Con il pianista Marco Grisanti al Teatro Olimpico per un riuscito concerto, occasione per commemorare il ventennale della scomparsa di Adriana Panni
di Daniela Gangale
«OGGI MOLTI ARTISTI SONO AGGRESSIVI, SENZA ESSERE INTENSI. L’intensità viene dallo spirito, l’aggressività è puramente fisica». Con queste parole, rilasciate in una lunga intervista al critico Sandro Cappelletto, Uto Ughi commentava l’interpretazione della Tzigane di Ravel della violinista Ginette Neveau, di cui ammirava la carica espressiva; vogliamo prenderle come chiave di lettura della serata del violinista italiano per il pubblico dell’Accademia Filarmonica Romana, inaugurando giovedì la stagione 2014-2015, in un Teatro Olimpico pieno di ascoltatori attenti ed entusiasti. Perché di una serata veramente intensa si è trattato, sotto molti punti di vista.
Quell’eleganza sempre evidente nel fluire di un temperamento da grande artista, quell’impeto che contiene però anche un equilibrato distacco, quella rotondità del suono che è controllo in ogni istante ma anche innata naturalezza, sono tratti che hanno distinto Ughi lungo tutta la sua brillante carriera e che non sono mancati nemmeno in questo ultimo, prezioso concerto. Il tempo non passa per tutti con la stessa clemenza ma nel caso di Ughi sembra non essere passato affatto: vera icona del violinismo italiano, a settant’anni compiuti, ha proposto un programma di eccezionale virtuosismo e di considerevole durata, con la freschezza di sempre.
La chioma bianca fluente, gli occhi chiusi, abbracciato al suo Guarneri del Gesù del 1744, Ughi ha voluto dedicare il concerto alla memoria di Adriana Panni a cui quest’anno nel ventennale della scomparsa la Filarmonica rende un sentito omaggio, sua amica personale e instancabile presidente dell’istituzione per moltissimi anni, offrendo un programma per così dire bifronte: nella prima parte il violinista ha eseguito la Partita n.2 di Johann Sebastian Bach per violino solo; nella seconda parte, insieme al pianista Marco Grisanti, è invece passato ad un repertorio più effervescente e dagli effetti virtuosistici, variando leggermente il programma previsto e proponendo brani di Henryk Wieniawski, Camille Saint-Saëns e Maurice Ravel.
Se nella prima parte, più intima e severa, Ughi ha saputo conferire alle guglie gotiche delle architetture bachiane la dolcezza italiana degli affreschi rinascimentali, nella seconda parte, supportato dal bravo Grisanti con cui continua un sodalizio artistico di vecchia data, ha lasciato campo al gioco della musica da salotto tra Otto e Novecento, vestendo i panni di un Paganini divertito e funanbolico, ai cui giochi virtuosistici sembra non esserci limite fisico. E che si stesse proprio divertendo, completamente a suo agio sul palco della Filarmonica, si è visto chiaramente quando con signorile nonchalance ha rivolto al pubblico qualche concisa ma fondamentale parola di introduzione ai brani che andava ad eseguire, strappando ulteriori sorrisi e applausi.
Impossibile non prevedere i bis, che sono stati due: la Danza degli spiriti beati di Christoph Willibald Gluck, struggente melodia che accompagna Orfeo agli inferi alla ricerca di Euridice, dedicata espressamente ad Adriana Panni e La vida breve di Manuel De Falla.
Uto Ughi e Marco Grisanti | Inaugurazione della stagione 2014-15 dell’Accademia Filarmonica Romana, 23 ottobre 2014 | Roma, Teatro Olimpico