigolo e la Mimì di Anna Netrebko. Sia la Gheorghiu sia la Netrebko sono veterane del ruolo di Mimì, anche se la seconda ha iniziato più tardi per ovvi motivi anagrafici; la Gheorghiu e Grigolo hanno appena cantato Bohème a Seoul con Chung; la Netrebko e Beczala sono reduci invece dalle recite salisburghesi di quest’estate con Daniele Gatti. Il capolavoro pucciniano è affidato quest’anno alla direzione del giovane e bravo Daniele Rustioni che compirà sicuramente in prospettiva una bella carriera e che ha guidato l’orchestra con contagiosa partecipazione e con una buona conoscenza dei mille trabocchetti interpretativi della partitura.

Ma diciamo pure che il trionfatore della serata inaugurale del 26 settembre è stato il quasi novantenne Franco Zeffirelli: giunto alla ribalta su una carrozzina, visibilmente commosso, ha ricevuto una standing ovation da parte del pubblico e un affettuoso saluto dai cantanti che si sono accovacciati, addirittura inginocchiati attorno a lui. La regia di Zeffirelli rappresenta davvero un invariante di successo alla Scala. Durante un periodo di quasi 50 anni (la prima fu nel 1963), la sua lettura di Bohème è passata indenne attraverso la concertazione di direttori quali  Karajan, Prêtre, Kleiber e Gavazzeni e ha guidato sul palcoscenico la presenza di molti cantanti importantissimi. Ma la regia non può tutto e ai cantanti è ovviamente richiesto anche di calarsi nel personaggio, di rivivere se possibile quell’alchimia di emozioni che libretto e musica suggeriscono.

La bohème (atto II): Marcello (Fabio Capitanucci), Rodolfo (Piotr Beczala), Mimì (Angela Gheorghiu), Musetta (Ellie Dehn). Foto Marco Brescia & Rudy Amisano

Bohème riveste certamente un ruolo primario nel repertorio di tutti i teatri e di tutti i cantanti e proprio per questo motivo si tende oggi a ricorrere spesso a protagonisti vocali appartenenti allo star system. O almeno questa è la scelta operata dalla Scala quest’anno, dopo esperienze precedenti che avevano anche valorizzato il contributo dei giovani solisti dell’Accademia. E non importa se, come è avvenuto, la dizione di Piotr Beczala lasciava spesso a desiderare, non importa se la presenza della Gheorghiu era più adatta a soddisfare i gusti non proprio sottili di certe platee tedesche o americane piuttosto che quelli di coloro (ma dove sono finiti ?) che erano abituati ad applaudire la Freni o la Scotto.

Lo svedese Beczala possiede una presenza scenica invidiabile e si ispira a un fraseggio correttamente mediato dalla tradizione. Ma il timbro di voce, pure autorevole, è troppo uniforme e non eguaglia certo per bellezza quello di un Kaufmann. L’emissione è poi piuttosto statica, monotòna, avara di mezze voci. Esageratamente affettata e bamboleggiante, la Gheorghiu ha peccato di una overinterpretation che non ha contribuito certo a rendere memorabile la serata, così come non l’ha resa memorabile la Musetta generica di Ellie Dehn. In tutti e tre i casi sarebbe imbarazzante tirare in causa questioni troppo raffinate riguardanti la cosiddetta conversazione pucciniana. Del resto più un’opera è conosciuta ed eseguita, maggiori sono i dettagli che l’ascoltatore si attende di verificare, anche quando il rispetto assoluto degli stessi può sconfinare in una eccessiva stilizzazione o in un manierismo altrettanto criticabile. Compito difficilissimo del grande artista è appunto quello di far apparire spontaneo e quasi improvvisato ciò che in realtà è frutto di studio e di innumerevoli prove.

La cronaca di questa Bohème ha registrato grandi applausi per tutti e nessun tipo di contestazione da parte di un pubblico che una volta si permetteva di criticare (spesso a sproposito) le Caballé e i Pavarotti. È cambiato il gusto? In parte sì, ma è soprattutto cresciuto il grado di assuefazione a quel mostruoso macchinario che si chiama marketing e che ha investito in pieno già da tempo anche il mondo della musica. Non rimpiangiamo certo gli eccessi delle serate di una volta, ma invocheremmo un briciolo in più di senso critico da parte del pubblico odierno, formato dallo spettatore abitudinario, dal giovane entusiasta, dalle Autorità, dai coreani che sono lì soprattutto per vedere la Gheorghiu e portarle i fiori all’uscita, dall’anziana signora che magari va alla Scala dai tempi di Karajan e come unico commento prega il marito, la prossima volta, di fissare un abbonamento due posti più in là, al riparo dagli spifferi.

© Riproduzione riservata

Tags: Bohème Franco ZeffirelliDaniele Rustioni
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Luca Chierici

Luca Chierici

Luca Chierici, nato a Milano nel 1954, dopo la maturità classica e gli studi di pianoforte e teoria si è laureato in Fisica. Critico musicale per Radio Popolare dal 1978 e per Il Corriere Musicale dal 2012, collabora alle riviste Musica e Classic Voice dalla fondazione. È autore di numerosi articoli di critica discografica e musicale, di storia della musica e musicologia, programmi di sala e note di lp e cd per importanti istituzioni teatrali e concertistiche e case discografiche. Ha collaborato per molti anni alle riviste Amadeus, Piano Time, Opera, Sipario. Ha condotto Il terzo anello per Radiotre e ha implementato il data base musicale per Radio Classica. Ha pubblicato per Skira i volumi dedicati a Beethoven, Chopin e Ravel nella collana di Storia della Musica. Ha curato numerose voci per la Guida alla musica sinfonica edita da Zecchini e ha tenuto diversi cicli di lezioni di Storia della musica presso i licei milanesi. Nell'anno accademico 2016-2017 ha tenuto un ciclo di seminari di storia dell'interpretazione pianistica presso il Conservatorio di Novara (ciclo che è stato replicato per l'anno 2017-2018 al Conservatorio di Piacenza). Appassionato di tecnologia, ha formato nel corso degli anni una biblioteca digitale di oltre 140.000 spartiti e una collezione di oltre 70.000 registrazioni live. Nel 2007-2008 ha contribuito in qualità di consulente al progetto di digitalizzazione degli spartiti della Biblioteca del Conservatorio di Milano. Dal 2006 collabora alla popolazione del database della Petrucci Library (www.imslp.org).Dal 2014 è membro della Associazione nazionale Critici musicali.

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