Il direttore inglese alla guida dell’Orchestra Giovanile Italiana in un tour che toccherà varie città, da Fiesole a Mestre
di Michele Manzotti
«È molto bello dirigere questa orchestra. Anche perché lavorando con i giovani è possibile approfondire i segreti di una partitura, cosa che è più difficile fare con gli analoghi complessi professionali». Wayne Marshall, direttore, pianista e organista inglese. ha lavorato con l’Orchestra Giovanile Italiana a Fiesole in vista di un tour che sabato 2 novembre toccherà Perugia, quindi Firenze il 3, Genova il 4 e Mestre il 5 (info www.orchestragiovanileitaliana.it). In programma la Sinfonia n.2 di Sergeij Rachmaninov, l’Alborada del Gracioso e il Bolero di Maurice Ravel. «Il pezzo di Rachmaninov – spiega Marshall – lo avevo già affrontato anni fa con un’altra orchestra giovanile del mio paese. Ma si erano creati molti problemi, a partire dalla lettura della partitura fin all’esecuzione. Questo brano è piuttosto lungo e se affrontato in modo sbagliato può risultare noioso. Va seguito il filo conduttore all’interno dei vari movimenti e degli spunti della sinfonia per renderla interessante».
E del Bolero cosa tenderà a valorizzare, virtuosismo o melodia?
«È notoriamente un pezzo fantastico, ma anche in questo caso ho ascoltato esecuzioni che non rendevano giustizia al brano. Secondo me la partitura racchiude in sé elementi di improvvisazione e quindi chi suona, specie le prime parti, deve lavorare in questa ottica, come se fosse un jazzista. Per questo motivo faccio alzare in piedi i singoli orchestrali al cui strumento è affidata la parte solista all’interno dello spartito».
Lei a volte è identificato come un direttore legato a Gershwin. Lo ritiene esatto o lo considera un limite?
«Mi piace molto il repertorio nord americano, Gershwin in particolar modo, ma non mi considero uno specialista di queste musiche. Le eseguo volentieri così come quello di altri autori».
Lei è conosciuto in Italia anche per il lavoro svolto dal 2007 con l’orchestra Verdi di Milano, come si è trovato?
«La Verdi mi ha dato la possibilità di affrontare un repertorio molto vasto grazie un’orchestra valida. Avrò meno occasione a causa dei miei impegni di tornare a dirigerla, ma spero di continuare a farlo».
Suonare l’organo abitualmente aiuta a dirigere l’orchestra?
«Mi piace molto improvvisare su questo strumento. Lo faccio spesso a Malta, dove vivo e dove c’è un Mascioni con 20 registri vicino alla mia abitazione. L’organo è a suo modo un’orchestra con cui ho un rapporto speciale. E mentre nella cultura anglicana è uno strumento usato per accompagnare il coro, a me piace nella sua veste solista».
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