di Michele Manzotti
Vive e lavora a Parigi. Ma torna spesso nella sua Toscana. La pianista Vanessa Benelli Mosell, originaria di Prato, ha infatti presentato a Firenze il suo album (R)evolution uscito per Decca con musiche di Karlheinz Stockhausen, Karol Beffa e Igor Stravinskij. Il Corriere Musicale l’ha intervistata poco prima dell’incontro con il pubblico.
[restrict paid=true]
Come mai la scelta di questi tre compositori che fanno parte di altrettanti momenti musicali diversi?
«È un viaggio attraverso autori tra il XX e il XXI apparentemente lontani, ma storicamente vicini. Si concentra principalmente sulla scrittura compositiva di Stravinskij (del quale eseguo Petruška) che per me è una figura versatile e rivoluzionaria e che presenta correlazioni con Stockhausen e Beffa. (R)evolution è un titolo che segna non solo la rivoluzione nell’evoluzione della nostra storia musicale, ma anche un ritorno verso uno stile compositivo che appartiene al passato nonostante sia avanguardia».
Stockhausen non è un compositore tra i più eseguiti nelle sale da concerto, anche se l’atteggiamento nei suoi confronti è molto cambiato rispetto a qualche decennio fa. Iniziare con questo autore è stato un atto di coraggio?
«Ho avuto la fortuna di studiare con lo stesso Stockhausen questi pezzi ed era molto tempo che volevo inciderli. Il nono Klavierstücke è tra l’altro più lungo degli altri e rappresenta il passaggio tra il periodo razionale dell’autore e quello degli anni ’70 dove Stockhausen cambia completamente atteggiamento compositivo».
Ci presenta Karol Beffa, il meno noto fra i tre e soprattutto come mai la sua Suite è eseguibile anche per clavicembalo?
«Beffa è francese, ha quarant’anni e il suo pezzo è stato composto per un concorso dedicato proprio al clavicembalo. È una composizione che può essere considerata neoclassica, che riprende una forma antica ispirandosi a un’autore quale François Couperin. Infatti i tre movimenti hanno titoli al femminile (La volubile, La ténébreuse, La déjantée)».
Cosa ha provato quando ha visto il marchio Decca sulla sua incisione e con un repertorio meno facile rispetto ad altri?
«Una grande soddisfazione. Anche perché sia io sia l’etichetta tevamo a registrare i brani di Stockhausen, autore con il quale Decca aveva un rapporto professionale».
[/restrict]